----- Original Message -----
From: Robi
To: bsf(a)bresciasocialforum.org ; lombardilamberto(a)inwind.it
Sent: Friday, January 31, 2003 8:05 AM
Subject: laboratorio per la democrazia parteciapativa - documento per convegno rifondazione
Nell'ambito dell'area tematica Democrazia ed osservatorio sulle regole del BSF è maturata la volontà di costruire un percorso di ricerca ed elaborazione sugli strumenti e le forme della democrazia, considerando l'esperienza del Bilancio Partecipativo in una prospettiva più ampia di democrazia partecipativa.
Si è ragionato da un lato sull'effettivo restringimento degli spazi pubblici di partecipazione democratica attuato dai governi liberisti di ogni paese, dall'altro lato sulla necessità di pensare a forme nuove e creative per influire sul potere ed inventare nuovi spazi pubblici costituenti "democrazia dal basso".
Per raccogliere questa sfida abbiamo deciso di costituirci come Laboratorio per la Democrazia Partecipativa, aperto a tutti coloro, singoli e realtà organizzate, interessati alla realizzazione di questo percorso.
La nostra analisi prende spunto da una semplice considerazione: gli organi elettivi ricevono attraverso il voto un mandato in bianco, irrevocabile. Qual è il risultato storico di questo processo? Il risultato è una democrazia che esprime sì la possibilità di accesso alla politica del cittadino comune, ma che di fatto ne esige allo stesso tempo la non partecipazione diretta. Inoltre si è assistito al progressivo rafforzamento del ruolo degli esecutivi (ed al loro interno al peso dei "tecnici") a discapito di quello degli organismi elettivi collegiali, direttamente responsabili nei confronti degli elettori.
L'ideale democratico classico non si preoccupa di costruire forme effettive di partecipazione nei processi di formulazione delle decisioni pubbliche che garantiscano una reale corrispondenza tra queste ultime e gli effettivi interessi e bisogni della popolazione.
La costruzione di una politica "altra" non può prescindere dalla creazione di spazi nuovi di elaborazione all'interno dei quali innestare, in una dimensione collettiva e reticolare, i temi fondanti per una critica radicale al neoliberismo.
Riteniamo importante sviluppare all'interno di questa esperienza campagne di sensibilizzazione su tematiche specifiche di estrema rilevanza e attualità, con cui coinvolgere ed aprire un confronto con gli abitanti la nostra città, confronto che metta in chiara contraddizione gli attuali assetti decisionali, in primo luogo a livello locale.
La democrazia partecipativa non è per noi, infatti, solo questione istituzionale, ma è fortemente legata a dinamiche che incidono direttamente sulla vita quotidiana delle persone, come ad esempio il processo di privatizzazione dei beni pubblici che rappresenta una sostanziale sottrazione di diritti e di risorse essenziali alla comunità. Tutto ciò a vantaggio degli utili di pochi e con evidente peggioramento dei servizi, aumento dei prezzi, precarizzazione del lavoro. La nostra alternativa non è una riproduzione di vecchie gestioni burocratiche ma il tentativo di costruire nuove e radicali forme di decisione che consentono l'autodeterminazione degli abitanti e forme di autogestione degli utenti.
Volutamente usiamo il termine "abitanti" anziché cittadini per sottolineare come la creazione di processi di democrazia partecipativa non possa prescindere dallo scardinare il concetto di cittadinanza considerando titolari di diritti e di potere decisionale tutti coloro che vivono sul territorio, siano essi stranieri o minori. Ci sentiamo in questo modo di porci in controtendenza con l'attuale politica praticata trasversalmente dalla stragrande maggioranza delle amministrazioni locali che, cavalcando l'onda lunga della falsa equazione immigrazione uguale "questione sicurezza", asseconda pericolose spinte xenofobe e razziste nel tessuto sociale.
In relazione a tali considerazioni possiamo dire che nella città in cui viviamo assistiamo a fatti e dinamiche che ci convincono della necessità e dell'urgenza di spingerci verso un modello di democrazia partecipativa:
- grandi opere osteggiate dalla cittadinanza (autostrada, metropolitana, inceneritore, TAV, ecc.);
- politica della sicurezza affidata alla proliferazione di telecamere e strumenti repressivi; ostilità verso i nomadi, scarsa inclusività nei confronti dei migranti;
- concezione ancora arretrata del decentramento amministrativo e sostanziale impermeabilità alle nuove proposte;
- sempre più servizi comunali esternalizzati (vedasi cimiteri, farmacie, ecc.)
- azienda dei servizi ancora in mano pubblica (anche se Spa) ma sempre più soggetto propugnatore di logiche privatistiche volte all'ottenimento del massimo profitto economico senza rispetto per l'ambiente (affare rifiuti ed energia);
- modalità decisionali esclusivamente istituzionali, senza alcuna apertura a forme di controllo di tipo partecipativo.
La Brescia che vorremmo dovrebbe invece a nostro avviso prevedere:
- la creazione di percorsi di informazione preventiva e di discussione fra i cittadini ed i lavoratori coinvolti nelle scelte amministrative, individuando nuove sedi (intese come spazi sociali oltre che fisici) ove possa svolgersi il processo di formulazione delle decisioni;
- l'attribuzione a queste sedi di una capacità valutativa (di priorità, progetti, interventi, bilanci, ecc.) che determini un punto di vista "altro" rispetto a quello delle Istituzioni, il punto di vista degli abitanti e dei lavoratori autonomamente formato (eventualmente col supporto tecnico e strutturale da parte degli enti) che emerga come soggetto qualificato all'interno del contesto cittadino e che debba poi confrontarsi col livello istituzionale per l'assunzione delle decisioni pubbliche;
- una maggiore solidarietà ed inclusività, anche in termini istituzionali, con migranti e nomadi e sviluppo di politiche orientate alla costruzione di una città interculturale;
- il blocco alla privatizzazione dei servizi (a partire dalla gestione del servizio di distribuzione idrica oggetto sul referendum sugli ATO lombardi) e loro riformulazione partecipativa col contributo di cittadini e lavoratori;
- la presenza nelle aziende pubbliche o in mano pubblica di politiche sindacali plurali e rispettose dei diritti dei lavoratori;
- un nuovo ruolo del decentramento inteso come supporto politico e strutturale alle forme di autorganizzazione partecipativa dei cittadini (assemblee, commissioni, forum territoriali, ecc.)