UNA DECISIONE IRRESPONSABILE
E PERICOLOSA
La decisione assunta oggi a Bruxelles dai rappresentanti permanenti dell'Unione europea di includere nella lista delle organizzazioni terroristiche il Pkk, cioè il primo movimento di liberazione che abbia rinunciato unilateralmente da anni alla lotta armata, è un atto irresponsabile di realpolitik che rischia di estendere l'incendio mediorientale.
L'Europa si è piegata alle pressioni e al ricatto delle forze che premono per una dinamica di guerra e devastazione che investirà proprio l'area kurda, e che vede nella Turchia uno dei suoi capisaldi e nella volontà di dignità e di pace del popolo kurdo un potente ostacolo.
Considerare terrorista il partito di Abdullah Ocalan, già dichiarato perseguitato e rifugiato politico dalla magistratura italiana, equivale a condannare al rimpatrio e alla tortura decine di migliaia di profughi, a mettere fuori legge l'impegno civile degli esuli, a suggellare con un sigillo europeo le prigioni in cui sono sepolti vivi migliaia di prigionieri politici, a condannare in blocco il percorso di liberazione in cui, come attestano le recenti corali manifestazioni del Newroz, si riconosce un intero popolo.
La decisione di mettere al bando il Pkk, che ha chiuso la sua esperienza politica il 4 aprile, e non il Congresso per la libertà e la democrazia del Kurdistan (Kadek) che ne ha assunto l'eredità, è solo un ipocrita artificio. Oltre al rischio di una successiva, automatica criminalizzazione del nuovo partito, che eredita lo stesso gruppo dirigente e corpo militante dell'antico, nessuno può pensare che il popolo kurdo accetti una cesura nella sua storia.
Questa decisione, che non è passata per nessuna istituzione rappresentativa italiana o europea, diverrà definitiva il 2 maggio se nessuno dei quindici governi porrà il veto, o almeno avanzerà un dubbio e chiederà un ripensamento. Il governo italiano deve quindi uscire dal silenzio e comportarsi in coerenza con le ripetute e unanimi deliberazioni parlamentari in favore di un dialogo e di una soluzione politica, impensabili se si criminalizza una delle parti in causa.
Per questo è necessario che tutti i movimenti della società civile, le organizzazioni che si battono per la pace, il diritto di asilo e i diritti umani, i parlamentari e i giuristi democratici, uniscano la loro voce alla protesta della diaspora kurda che già nel pomeriggio del 1. Maggio si diffonderà in tutta Europa, e che a Roma si è data appuntamento davanti a Palazzo Chigi.
Primi firmatari:
Associazione Azad, Associazione per la pace, Donne in nero, Coordinamento giuristi democratici
Per ulteriori adesioni: tel 06.42013576, fax 06.42013799, E-mail uiki.onlus@tin.it
Per il concerto del 1. Maggio a Roma la comunità kurda dà appuntamento dalle ore 12 in piazza San Giovanni,
sotto la statua di San
Francesco.