può essere interessante per i nostri esperti antiexa? è comunque istruttivo su come vengono condotte le indagini.
N.B. L'articolo completo e' disponibile presso: http://www.piazzacarlogiuliani.org/pillolarossa/plasticbullet/
Non e' stato possibile inserirlo qui per intero a causa della lunghezza delle note di documentazione. I link che dall'articolo rimandano alla documentazione dovrebbero pertanto aprirsi in una finestra a parte, contenente l'originale dell'articolo. in alternativa e' possibile prelevare l'intero articolo completo di documentazione e immagini come file allegato compresso in formato ZIP
UN PROIETTILE DI PLASTICA HA UCCISO CARLO GIULIANI? E' una delle prime ipotesi emerse, poi è sembrata cadere nel dimenticatoio, anche per la scarsezza di informazioni e riscontri. Una lunga ricerca ha permesso ora di trovare informazioni che riguardano questo tipo di proiettili: informazioni che rilanciano un'ipotesi forse troppo frettolosamente abbandonata. di Stealth Tra le tante ipotesi emerse intorno all'uccisione di Carlo Giuliani, una delle forse meno approfondite è stata quella che egli sia stato colpito da un proiettile "speciale" e non da un'ordinaria palla cal. 9 parabellum in dotazione alle forze di polizia, inclusi i carabinieri. I proiettili cal. 9 parabellum sono costituiti da un'anima in piombo rivestita interamente da una "camiciatura" in lega metallica (di solito di rame, ottone o simili).
L'ipotesi è stata avanzata non solo perché munizionamento speciale ed alternativo a quello comunemente definito "da guerra", come è il cal. 9 parabellum, è stato ed è largamente impiegato in altri paesi in operazioni di "ordine pubblico", anche mietendo numerose vittime (a decine e decine in Irlanda del Nord ed in Israele, solo per citare due dei casi più eclatanti), ma anche perché potrebbe aiutare a spiegare alcune "stranezze" relative alla dinamica della morte di Carlo ed ai reperti rintracciati o, meglio, non rintracciati durante le indagini.
La possibilità che le forze dell'ordine fossero dotate di munizionamento diverso dall'ordinario in occasione del G8 di Genova 2002, sollevata da più parti, è stata esclusa dal sottosegretario al Ministero degli Interni, Alfredo Mantovano (AN) rispondendo, il 20 settembre 2001, ad una interpellanza letta quale cofirmatario dall'On. Francesco Carboni del gruppo DS-Ulivo (cfr. http://www.camera.it/_dati/leg14/lavori/stenografici/sed034/s140.htm ). Replicando a Mantovano, Carboni s'è detto soddisfatto della risposta del Sottosegretario e l'ipotesi della pallottola "speciale" è ufficialmente uscita di scena.
Forse è però il caso di tornare a parlarne ed approfondire l'ipotesi.
Anche perché le ogive delle due cartucce che, secondo la storia ufficiale, sarebbero stati esplose da Mario Placanica in piazza Alimonda, non sono mai state ritrovate, neanche in parte e, pertanto, nulla si può dire sulla loro reale natura. L'unica cosa che si può inferire dal ritrovamento dei bossoli è che fossero ogive di cartucce calibro 9 NATO con palla in piombo incamiciato sparate dalla Beretta 92 SB in dotazione al carabiniere. Ma si tratta di una deduzione indimostrabile, come vedremo.
LE STRANEZZE DELLA PALLOTTOLA FATALE Una pallottola di questo tipo avrebbe dovuto avere determinati e ben noti effetti. Ben noti proprio perché si tratta di una pallottola molto diffusa e molto impiegata. Ad esempio, avrebbe dovuto trapassare agevolmente il cranio della vittima, lasciandovi un foro di entrata ed uno di uscita con diametro almeno maggiore di quello del proiettile (e invece il foro di uscita risulta essere più piccolo del foro di entrata e del diametro della stessa cartuccia). Nell'ipotesi, poco probabile, vista la breve distanza dalla quale si ipotizza sia giunto lo sparo, che la pallottola fosse stata ritenuta anche solo in parte, quest'ultima avrebbe dovuto essere agevolmente rintracciata e debitamente repertata in sede autoptica ma, in quella sede, non viene repertato nulla del genere. Inoltre, nel caso di ritenzione di almeno parte del proiettile, l'energia scaricata direttamente sul corpo dalla massa ritenuta, avrebbe quantomeno dovuto far cadere Carlo sul posto, se non all'indietro (e invece rotola in avanti per quasi tre metri). Ancora, almeno una parte della camiciatura avrebbe dovuto restare in frammenti nel capo, ma nessun frammento del genere risulta essere stato rinvenuto e recuperato.
Queste anomalie sono state rilevate anche dai periti nominati dal PM ed incaricati di ricostruire le circostanze dell'uccisione di Carlo Giuliani. E' interessante notare che la difesa di Mario Placanica, formalmente indagato con la gravissima ipotesi accusatoria di omicidio volontario, non ritiene necessario avvalersi di propri periti, come suo diritto e come sarebbe più che logico aspettarsi in una situazione simile. E' un'altra delle tante anomalie del caso, ma evidentemente la difesa di Placanica ha una fiducia illimitata proprio nei periti di chi sostiene l'accusa nei suoi confronti. La scelta di non avvalersi di propri periti --apparentemente autolesionista e paradossale-- si rivela però oculata, economica (i periti costano, e parecchio) e lungimirante: i periti del PM, notati gli strani effetti della pallottola suppostamente esplosa dal presunto assassino, si lanciano a cercare cosa abbia mai potuto causare un comportamento tanto insolito da parte di una pallottola i cui effetti sono invece ben noti.
Nasce così l'ardita teoria del rimbalzo e danneggiamento della stessa sull'estintore, con possibile perdita d'energia e di massa (solo un frammento e non l'intera pallottola avrebbe colpito Carlo dopo il rimbalzo fatale). La teoria ha giusto il tempo di essere ripresa in gran pompa dalla propaganda di TV e giornali prima di cadere miseramente sotto l'evidenza che l'estintore non reca traccia di alcun rimbalzo di proiettili sulla sua superficie. Non paghi della figuraccia rimediata, ed evidentemente ormai privi di ogni residuo senso del ridicolo, i periti del PM, capitanati dal Prof. Torre, sviluppano allora una teoria ancora più grottesca ed assurda, mirante ad ottenere addirittura il contrario di quanto il PM ha teoricamente loro richiesto: sostenere l'ipotesi accusatoria. I periti partoriscono così la teoria divenuta famosa come "teoria del calcinaccio": invece dell'estintore, il colpo di pistola esploso da Placanica avrebbe --prima di raggiungere il suo obbiettivo-- colpito un "calcinaccio" in volo lanciato da un manifestante causando al proiettile effetti simili a quelli ipotizzati in precedenza per l'inesistente rimbalzo sull'estintore.
Inutile ricordare come il PM interpreti la perizia come la prova che sarebbe il calcinaccio --e non chi ha sparato!-- il colpevole della morte di Giuliani, malgrado la perizia individui il "calcinaccio" in un oggetto che, inspiegabilmente (ed al contrario, ad esempio, di qualsiasi piattello colpito da una fucilata in gara), invece di sbriciolarsi, continua la sua corsa dopo essere stato colpito e lo fa con tanta forza da causare una vistosa ammaccatura su uno spigolo particolarmente resistente della carrozzeria del Defender , proprio sopra la seconda "I" della scritta posteriore "CARABINIERI". I periti sono costretti a parlare di "calcinaccio", ossia di un agglomerato leggero, per via delle prove da essi effettuate (e che non riescono neanche ad individuare la traiettoria esatta dell'oggetto che avrebbe deviato il colpo!) e perché la loro teoria si basa sull'analisi delle sostanze ritrovate su un frammentino metallico attribuito senza riscontri alla camicia del proiettile fatale. Tra l'altro tale frammentino spunta fuori dopo un anno circa dagli effetti personali di Carlo sotto sequestro, e tutto si è autorizzati a pensare sulla sua reale origine, visto che il corpo del giovane ucciso è caduto, è stato schiaccato ed è stato trascinato e vilipeso su un asfalto letteralmente cosparso di frammenti di ogni genere e natura. In altre parole, per spiegare le anomalie di comportamento del proiettile, i periti del PM introducono nuove anomalie, anzi assurdità, visto che, ad esempio, la velocità del proiettile rende del tutto impossibile, leggi della fisica e conteggio dei frame dei filmati alla mano, un incontro della pallottola con l'oggetto che lo avrebbe deviato.
Le anomalie del proiettile però restano e, vista la palese inattendibilità delle spiegazioni fornite dai periti del PM, attendono di trovarne di più plausibili.
Abbiamo infatti di fronte un caso nel quale una pallottola i cui effetti sono più che ampiamente studiati e prevedibili si comporta, viceversa, in modo imprevedibile e, come se non bastasse, non lascia altra traccia di sé. A parte un bossolo. Un bossolo che, si badi bene, può aver contenuto di fatto un'ogiva diversa da quella che si è assunto abbia colpito Carlo Giuliani e che, soprattutto, non è in alcun modo atto a provare (e questo vale per qualsiasi bossolo) in modo definitivo abbia contenuto la pallottola fatale. Di un bossolo si può, al massimo, stabilire con certezza da quale arma sia stato sparato, mentre quasi nulla è possibile dire, ad eccezione del calibro, sulla palla che esso conteneva: se si rinvengono due bossoli sparati da una stessa pistola e le relative ogive, è di solito impossibile stabilire quale delle ogive stesse appartenesse ad uno dei bossoli in particolare. Ancora: in effetti un frammento radio-opaco viene individuato nel cranio dell'ucciso durante gli esami radiologici disposti dal Prof. Canale non appena il corpo di Carlo giunge al Galliera: inspiegabilmente lo stesso Prof. Canale non risulta lo abbia successivamente individuato, prelevato e repertato durante l'autopsia da lui stesso eseguita. Come mai? Eppure aveva persino un reperto radiologico che indicava con precisione dove cercarlo quel frammento. Come può un vero e proprio luminare come il Prof. Canale aver trascurato o non rintracciato quel frammento? E che ragioni avrebbe mai avuto di non recuperarlo se lo stesso avesse provato e confermato quello che già la versione ufficiale voleva, ossia che Carlo Giuliani era stato ucciso da un proiettile ordinario esploso dalla pistola in dotazione ad un carabiniere ausiliario?
L'ipotesi che l'ogiva che ha colpito Carlo Giuliani non fosse quella di una comune cartuccia cal. 9 parabellum in dotazione alle forze dell'ordine è dunque valida in assenza di decisive prove del contrario. Prove che, come sopra, non risultano esistere. Ed è tanto più valida se si considera che un altro tipo di ogiva, un'ogiva di plastica, potrebbe giustificare meglio la dinamica dell'omicidio e rendere meno strane le stranezze registrate.
IL SOTTOSEGRETARIO AGLI INTERNI: NIENTE PALLOTTOLE DI GOMMA A GENOVA E' interessante leggere per esteso alcuni brani della risposta di Mantovano citata poco prima: "...Allo stato la normativa non prevede l'uso di strumenti alternativi, quali, ad esempio, proiettili di gomma..." La normativa cui ci si riferisce è, afferma Mantovano, "il decreto del Presidente della Repubblica n. 359 del 1991". (cfr. http://guide.supereva.it/diritto/interventi/2001/12/84266.shtml ). Ecco gli articoli che escluderebbero (si badi al condizionale) l'impiego di "proiettili di gomma": "Art. 10. Pistola semiautomatica. 1. La pistola semiautomatica in dotazione individuale deve avere le seguenti caratteristiche: calibro: 9 mm NATO; chiusura: stabile; ripetizione: semiautomatica; alimentazione: serbatoio mobile; capacità caricatore: non inferiore a 8 cartucce; azione: singola ovvero singola e doppia; sicura o sicure: ordinaria, prima monta del cane automatica mediante blocco del percussore; tacca di mira: fissa; lunghezza canna: da 100 a 140 mm; peso in ordine di impiego: non superiore a 1,3 kg." "Art. 19. Pistola semiautomatica. 1. La pistola semiautomatica in dotazione speciale di reparto, deve avere le seguenti caratteristiche: calibro: 9 mm; chiusura: stabile o metastabile o a massa; ripetizione: semiautomatica; alimentazione: serbatoio mobile." "Art. 20. Pistola a tamburo. 1. La pistola a tamburo in dotazione speciale di reparto deve avere le seguenti caratteristiche: calibro: 38 o 357 o 9 NATO; capacità tamburo: non inferiore a 5 cartucce; azione: singola e doppia; sicura: cane rimbalzante; mire: fisse o registrabili; lunghezza canna: compresa tra 2'' e 6'' (da 5 a 15 cm); peso in ordine di impiego: non superiore a 1,4 Kg, eventuali accessori esclusi."
Fissiamo l'attenzione sulla prescrizione: il calibro dell'arma individuale deve essere il 9 mm NATO e non vi sono altre indicazioni che abbiano a che vedere esplicitamente con il munizionamento della stessa. Le cartucce assumono spesso diverse denominazioni anche quando sono identiche tra loro. Identiche, attenzione, non "simili", proprio identiche: nel nostro caso, ad esempio, abbiamo una prescrizione che utilizza la designazione standard dell'Alleanza Atlantica "9 mm NATO". Si tratta della denominazione ufficiale per una cartuccia che assume diverse denominazioni fuori dall'ambito militare e di polizia, pur restando identica a sé stessa, come ad esempio "9 Luger FMJ" o "9 parabellum" o, ancora, "9x19 parabellum". L'arma individuale prescritta può sparare senza alcun problema tutte le cartucce citate e, come vedremo, anche altre, senza dover subire alcuna modifica. Gli articoli 19 e 21 prevedono un ulteriore e vasto allargamento del campo delle possibili armi e cartucce impiegabili.
En passant, è interessante notare come l'articolo 11 dello stesso DPR stabilisca nel dettaglio le caratteristiche per i manganelli impiegabili in ordine pubblico. Le prescrizioni contenute in tale articolo portano a ritenere quanto meno dubbio che l'uso dei nuovi manganelli "tonfa" possa ritenersi ammesso in base allo stesso Decreto invocato da Mantovano al fine di escludere l'uso di proiettili diversi da quelli ordinari: "Art. 11. Sfollagente. 1. Lo sfollagente in dotazione ordinaria di reparto deve essere in gomma o materiale sintetico, cilindrico, internamente cavo, con impugnatura scanalata, anello in lamierino con doppia campanella, moschettone e cinturino di cuoio fissato all'attacco o alla base dell'impugnatura, diametro di cm 3 e lunghezza compresa tra cm 40 e cm 60." I "tonfa" risultano essere tutt'altro che cavi (cfr. http://www.sociologia.unical.it/solidarieta/Rassegna_stampa/22_11%5C21_11%20... ) e, in base all'articolo 11, sembrerebbe doversi concludere che il loro impiego sia illegale.
Ad ogni modo il DPR si chiude con un articolo che --in pratica-- consente quasi tutto: "Art. 37. Sperimentazione di armi diverse e aggiornamento tecnologico. 1. L'Amministrazione della pubblica sicurezza può essere autorizzata, con decreto del Ministro dell'interno, a sperimentare, per le esigenze dei propri compiti istituzionali, armi dalle caratteristiche diverse da quelle previste nel presente regolamento. 2. Nel decreto di cui al comma 1 sono indicate le armi da sperimentare, le modalità ed i termini della sperimentazione. 3. In caso di grave necessità e urgenza, con decreto del Ministro dell'interno, il personale della Polizia di Stato all'uopo addestrato può essere autorizzato ad impiegare per i propri compiti istituzionali armi diverse da quelle in dotazione, che siano state adeguatamente sperimentate, purchè rispondenti alle caratteristiche d'impiego in servizio di polizia stabilite nel presente regolamento e comunque non eccedenti le potenzialità offensive delle armi in dotazione alle Forze di polizia."
Senza parlare del fatto che, oltre alle normali Forze di Polizia, a Genova sono certamente presenti in forze i "Reparti Speciali" delle Forze Armate che utilizzano comunemente armamenti speciali che non sono certo previsti dal DPR in questione. Tra questi, che si immaginava fossero destinati esclusivamente alla protezione diretta dei Capi di Stato all'interno della "Zona Rossa", vi sono i carabinieri del Reggimento "Tuscania" che, invece, intervengono in più occasioni in ordine pubblico e che, per circostanze di tempo e luogo, sono quasi certamente presenti anche in Piazza Alimonda.
A rigor di logica, è quindi impossibile escludere a priori l'impiego a Genova di pallottole diverse dalle ordinarie e semplicemente sulla base dell'unica normativa citata esplicitamente da Mantovano nella sua risposta. Anzi, alla lettera, il contenuto del DPR rende di fatto plausibile l'impiego di qualsiasi cartuccia calibro 9 e non solo.
Torniamo all'intervento di Mantovano: "...In materia di armi non da fuoco sono in corso apposite ricerche, anche a livello interforze e internazionale, finalizzate a verificare l'efficacia di una pluralità di dispositivi, non solo proiettili di gomma ma anche gas irritanti, bastoni elettrici inabilizzanti, reti bloccanti, nelle varie ipotesi di utilizzo da parte delle forze di polizia."
Dunque "proiettili di gomma" sono o sono stati certamente disponibili presso le strutture nelle quali le "apposite ricerche" vengono condotte. Interessante anche il riferimento al livello "internazionale" delle ricerche: proiettili di plastica risultano essere stati concretamente impiegati in ordine pubblico dalle forze di polizia operanti in Kossovo, dove sono presenti in forze anche i nostri carabinieri della MSU. Si tratta forse di una "ricerca sul campo" ? Riprenderemo il discorso più avanti.
Mantovano prosegue: "...Il Ministero dell'interno ha avviato ricerche e sperimentazioni per dotare i reparti di attrezzature idonee a conferire maggiore efficacia agli interventi disposti a tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, a ottimizzare la difesa del singolo operatore e sta procedendo ad un ampio aggiornamento dell'organizzazione, dell'addestramento, dell'equipaggiamento, dell'armamento dei reparti, introducendo nuovi strumenti caratterizzati da maggiore versatilità ed in grado di ridurre al minimo i rischi. "
Non è facile stabilire se ci si riferisca ai rischi per gli operatori dell'ordine pubblico o per i cittadini da essi affrontati. Sull'addestramento e l'organizzazione si potrebbe aprire un intero capitolo, visto il bestiale comportamento di centinaia di appartenenti alle forze dell'ordine a Genova. Ad ogni modo apprendiamo che erano in corso, presumibilmente da prima del G8, sperimentazioni atte a "ottimizzare la difesa del singolo operatore": ossia di colui che, tra l'altro, è dotato, per difesa, di "pistola semiautomatica individuale". Ed al munizionamento impiegabile con questa si riferisce successivamente Mantovano: "L'amministrazione dell'interno sta, inoltre, svolgendo una ricerca sul munizionamento non letale, richiamato espressamente dall'interpellanza, fra cui anche le cosiddette pallottole di gomma; tale ricerca è condotta anche attraverso missioni di studio presso organi di polizia all'estero ed analoghe ricerche sono state avviate anche dall'Arma dei carabinieri. "
Sottolineiamo alcune di queste affermazioni: Mantovano usa appropriatamente l'attributo "cosiddette" per indicare le "pallottole di gomma": come vedremo, infatti, le pallottole sperimentate non sono affatto di gomma o, almeno, non è verosimile siano tutte in gomma. E' interessante anche che vi siano missioni di studio all'estero e che i carabinieri conducano ricerche in proprio. Mantovano specifica di seguito: "La generica non letalità di questi strumenti non è ancora confermata in tutte le condizioni di impiego, come dimostrano alcuni eventi mortali verificatisi in Stati esteri, a seguito sia dell'uso di proiettili di gomma sia di altri manufatti appartenenti alla stessa categoria; sicché, si può nutrire qualche dubbio che, alla distanza dalla quale è stato esploso il colpo dalla camionetta dei carabinieri presa d'assalto a Genova, potesse non avere un effetto letale sul giovane Giuliani."
Si riconosce cioè che anche una pallottola diversa da quelle di dotazione ordinaria (in piombo incamiciato) ed appartenente alla categoria dei proiettili di gomma, può avere esiti letali, tanto più nelle condizioni nelle quali si è verificata la tragedia di piazza Alimonda. Ma si esclude autorevolmente ed ufficialmente il suo impiego, in base alla normativa. E' importante notarlo, perché qualora fosse stata impiegata nonostante il divieto formale, chi se ne fosse reso responsabile dovrebbe risponderne e fornire comunque molte spiegazioni, a prescindere dall'aver o meno ucciso o ferito chicchessia in conseguenza del suo impiego.
Sull'argomento "armamenti speciali" in generale, cui anche Mantovano fa riferimento, vi sono molti interventi e lavori disponibili anche in Internet. Qui ci concentriamo sulle pallottole di gomma, anzi, su proiettili appartenenti alla loro stessa categoria, le pallottole di plastica, visto che gli unici proiettili in gomma che risultano esistere per operazioni di ordine pubblico sono destinati ad essere usati con armi diverse dalle pistole (fucili calibro 12 ed altri sistemi di lancio). Mantovano evita di citare pallottole di plastica, cita quelle "di gomma". E' un'omissione singolare, perché le pallottole di gomma per pistola cal. 9 non sembrano esistere (se esistono, avendo una potenza scarsissima, non è verosimile qualcuno possa mai venir in mente di usarle fuori dai poligoni), ma quelle di plastica esistono certamente, sono giudicate adeguate all'impiego in ordine pubblico e possono essere sparate da una pistola senza che sia richiesta alcuna modifica della stessa.
PALLOTTOLE DI PLASTICA CALIBRO 9 mm. PARABELLUM Esistono, sono prodotte anche dalla Fiocchi, il maggiore produttore di munizioni per le nostre forze armate, e si chiamano proprio così: "Pallottole di Plastica Calibro 9 mm. Parabellum". A tutta prima, potrebbe sembrare una definizione scorretta, ma non lo è, tanto è vero che è il loro nome e che sta scritto sulla scatola che le contiene.
Da: "Armi e Tiro", anno 3 febbraio 1990 Ed. EDISPORT pag. 72: Cartucce Frangibili corta gittata di diversi calibri: si noti che il layout della scatola delle cartucce in cal. 9 mm. parabellum è diverso da quello dell'altra scatola (cal. 38 Special) e simile alla grafica impiegata per le cartucce in uso alle Forze Armate.
Come detto, cartucce identiche possono assumere nomi diversi e, evidentemente, cartucce con lo stesso nome possono avere ogive diverse. Rintracciare le prove della stessa esistenza di queste pallottole non è stato banale: Internet, di solito prodiga di informazioni di ogni genere anche su armi e affini, sembra particolarmente avara quando si cercano dettagli relativi alle pallottole in plastica.
Tuttavia, e grazie anche all'impagabile impegno di una mediattivista di Indymedia, "Cybil", che mi ha offerto un grande aiuto in questa ricerca, le informazioni sui proiettili in plastica hanno iniziato a venire alla luce. Ed emergono da un paio di vecchie copie cartacee di una rivista per appassionati, "Armi e Tiro" (Edizioni EDISPORT).
Esaminiamo per primo l'articolo (cfr. Documentazione ) apparso più di recente su tali riviste: sotto il laconico titolo "Fiocchi" (sottotitolo: Sportivo è l'aggettivo che più identifica l'utente ideale del marchio Fiocchi, sinonimo di munizioni versatili e di qualità da oltre cent'anni. Ora anche in versione "ecologica" in cartone biodegradabile), alle pagine 94-97 del fascicolo di aprile 1991 di "Armi e Tiro" vengono presentate alcune nuove munizioni rese disponibili dalla Casa di Lecco. Accompagnano l'articolo diverse fotografie che illustrano le novità di casa Fiocchi e in particolare una a pagina 95
Da: "Armi e Tiro", anno 4 aprile 1991 Ed. EDISPORT pag. 72: Cartucce corta gittata cal. 9 Luger
ove sono visibili due scatole e 5 proiettili in plastica "9 Luger" (che altro non è se non un nome alternativo per il calibro 9 NATO). Sulla scatola si legge: 9 Luger PRN 63 grs. FIOCCHI CORTA GITTATA - PALLA DI PLASTICA COMPOSTA SHORT RANGE - COMPOUND PLASTIC BULLET SENZA PIOMBO - NO LEAD 50 cartucce.
L'articolo contiene, tra l'altro, foto simili per gli altri calibri nei quali sono disponibili le pallottole in plastica ed un brano che le illustra, a pagina 96: "[...] Chiude la serie delle novità Fiocchi la gamma di munizioni con palla in plastica (caricata con polveri metalliche) già presentata in anteprima su Armi e Tiro di febbraio dello scorso anno, ed ora finalmente disponibile in tutte le armerie. Queste munizioni, prodotte in calibro 9 corto (con palla da 47 grani), in 38 Special (con palla da 68 grani), in 9 parabellum e 9x21 (con palla da 63 grani), sono destinate all'uso in poligoni chiusi in quanto non sviluppano vapori di piombo, sono costituite da materiale frangibile che sottopone le strutture dei poligoni a danni minori ed hanno la caratteristica di perdere rapidamente velocità, evitando, nell'uso all'aperto, la possibilità che proiettili vaganti possano colpire a grandi distanze. [...]"
Si noti l'involontaria ironia con la quale la rivista impiega il termine "ecologico" e sottolinea l'assenza di piombo (tanto nell'ogiva, quanto nell'innesco e nella carica di lancio) nelle pallottole in questione. Gli altri dati salienti sono la relativa leggerezza delle ogive, se compariamo la loro massa a quella delle tradizionali, la loro frangibilità, la perdita rapida di velocità e il conseguente minor rischio di colpire qualcuno per errore. Non è dato sapere molto altro. Bisogna allora prendere in esame il numero precedente della rivista cui fa riferimento l'articolo appena esaminato: il fascicolo di febbraio 1990 che, nelle pagine da 74 a 77 dedica un'intera Prova ai proiettili in plastica Fiocchi.