Reazioni all’inclusione del PKK nella
lista delle organizzazioni terroriste dell’UE.
(Ozgur Politika, 1 maggio
2002)
Un esponente dell’Hadep, Mehmet Tekin,
responsabile della federazione di Van, ha ricordato che, sino ad ora, l’Europa
non ha fatto nulla per trovare una soluzione alla questione kurda e che
l’Europa, rispetto alla questione kurda, si è preoccupata di tutelare solo i
suoi interessi: “Da tre anni viviamo una situazione di pace e nessuno ha il diritto di sabotare
questo processo. Questa è la volontà della popolazione kurda.” Il Presidente del
Congresso Nazionale Kurdo, Ismet Serif Vanli, ha detto: “I kurdi non sono
terroristi ma ne sono le vittime. La decisione presa dell’UE può essere l’inizio
di un periodo molto pericoloso. Sul terrorismo l’UE utilizza un doppio metro di
giudizio. La sua scelta influenzerà negativamente i rapporti tra l’UE e il
popolo kurdo. L’UE non dovrebbe mettere il PKK nella lista ma, piuttosto,
democratizzare la politica turca, farle accettare i criteri di Copenaghen e
farle riconoscere la lingua della nazione kurda”.
Il Professore svizzero Martin Heinrich,
specialista delle questioni mediorientali, ha ritenuto strano l’inserimento del
PKK nella lista nel momento del suo scioglimento e della fondazione del KADEK:
“Nel 1923, con Losanna, l’Europa ha voluto la morte del popolo kurdo. I kurdi
non hanno mai accettato questo e adesso li si riporta di fronte alla tomba.
Quando c’era la guerra il PKK non fu inserito nella lista. Perché farlo adesso?
Da Losanna ad oggi sono morti tanti kurdi e turchi, la Turchia è di fronte ad
una grande crisi economica, da anni dipende dagli aiuti internazionali per
mantenere il suo sistema. Non si è mai preoccupata di trovare delle soluzioni
interne, anche oggi, la scelta europea impedisce di trovare una soluzione alla
questione kurda. Mettere il PKK nella lista vuol dire mettere tutti i kurdi
nella lista.”
E ancora … (Ozgur Politika, 30
aprile 2002)
Osman Ocalan, del Consiglio di Presidenza
Generale del KADEK, nella dichiarazione rilasciata prima della diffusione della
lista ha detto: “ Alla Repubblica turca è stato dato il via libera per la
distruzione e l’annientamento dei kurdi. Ai kurdi si è sempre detto di
ribellarsi, fino ad oggi i kurdi hanno portato avanti 28 ribellioni, subendo 28
sconfitte. I kurdi non hanno mai avuto la loro libertà e la stessa Turchia non
si sviluppa, rimane nella crisi e continua ad essere una Repubblica piena di
problemi. Per questo, il Trattato di Losanna non ha fatto crescere la Turchia,
ma l’ha indebolita. È un trattato che ha cancellato i diritti del popolo kurdo.
È un trattato che distrugge le dinamiche di pace e pone kurdi e turchi gli uni
contro gli altri. Il trattato di Losanna non è solo contro i kurdi, ma si è
dimostrato anche contro la Repubblica turca. I kurdi sono pronti ad un’eventuale
guerra e sono pronti a resistere e a difendersi. L’inserimento del PKK nella
lista è una scelta di guerra.”
Anche
gli intellettuali kurdi hanno protestato contro l’inserimento del PKK nella
lista delle organizzazioni terroristiche. In una lettera del KNK, al governo
svedese, è stato ricordato che “mettere il PKK nella lista è un modo per
legalizzare le politiche terroristiche dello stato turco contro il popolo e di
accettare l’idea che la guerra possa riprendere”. Contro la lista non ci sono
stati dissensi espressi solo dal mondo kurdo, ma anche dai partiti e da molte
personalità europee. Lars Ohly, ad esempio, Responsabile esteri del Partito di
Sinistra svedese e membro della Commissione dell’UE del Parlamento svedese, ha
detto che l’ingresso del PKK nella lista non è legale ed è atroce. Il vice
presidente della coalizione di sinistra della Norvegia, Erlin Folkvord ha
dichiarato che inserire nella lista il PKK significa accettare i massacri. Anche
il Presidente del gruppo dei Verdi di Svezia Per Lag ha detto che mettere il PKK
nella lista significa accettare la repressione dello stato turco contro i kurdi,
fatta in nome della “lotta contro il terrorismo”. La Parlamentare europea kurda Feleknas
Uca in una sua dichiarazione ha detto che “ci lascia pensare il fatto e il
motivo per cui un movimento che ha cambiato il suo nome, strategia e avviato
importanti riforme sia stato messo in questa lista”. La decisione ha conferito
forza alla politica anti democratica della Turchia (Ozgur
Politika, 3 maggio 2002).
La
rivista Stradford
che esprime le idee di militari, servizi segreti e ex-ministri degli esteri
degli Stati uniti ritiene che mettere il PKK nella lista ha significato
riconoscere alla Turchia un premio. La lista dell’UE è stata preparata secondo
le richieste americane e ciò vuol dire che da oggi in poi le collaborazioni fra
queste due parti saranno più strette per la lotta al terrorismo e la
condivisione d’informazioni. Il successo dell’attività di collaborazione tra
America e Unione Europea nella lotta al terrorismo, dipende da quanto durerà nel
futuro, e con questa decisione l’UE cerca di far diminuire la simpatia
dell’opinione pubblica nei confronti dei kurdi e di bloccare i fondi del PKK.
(Ozgur
Politika, 6/5/02)
Anna
Lindh, Ministro degli affari esteri svedese, ha salutato il KADEK, visto che si
era detto apertamente contrario ad ogni forma di terrorismo. “Anche se la Svezia è stata favorevole
all’entrata del PKK nella lista, continuerà a sforzarsi per una soluzione del
problema kurdo” ha detto, continuando che “nell’ambito dell’UE in riferimento
alla Turchia continueremo il nostro lavoro per garantire i diritti del popolo
kurdo e poniamo nei confronti della Turchia una condizione che è quella di
mettere in garanzia i diritti dei kurdi e di finirla con le repressioni della
lingua kurda. Inoltre deve concedere le trasmissioni televisive e radiofoniche
in lingua kurda. Lo stato turco deve togliere ogni forma di repressione contro
giornalisti e intellettuali kurdi”. Inoltre, ha dichiarato che la Turchia deve applicare i Criteri di
Copenhagen, rispettare i diritti umani, la libertà per le organizzazioni e
comportarsi secondo i principi di uno stato democratico e di diritto, restare
neutrale nei procedimenti e rispettare le minoranze. In Turchia alcune riforme
sono state fatte ma sono ancora sulla carta, non sono state ancora applicate. La
sua missione ad Amed è stata bloccata dal governo di Ankara a tale riguardo ha
detto “come può un paese che aspira a diventare membro dell’UE negare ad un
altro paese dell’Unione di recarsi nel sud-est, vuol dire che non ha avuto il
coraggio di lasciarmi andare. Un comportamento del genere lascia pensare, si
tratta di segnali poco rassicuranti”. (Ozgur
Politika, 9/5/02)
“Non
si può ingiustamente incolpare i kurdi” ha dichiarato Renzo Imbeni, vice
presidente del Parlamento europeo, “mettendo il PKK nella lista delle
organizzazioni terroriste, visto che chiedono pace e giustizia”. Il PKK ha
cambiato il suo nome e si è sciolto, si sa che si è sforzato molto a cambiare
quegli aspetti frutto di errori avvenuti nel passato. Sia in Turchia e in Europa
non si può negare ai kurdi il loro diritto di fare politica e mobilitarsi per il
loro scopo, si tratta di uno dei diritti fondamentali dell’uomo, che non può
essere negato. Abbiamo detto molte volte alla Turchia che deve risolvere la
questione kurda, se vuole avviare il processo di negoziazione fra Turchia e UE.
Anche come Parlamento europeo insistiamo a chiedere alla Turchia di accettare e
applicare i criteri di Copenhagen e cercare di trovare una soluzione permanente
e politica della questione kurda. Se la Turchia non vuole rivivere un’atmosfera
di terrore e guerra deve accettare nell’ambito dei suoi confini, una soluzione,
riconoscendo un’autonomia in cui i kurdi possano gestirsi. (Ozgur
Politika, 10 maggio 2002)
Già
prima che la lista diventasse pubblica, i kurdi in Europa e in Turchia hanno
cominciato a scendere nelle piazze per protestare contro questa decisione che
ritengono una criminalizzazione del popolo kurdo. Per questa ragione sit-in,
manifestazioni, marce e scioperi della fame, anche in Italia, si sono svolti
ovunque i kurdi vivono e proseguono ancora. Numerose conferenze stampa di
intellettuali, politici esponenti del movimento kurdo hanno reso pubblica la
posizione della parte kurda e è stato lanciato un boicottaggio kurdo contro i
prodotti di Spagna, Svezia, Inghilterra
e Danimarca, oltre a tagliare ogni contatto a livello istituzionale con
gli stessi stati. In Italia e in altri paesi Europei, fino al 7 giugno, ogni
venerdì i kurdi si riuniranno in presidio di protesta, chiedendo che la
decisione europea venga rivista.
In
un nostro comunicato stampa, il 13 maggio, abbiamo diffuso i primi risultati
dovuti alla decisione UE, ve ne riproponiamo degli
stralci:
Il 3
maggio 2002, lo stesso giorno dell’annuncio della decisione dell’Unione Europea,
le truppe turche hanno cominciato vaste operazioni militari, che proseguono
ancora, in Sirnak, Beytusabap nel Kurdistan turco e Zaxo nel Kurdistan iracheno.
L’esercito turco, che non ha visto alcuna risposta alle sue azioni, ha
intrapreso nuove operazioni molto violente nella regione di Dersim, Bingol,
Erzurum, Diyarbakir e Siirt, il 7 maggio scorso. A seguito delle informazioni
giunte è stato reso noto che da una parte i soldati stanno avanzando, dall’altra
gli elicotteri e gli aerei da combattimento stanno bombardando tutta la regione.
Già si sa che molte persone hanno perduto la vita e che le operazioni si stanno
propagando ai dintorni. Inoltre, come noto, l’8 maggio 2002 l’esercito turco ha
invaso le regioni di Batufa e di Kanimasi
situate nel Kurdistan meridionale. Dopo un periodo di tre anni le forze
turche hanno ordinato ai guardiani dei villaggi di tenersi pronti per operazioni
ancora più vaste.
Le
forze di sicurezza turche incoraggiate dalla decisione presa dall’UE hanno
fermato e messo in guardia 11 persone, facenti parte del sindacato degli
inseganti Egitim-sen di Kiziltepe, in provincia di Mardin. Dopo la dichiarazione
rilasciata dalla sede di Egitim-sen di Mardin, queste 11 persone sono state
arrestate e torturate per il solo fatto di aver voluto imparare il kurdo.
Inoltre, fra le 11 persone arrestate si trova una donna incinta la sig.ra Sermin
Erbas, e tutti hanno dovuto subire gli stessi trattamenti punitivi: getti
d’acqua, legnate, insulti e per 3 giorni sono rimasti senza cibo, né acqua. A
seguito di tali torture la sig.ra Sermin Erbas è stata condotta d’urgenza
all’ospedale militare, dove si trova ancora in gravi
condizioni.
Secondo un
dispaccio del canale televisivo turco NTV, il Ministro degli affari esteri turco
ha reclamato all’Unione Europea, che ha appena pubblicato la lista delle
organizzazioni terroriste in
Europa, il bando nei confronti di 450
organizzazioni della società civile e altre associazioni europee (fra le
quali Giornalisti Senza Frontiere, Medici Senza Frontiere, France Libertés, La
Federazione Mondiale delle Città Unite e le associazioni di solidarietà con il
Kurdistan). Non accontentandosi di aver posto il divieto alle organizzazioni
della società civile kurde di Turchia, il governo turco si aspetta che l’Unione
Europea integri nella sua lista tali rispettabili associazioni
europee.
Senza alcun
dubbio possiamo considerare che questa lista sia la causa primaria della nuova
ondata di violenza in Kurdistan. I fatti di cui sopra sono la prova
inconfutabile dell’illegittimità di tale decisione, come del resto già prevista
e resa nota anche da noi. Ribadiamo quindi che la decisione europea dovrà essere
rivista e corretta al più presto. La violenza contro il popolo kurdo non cesserà
e la pace, la democrazia e la stabilità non potranno essere ottenute se non si
provvederà a respingere questa decisione e
se non si risponderà adeguatamente alle rivendicazioni legittime del
popolo.
Le celebrazioni del 1 maggio, vietate in
Turchia, sono costate l’arresto a trenta persone che, per protesta, hanno
sostenuto un giorno di sciopero della fame. A Dyarbakir, dove il 1 maggio è
stato festeggiato da numerosissimi gruppi di manifestanti, la polizia ha
arrestato 10 persone. Il maggiore sindacato turco, Turk-Is, per protestare
contro il bando della festa ha deciso di sostenere un giorno di sciopero della
fame. A Dersim (Tunceli, nell’originale il nome turco n.d.t.) numerose
organizzazioni della società civile hanno sfidato il divieto diffondendo un
comunicato stampa di celebrazione della Festa dei Lavoratori. Le celebrazioni
sono state vietate anche a Mersin, dove lo scorso 21 Marzo, in occasione del
Capodanno Kurdo, la polizia uccise 2 manifestanti. Ad Ankara ed Istanbul, dove
le piazze erano presidiate da 15000 poliziotti, carri armati ed elicotteri, le
manifestazioni si sono potute tenere solo in zone predefinite e controllate
dove, comunque, la popolazione ha fatto sentire la sua voce per denunciare i
danni della crisi economica, per chiedere la fine del conflitto in Palestina e
per chiedere il riconoscimento dei diritti degli omosessuali.
I kurdi, in tutto il Medio Oriente,
festeggiano la nascita del KADEK / BBC da Ozgur Politika- 27 aprile
2002
I
kurdi di Siria, Libano e di tutto il Medio Oriente, hanno entusiasticamente
salutato la nascita del KADEK. Migliaia di kurdi, abitanti a Damasco, Aleppo,
Kamisli e in altre città hanno tenuto dei grandi festeggiamenti per salutare la
nascita del Congresso per la Libertà e la Democrazia del Kurdistan. Nel corso
dei festeggiamenti è stato letto il documento finale dell’VIII Congresso del
PKK. Nel corso delle dimostrazioni gli speaker hanno sottolineato che il PKK ha
guidato un’importante rivoluzione e che una struttura congressuale è importante
per estendere i confini di questa rivoluzione a tutto il Medio Oriente.
I
festeggiamenti si sono estesi da Tripoli, a Beirut alla Valle della Bekaa. Il
Centro di cultura kurda del Libano ha detto che la nascita del KADEK simboleggia
un rinnovamento nella lotta del popolo kurdo. I kurdi hanno voluto sottolineare
che il KADEK sarà uno strumento per unificare tutto il popolo kurdo e tutto il
Medio Oriente.
Murat Bozlak replica ad Ecevit
sull’accusa di separatismo rivolta all’Hadep / BBC da Ozgur Politika- 28 aprile
2002
"Il CHP rischia nel collaborare con un
partito separatista solo per guadagnare voti". A queste dure parole di Ecevit,
rivolte all’Hadep ha replicato Murat Bozlak che, in un comunicato scritto
diffuso ieri, ha così replicato alle accuse rivolte all’Hadep: "Le parole del
Primo ministro non sono compatibili con una politica di riconciliazione.
Definire "separatista" un partito impegnato, legalmente e democraticamente,
nell’arena politica non si addice ad uno statista. È difficile accettare che un
uomo che si trova sulla scena politica da oltre 40 anni, e che dovrebbe scusarsi
col popolo per i suoi insuccessi, non trovi nulla di meglio da fare che
attaccare l’Hadep. Il governo di Ecevit si sta sciogliendo come una bolla di
sapone, questa è la ragione del suo accanimento contro di noi. Il nostro partito
si batte per costruire una Turchia democratica, questo è il nostro progetto.
Ribadisco il nostro impegno per la riconciliazione e il dialogo".
Campagna
contro l'avvocatessa turca dei Diritti umani, in seguito alla sua presa di
posizione a Colonia (in Germania) a proposito degli stupri di donne operati
delle forze di sicurezza turche.
/ Da Indymedia-
Uwe Kalbe - 29 aprile
Si
sta svolgendo attualmente una campagna condotta nei 'media' turchi contro una
attivista dei diritti umani che si e' impegnata nella lotta contro la violenza
sessuale esercitata sulle donne da parte delle forze di sicurezza turche. La
campagna ha raggiunto anche la Germania.
"Nessuno
ha il diritto di interferire verso l'esercito turco e verso i soldati turchi":
l'ammonimento del giornale turco "Gozcu" sembrerebbe diretto verso qualche
potenziale nemico. Ebbene, il "nemico", in questo caso, è Eren Keskin,
un’avvocatessa. E l'accusa di "intrusione" e', alla luce del problema a cui si
riferisce, particolarmente fuori luogo. Eren Keskin, vice presidente
dell'Associazione dei Diritti Umani (Insan Haklari Dernegi - IHD) in Turchia, si
e' impegnata contro le violenze sessuali esercitata sulle donne da parte delle
forze di sicurezza turche.
Progetti
a favore delle donne vittime.
Il numero elevato di casi di questo tipo
aveva indotto gli attivisti suoi compagni a fondare un progetto apposito, come
si può capire dal suo stesso nome, per apportare "assistenza legale alle donne
che sono state stuprate o che comunque hanno subito abusi sessuali da parte
delle forze di sicurezza di Stato".
Eren
Keskin ha descritto tali casi durante un incontro a Colonia (Germania) dedicato
alla giornata internazionale della donna. A partire da allora, essa e' stata
presa di mira dall'ira dei "media" turchi. Sotto il titolo "Repellenti
dichiarazioni della brutta avvocatessa", il giornale sopra citato ha chiesto che
a Keskin non sia permesso di ritornare in Turchia. "Questa donna dovrebbe
sparire dalla Turchia... dovrebbe restarsene in Germania".
Rudi
parole nei giornali e nelle radio
La
scelta dei termini dei giornalisti alza i toni: "Se io non stuprassi Eren Keskin
la prossima volta che la vedo, non sarei un uomo" ha detto un commentatore su
"Radio D". E poi: "Lei probabilmente voleva dire, questa Eren Keskin: Perché non
l'hanno fatto su di me?". Il giornale "Ikinci" ha scritto: "Quando Eren Keskin
ritorna, sarà' lei a buscarsi la sua violenza sessuale". "C'è solo una parola
per questo: Questo e' tradimento" ha detto il quotidiano di massa "Hurriyet. Le
critiche di Eren Keskin sono tradimenti della patria ed una cospirazione;
pubblici ministeri, il ministro dell'interno, e il ministro degli esteri hanno
tutti aperto inchieste contro di lei.
L'organizzazione per i diritti umani IHD
ha ufficialmente protestato, cosi' come l'hanno fatto altri attivisti per i
diritti umani e giornalisti. Giovedì, Ulla Jelpke, portavoce del Partito del
Socialismo Democratico tedesco (PDS) si e' unita alla protesta. Essa ha fatto
appello al Governo tedesco "ad affrontare immediatamente l'argomento con il
governo turco, ed a prendere posizione contro questo incredibile attacco alla
dignità' umana della signora Keskin".
Il
Consiglio d’Europa chiede alla Turchia di porre fine all’isolamento di Ocalan… /
AFP- 24/04/02
Il Comitato contro la tortura del
Consiglio d’Europa ha chiesto alla Turchia di porre fine all’isolamento del
Presidente Abdullah Ocalan ricordando che l’isolamento è una forma di punizione
degradante, non rispettosa dei diritti umani e che dovrebbe essere il più breve
possibile: "Il signor Ocalan dovrebbe essere trasferito ad un regime carcerario
che gli possa consentire di avere quanti più contatti possibili con le altre
persone e che gli permetta di svolgere diverse attività"
…e
di attivarsi di più contro la tortura /
AFP-24aprile2002
Lo
stesso Comitato ha
chiesto alla Turchia una maggiore attività per cancellare, definitivamente, le
pratiche violente che ancora si registrano nelle prigioni turche. Gli esperti
del Comitato, recatisi in Turchia a settembre, hanno definito la situazione in
"graduale miglioramento", miglioramento ritenuto, comunque, ancora
insufficiente: "Pratiche quali applicazione di elettrodi, e altre simili, sono
meno frequenti che in passato ma le violenze sono ancora numerose anche se non è
stato possibile registrarle tutte".
A
Van, la Commissione ha denunciato che la stanza degli interrogatori della
sezione femminile della prigione è un tunnel nero, stretto e completamente
insonorizzato: "Tali strutture sono assolutamente inconcepibili per un moderno
servizio di polizia". I locali, inoltre, sono completamente infestati da insetti
di diverso tipo e, secondo la Commissione, un interrogatorio in questo luogo già
di per sé è da considerarsi una forma di tortura psicologica. La Commissione ha
anche registrato le denunce delle prigioniere che, durante gli interrogatori,
sono bendate per impedire loro di riconoscere i loro torturatori. La Commissione
ha, ancora una volta, denunciato il fatto che, in Turchia, le madri imprigionate
coi loro bambini siano costrette a vivere in condizioni terribili, in stanze
piccolissime, senza alcuna forma d’igiene o assistenza.
I
genitori dei 325 studenti kurdi dell’Università Mustafa Kemal, che avevano
chiesto il diritto all’insegnamento in kurdo e che per questa loro iniziativa
sono stati espulsi dall’università, hanno ricevuto una lettera da parte del
direttore della sicurezza cittadina, Ihsan Unal. Nella "rassicurante" lettera,
Unal ricorda che l’università è un luogo nel quale i giovani possono coltivare i
loro sogni e i loro ideali ma che, in alcuni casi, queste spinte ideali possono
essere fuorviate da alcune organizzazioni terroristiche che utilizzano questi
giovani per i loro fini politici. Menzionando specificatamente il PKK, Unal ha
affermato: "L’abbandono della lotta armata da parte del PKK è una strategia tesa
a mettere in difficoltà la Turchia. Alcuni studenti hanno preso parte a questa
campagna illegale e sono stati puntiti con la speranza che, domani, possano
reintegrarsi completamente nella società".