Amnesty International: CRISI 11 SETTEMBRE |
MEMORANDUM PER IL PROCURATORE GENERALE DEGLI STATI UNITI
LE PREOCCUPAZIONI DI AMNESTY INTERNATIONAL RELATIVE ALLE INDAGINI DEL DOPO 11 SETTEMBREIntroduzionePiù di 1100 persone, per la maggior parte di nazionalità non americana, sono state arrestate negli Stati Uniti durante le indagini sugli attacchi avvenuti l’11 settembre 2001 contro il World Trade Center e il Pentagono. Si ha notizia che molti di loro sono stati arrestati in base ai nuovi poteri governativi che consentono di trattenere in custodia le persone al fine di interrogarle per un periodo di tempo più lungo prima di essere portati dinanzi ad un tribunale. Sono state rese pubbliche pochissime informazioni per poter risalire ai dettagli di questi arresti e le informazioni in alcuni casi sono coperte da segreto istruttorio. Non è chiaro comunque al momento quante siano le persone detenute, sebbene si pensi che alcune centinaia lo possano ancora essere. Alcune fonti hanno riferito che solo un piccolo numero di questi individui sono trattenuti in quanto “testimoni chiave”e non è chiaro se qualcuno di loro sia già stato accusato in relazione agli attacchi dell’11 settembre. Molti dei detenuti sono stati arrestati per reati federali, statali o locali non correlati agli attacchi o sono trattenuti sulla base di supposte violazioni alle leggi sull’immigrazione. Amnesty International riconosce ai governi l’obbligo di intraprendere tutte le misure necessarie per indagare sui crimini dell’11 settembre e per proteggere la sicurezza nazionale. Tuttavia l’organizzazione è preoccupata che il governo possa violare ugualmente i suoi obblighi per garantire che tali misure includano la tutela giuridica per la protezione dei diritti fondamentali di coloro che sono stati arrestati o detenuti. Secondo il diritto internazionale, anche in stato di emergenza, alcuni diritti di base non possono essere sospesi, tra i quali il diritto di ogni persona a non essere sottoposto ad un provvedimento di detenzione arbitraria, tortura o ad un trattamento crudele, inumano o degradante o a discriminazione sulla base della razza, del colore della pelle, del sesso, di lingua, di religione o di origine sociale. Altri diritti che non possono essere sospesi comprendono il diritto che chiunque venga accusato di un crimine sia ritenuto innocente finché non venga provata la sua colpevolezza secondo la legge, e che i principi di un processo equo secondo i dettami della legge umanitaria internazionale debbano essere garantiti anche nel corso di un conflitto armato1. A partire dall'11 settembre, oltre 300 sospetti “terroristi” sarebbero stati arrestati in altri paesi per ordine delle autorità americane. Amnesty International sta esortando il Governo americano affinché si faccia promotore e protegga gli standard internazionali per i diritti umani anche nelle indagini su questi casi. Si chiede inoltre che il governo americano rispetti pienamente tutte le garanzie dei diritti umani nel caso richieda l’estradizione di queste persone. In aggiunta l’organizzazione ribadisce la sua opposizione all'istituzione di tribunali militari per processare i cittadini stranieri accusati di legami con il “terrorismo internazionale”. Gli Usa hanno ratificato numerosi trattati in materia di diritti umani, tra cui il Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici, la Convenzione contro la Tortura - i cui principi fondamentali Amnesty International teme siano in pericolo nel contesto delle indagini relativi agli attacchi dell’11 settembre. Ed è proprio in questi momenti estremamente delicati che i governi devono essere scrupolosi nella loro aderenza a tali principi. Il fare altrimenti indebolisce piuttosto che rinforzare la ricerca della giustizia. 1. Le garanzie in relazione agli arresti ed alle detenzioni. Gli standard internazionali garantiscono che tutte le persone che sono arrestate o detenute (con o senza accusa formale) dovrebbero essere immediatamente informate della ragione della loro detenzione e dei loro diritti, tra cui il diritto ad accedere rapidamente alla assistenza di un legale, il diritto a comunicare e a ricevere visite, il diritto di informare i loro familiari della detenzione e del luogo di detenzione; e il diritto per gli stranieri residenti sul territorio nazionale di contattare la loro ambasciata o un'organizzazione internazionale. Chiunque, arrestato o trattenuto, non comprenda pienamente o non parli la lingua delle autorità, ha il diritto di vedersi notificare in una lingua di sua comprensione quali siano i suoi diritti e come li possa esercitare e che gli venga data l’assistenza di un interprete se necessario2. Questi diritti sono una importante tutela contro una arbitraria privazione della libertà e contro la detenzione in 'incommunicado'. La detenzione in 'incommunicado' è stata condannata dal governo statunitense e dalle organizzazioni intergovernative come una grave violazione dei diritti umani che spesso porta con sé altri abusi, tra cui la tortura. Sebbene la legge americana preveda che l’individuo arrestato sia informato del diritto a consultare un avvocato immediatamente durante l’arresto, Amnesty International è preoccupata del fatto che ad alcuni fra coloro che sono stati arrestati dopo l’11 settembre sia stato negato il diritto all’assistenza legale e il diritto di informare le famiglie della loro condizione. Si ha notizia che ad alcuni detenuti sia stata negato l’accesso alla assistenza legale per più di una settimana - tutto ciò è ben lontano dall’essere considerato accettabile secondo gli standard internazionali anche in caso di emergenza2. In alcuni casi i familiari stessi hanno denunciato le difficoltà riscontrate nel cercare di sapere dove erano detenuti i loro congiunti o addirittura in alcuni casi di sapere se erano stato arrestati. Si è avuta notizia che alcuni detenuti (alcuni dei quali rilasciati in seguito) sono stati trattenuti per giorni senza essere informati del perché della loro detenzione e senza essere interrogati, contrariamente a ciò che è previsto dagli standard internazionali4. Molti detenuti hanno riferito di essere stati tagliati fuori dal mondo per due settimane mentre i loro familiari erano alla loro ricerca. Si ha notizia inoltre che alcuni sono stati comunque trattenuti nonostante l’FBI li avesse scagionati da ogni accusa. Amnesty International ha inoltre parlato con parecchi avvocati che hanno evidenziato le loro difficoltà nel rintracciare i luoghi di detenzione dei loro clienti. La mancanza di informazioni e la segretezza dei luoghi di detenzione può effettivamente impedire alle persone di impugnare il provvedimento di detenzione - un altro importante diritto sancito dal diritto internazionale5. I frequenti trasferimenti dei detenuti in differenti luoghi di detenzione, qualche volta in Stati differenti, possono perpetuare la segretezza dei luoghi di detenzione e indebolire la capacità dei detenuti di ricevere assistenza da parte di un avvocato3. Gli standard internazionali prevedono che i detenuti non solo abbiano il diritto di informare prontamente i loro familiari del loro arresto, ma anche del loro trasferimento e del luogo ove verranno trasferiti4. Preoccupazioni sono state espresse anche in merito al fatto che agli stranieri residenti sul territorio nazionale possa non essere data in alcuni casi la possibilità di rivolgersi alle ambasciate o alle rappresentanze consolari per richiedere assistenza in caso di arresto, come sancito dalla Convenzione di Vienna sulle Relazioni Consolari, che è stata ratificata dagli Usa nel 1969 senza clausole di riserva. Sebbene alcuni di loro possano scegliere di non esercitare questo diritto, tutti gli stranieri residenti sul territorio nazionale devono essere informati di questo loro diritto di poter contattare il loro consolato immediatamente dopo l’arresto. E’ responsabilità del Dipartimento di Giustizia garantire che venga garantita la protezione di questo diritto in ogni caso sia che il detenuto sia in una prigione federale o locale e, dove richiesto, garantire che avvenga il contatto senza ritardo. 2. I diritti degli immigrati detenuti e dei richiedenti asilo E’ stata espressa preoccupazione che le persone arrestate dopo l’11 settembre per avere violato la legge sull’immigrazione - che negli Usa non hanno diritto al patrocinio legale gratuito- potrebbero essere vittima di procedimenti di espulsione senza avere la possibilità di difendersi o ottenere assistenza legale. Si ha notizia che un certo numero di coloro che sono stati arrestati hanno acconsentito ad un rientro volontario nel loro paese dopo essere stati tenuti in custodia e non è chiaro se tutti hanno avuto la possibilità di accedere alla assistenza legale. Il Servizio di Immigrazione e Naturalizzazione (INS) ha emesso delle linee guida che garantiscono che i detenuti dell’INS vengano immediatamente informati dell’esistenza di organizzazioni che possano offrire assistenza legale gratuita. In ogni caso Amnesty International è informata del fatto che questi standard non hanno carattere legale o non hanno una applicazione conforme alle legge, in special modo ove i detenuti siano trattenuti in prigioni locali. Gruppi di avvocati che difendono i diritti degli immigrati esprimono il loro timore in merito al fatto che a molti detenuti non sia data una effettiva opportunità di contattare un avvocato od altro rappresentante. A molti degli arrestati dall’11 settembre non è stato concesso di fare telefonate per parecchi giorni, o sono stati trasferiti in altri luoghi, senza avere la possibilità di informare i loro familiari o avvocati. Molti di questi detenuti potrebbero essere richiedenti asilo, alla ricerca di protezione dalla possibilità di essere rimpatriati in un paese dove sono a rischio di violazioni dei diritti umani, inclusa la tortura. Gli USA hanno emanato una legge, in relazione ai propri obblighi verso la Convenzione contro la Tortura (vedi oltre), la quale stabilisce che “deve essere una politica degli USA non espellere, estradare, o provocare in altro modo un ritorno involontario di qualsiasi persona in un paese in cui ci siano elementi sostanziali per ritenere che una persona potrebbe essere in pericolo o vittima di tortura8” Amnesty International chiede che ai richiedenti asilo sia data l’opportunità di rivendicare il loro diritto con una procedura equa e soddisfacente, come richiesta dalla Convenzione del 1951 relativa allo Status di Rifugiato. Gli standard internazionali garantiscono, come regola generale, che i richiedenti asilo non possano essere detenuti; coloro che lo sono è perché hanno commesso dei crimini o sulla base di prove certe devono ancora essere ascoltati per il loro reclamo, e deve essere data loro la possibilità di mettere in discussione le prove presentate contro di loro. A nessuno deve essere impedito di presentare domanda di asilo politico. Ogni provvedimento che escluda un individuo dallo status di rifugiato deve essere riconosciuto in base alla Convenzione del 1951 e deve essere fatto solo dopo una piena presa in considerazione della richiesta in un “equa e soddisfacente procedura”5. Una considerazione preliminare in merito al fatto che qualcuno possa rientrare nelle cause di esclusione non deve inficiare il completo esame della richiesta di asilo. Nessuno deve essere espulso senza che sia stato preso in esame il suo bisogno di protezione, con tutte le tutele garantite dai diritti umani ( tra cui il diritto ad essere informato delle prove, per rigettare le prove e presentare appello contro la decisione che lo esclude). Amnesty International chiede inoltre che il Dipartimento di Giustizia garantisca che i nuovi e dettagliati standard emessi dall’INS per gli immigrati detenuti e i richiedenti asilo che hanno introdotto alcune semplificazioni all’inizio di questo anno - che tra l’altro comprendono clausole volte a facilitare il contatto con la procura, contatti con i consolati ed il diritto a ricevere visite - siano estesi a tutte le occasioni e rigorosamente applicati60. 3. I poteri a detenere uno straniero secondo la nuova legislazione “anti-terrorismo”: Il Patriot Act 3(1). Il diritto ad essere portati prontamente di fronte all’autorità giudiziaria o ad altra autorità Amnesty International comprende che molte delle detenzioni del dopo 11 settembre hanno avuto luogo seguendo una direttiva di emergenza emanata dal Ministro della Giustizia il 19 settembre. Questa normativa ha portato la durata della detenzione in custodia da parte del Servizio di Immigrazione e Naturalizzazione senza essere accusati di alcun reato da 24 a 48 ore “oppure può essere prolungato per un tempo ragionevole, se necessario, in caso di emergenza o in circostanze straordinarie”. Tutto questo è stato superato dal USA Patriot Act, la proposta di legge approvato dal Congresso, che è divenuta legge lo scorso 26 Ottobre 200111. La sezione 236(A) del Patriot Act prevede che il mandato di arresto di uno straniero presente in territorio americano si fondi su una certificazione del Ministro della giustizia qualora si riscontrino “ragionevoli e fondati elementi per credere” che un individuo sia “un terrorista” o fiancheggi “attività terroristiche” o “ sia coinvolto in attività che mettano in pericolo la sicurezza nazionale degli Stati Uniti”72. Una persona detenuta secondo queste disposizioni può essere trattenuta per un periodo della durata fino di una settimana senza essere accusato di nulla, trascorso tale periodo deve essere dato il via ad una causa legale, o il detenuto deve essere rilasciato. Nonostante un periodo di detenzione di sette giorni senza una sorveglianza giudiziaria non sia un lasso di tempo indeterminato, a differenza di quanto permesso dalla direttiva del 19 dicembre 2001, Amnesty International ritiene che ciò possa essere contrario agli standard internazionali che sanciscono il diritto di tutte le persone arrestate o detenute ad essere portate prontamente di fronte ad un giudice o alla autorità giudiziaria83. Sebbene non siano indicati espressamente negli standard internazionali limiti di tempo, sette giorni prima di essere portato di fronte ad una corte eccedono ciò che è considerato accettabile nei casi esaminati dal Comitato per i Diritti Umani così come dalla Corte Europea per i diritti umani94. La revisione giudiziaria è una tutela essenziale contro gli arresti e la detenzione arbitraria e per proteggere il benessere di coloro che sono detenuti. L’articolo 9(1) dell'ICCPR sancisce che “Ogni persona ha il diritto alla libertà e alla sicurezza della persona. Nessuno può essere sottoposto all’arresto o alla detenzione arbitraria.” Per garantire libertà dalla detenzione arbitraria, l’Articolo 9(4) sancisce ulteriormente che chiunque “sia stato privato della sua libertà con l’arresto o la detenzione ha il diritto di intentare un processo davanti alla corte, in modo che essa possa decidere senza ritardo sulla legalità della sua detenzione e decretare il rilascio nel caso la detenzione non sia legale” Il Comitato per i Diritti Umani ha sancito l’articolo 9 (1) sia applicabile a tutte le forme di privazione della libertà tra cui “ il controllo dell’immigrazione”. Amnesty International chiede che il provvedimento che permette un periodo di sette giorni di detenzione senza accusa sia soggetto ad un riesame. Allo stesso tempo, chiede che la sua applicazione sia strettamente monitorata e che chiunque sia detenuto in base a questa disposizione sia informato delle cause specifiche della detenzione e che gli sia concessa la possibilità di rivolgersi ad un avvocato, di mettersi in contatto con i parenti e le rappresentanze consolari se necessario. 3(2) Il potere a trattenere uno straniero per un tempo indefinito. La sezione 236 (a) del Patriot Act consente al Procuratore Generale di trattenere uno straniero considerato un pericolo per la sicurezza nazionale dopo che è iniziato il provvedimento di espulsione. Secondo la legislazione, uno straniero la cui espulsione "non è prevedibile in un futuro ragionevole" può essere detenuto per un tempo indefinito, se il Procuratore Generale considera che il suo rilascio "potrebbe essere una minaccia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti o per la sicurezza della comunità o di qualsiasi altra persona". Le persone detenute secondo questa generica disposizione potrebbero comprendere stranieri che non possono essere espulsi dal momento che sono apolidi, il cui paese di origine non li accetta; o che non possono essere trasferiti nei loro paesi perché potrebbero essere vittima di torture. La legislazione autorizza il Procuratore Generale a detenere le persone secondo le sopramenzionate disposizioni sulla base del mero sospetto di essere una minaccia per la sicurezza nazionale. Sebbene la legge garantisca l'habeas corpus per revisione della detenzione15 e un periodo di sei mesi entro il quale il detenuto può sottoporre al Procuratore Generale le prove per ottenere la revisione del provvedimento, non è chiaro quante e quali siano le informazioni che il governo deve produrre per supportare l'affermazione che uno straniero sia un terrorista o che fiancheggi il "terrorismo". In passato il Procuratore Generale ha stabilito venissero detenuti stranieri che potevano essere trasferiti nei loro paesi di origine sulla base di "prove segrete" di presunti legami con il terrorismo che non potevano essere resi disponibili ai detenuti o ai loro difensori. Amnesty International ritiene che nessuno possa essere incarcerato sulla base di una prova che non possa essere oggetto di esame o di confutazione. Una procedura come questa manca delle essenziali garanzie sancite dal diritto internazionale per la protezione degli individui da arresti arbitrari o detenzioni ingiustificate. Amnesty International ha espresso la sua crescente preoccupazione in merito all'uso della segretezza della prova in una lettera inviata al Ministro della Giustizia nel luglio 2000 in merito al caso di Mazen Al-Najjar . Mazen Al-Najjar è un membro del clero musulmano ed un professore universitario che è stato in prigione per tre anni e mezzo mentre era in corso un appello contro il provvedimento di espulsione poiché il suo visto di studente era scaduto. Gli fu negato il rilascio su cauzione sulla base di prove classificate dal governo come certe e secondo le quali egli era una minaccia alla sicurezza nazionale , tutto questo in un procedimento in camera di consiglio alla presenza di un giudice senza che il dott. Al-Najjar o il suo avvocato potessero parteciparvi. Al dott. Al-Najjar - che ha sempre negato qualsiasi coinvolgimento con il terrorismo - fu consegnato solo un breve riassunto di una sola frase dove era descritta “la prova”. Nel maggio 2000 un giudice federale ha stabilito che le prove in relazione alla sua detenzione106 violavano il suo diritto costituzionale a "confrontare e respingere la prova ed al "diritto di essere ascoltato in una udienza" Fu rilasciato nel dicembre 2000 dopo una ulteriore udienza in cui una tribunale ha stabilito che le prove a sostegno della sua detenzione erano insufficienti. Il Dipartimento di Giustizia si è appellato contro questa decisione, a novembre l'appello era ancora in corso. Il 24 Novembre 2001 Al-Najjar è stato di nuovo imprigionato dopo che l’Undicesima Corte d’Appello di Circuito aveva confermato il suo provvedimento irrevocabile di espulsione. Dal momento che è un apolide palestinese e non ha paese in cui fare ritorno, il suo caso è divenuto un tipico caso conforme alle nuove disposizioni di detenzione ed egli continua a essere detenuto. Lo scorso giugno la Corte Suprema degli Stati Uniti ha emesso una sentenza che ha dato una svolta al caso: la detenzione a tempo indefinito di uno straniero, il cui provvedimento definitivo di espulsione sia stato emesso, ma la cui espulsione non sia "ragionevolmente prevedibile" , non è costituzionale. La fattispecie è stata applicata a centinaia di migliaia di stranieri accusati di crimini negli Stati Uniti che non possono essere espulsi perché non ci sono paesi che potrebbero accoglierli. Il provvedimento lascia aperta la possibilità al governo di continuare la detenzione di stranieri quando il caso è limitato "a individui particolarmente pericolosi e sottoposti a protezione117". Questa regola ha permesso di rilasciare sotto stretta sorveglianza più di 300 stranieri che non erano considerati un pericolo per la comunità. Comunque, il Dipartimento di Giustizia, ha di recente pubblicato una nuova regolamentazione che invoca " circostanze speciali" tali come terrorismo, sicurezza nazionale, pericolo per la comunità o ragioni di salute pubblica (tra cui disturbi mentali o malattie contagiose) per mantenere gli stranieri in attesa di espatrio in custodia. Queste disposizioni sono applicate in aggiunta al Patriot Act. Amnesty International ritiene che gli Stati non dovrebbero detenere le persone che sono considerate una minaccia per la sicurezza nazionale a meno che non siano accusati di crimini e processati senza ritardo o venga intrapresa un'azione di estradizione o espulsione entro un periodo ragionevole. Amnesty International si oppone alla detenzione illimitata per gli stranieri per cui non vi è una realistica possibilità di estradizione. Tali misure hanno lo stesso effetto di una pesante sanzione penale(privazione della libertà) ma senza che all'interno di questo sistema rimangano le garanzie di un processo equo presenti nel sistema penale. Amnesty International considera che tutto questo violi i diritti umani fondamentali e che chiunque sia detenuto in tali circostanze dovrebbe essere accusato di crimini ben precisi e sottoposto ad un giudizio oppure rilasciato. La legge richiede che il Procuratore generale faccia un rapporto semestrale al Congresso sul numero di cittadini non americani ritenuti sospetti terroristi o un rischio per la sicurezza nazionale; le basi di questa decisione; le nazionalità degli individui così identificati, i termini di detenzione, il numero di provvedimenti di espulsione, le espulsioni avvenute; il numero dei non più certificati e il numero di quelli che sono stati rilasciati. Questa clausola è importante dal momento che rende di dominio pubblico l’estesa portata di questi provvedimenti che investono le espulsioni e le detenzioni e di come questi verranno resi effettivi. Tuttavia questo non esime il Governo dal fornire informazioni sugli arresti e i luoghi di detenzione. Misure devono essere intraprese per evitare la segretezza delle presenti detenzioni (si veda sotto). Mentre Amnesty International ha limitato i suoi commenti agli aspetti del procedimento di detenzione secondo il Patriot Act, ci sono anche preoccupazioni per l'espansione della definizione di terrorismo secondo tale legge. Infatti i gruppi per i diritti civili temono essa possa essere utilizzata nei confronti degli stranieri sulla base delle loro idee politiche e associazioni che non sono coinvolte o non fiancheggiano il terrorismo (vedi nota 9). Amnesty International sta monitorando l'implementazione della legge e presenterà successivi commenti nel corso della sua applicazione. 4. Condizioni di detenzione : maltrattamentiAmnesty International è preoccupata per il fatto che molti di coloro che sono stati arrestati dopo l'11 settembre siano detenuti in condizione molto dure, alcune delle quali possano violare gli standard per un trattamento umano. Ci sono notizie di abusi fisici e a carattere verbale compiuti dalle guardie carcerarie nei confronti di detenuti, ed il fallimento dei tentativi di proteggere i detenuti dagli abusi commessi nei loro confronti da altri detenuti. Vi erano state preoccupazioni negli anni scorsi per le misere condizioni in cui erano tenuti i detenuti immigrati nelle strutture di detenzione dell’INS o nelle prigioni locali. Sebbene l'INS abbia emanato nuovi standard per il trattamento dei suoi detenuti all'inizio di quest'anno, come ricordato sopra, questi standard non sono rispettati ovunque (vedi sezione 2)18. Amnesty International ha ricevuto un rapporto in cui si diceva che gli immigrati detenuti dopo l'11 settembre sarebbero soggetti a condizioni più punitive che prima in alcune strutture. Si ha inoltre notizia che i detenuti di fede musulmana e di origine medio orientale sono trattati molto più duramente degli altri. Si ha notizia che questi ultimi sono rinchiusi in celle di isolamento e gli venga negata “l’ora d’aria” e siano costretti ad indossare camicie di forza, tra cui.. durante le visite, ed è negato loro di tenere contatti con la famiglia, come pure è negato loro il possesso di oggetti personali e di copie di libri in arabo, tra cui il Corano. Amnesty International è inoltre preoccupata per le notizie in merito ad alcune persone in viaggio per gli Stati Uniti dopo l'11 settembre che sono state trattenute al loro arrivo per essere interrogati presso gli aeroporti americani dalle guardie di sicurezza e sottoposti a trattamenti crudeli, inumani e degradanti comprendenti la privazione del cibo e l’essere messi ai ferri. Esempi di maltrattamenti:
Alcuni fatti di cui sopra potrebbero violare il divieto di tortura o altri trattamenti crudeli , inumani o degradanti secondo quanto stabilisce la Convenzione contro la Tortura e l’ICCPR (Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici) . Inoltre, l’Art. 10 del ICCPR stabilisce: “Chiunque venga privato della libertà personale deve essere trattato con umanità e con rispetto per l’inalienabile dignità della persona“. Alcune delle riportate condizioni sono previste da specifiche previsioni dello “Standard Minimo per i trattamento dei prigionieri” che stabilisce, per esempio, che tutti i prigionieri e detenuti debbano ricevere un minimo di un’ora d’aria giornaliera, e che le limitazioni fisiche dovrebbero essere applicate quando “strettamente necessario” come precauzione contro la fuga o per prevenire danni o ferite, e che “le catene e i ferri non devono essere usate come restrizione”. Amnesty International chiede al Dipartimento di Giustizia di assicurare che tutti i prigionieri e i detenuti siano trattati con umanità in accordo con i sopra esplicati standard internazionali, sia che si tratti di centri locali o federali, o all’aeroporto. Noi chiediamo al dipartimento di investigare a fondo tutte le accuse di abusi dell’INS e di altri detenuti federali trattenuti in centri federali o locali. I recenti standard promulgati per il trattamento dell’immigrazione e dei richiedenti asilo dovrebbero essere estesi a tutti i centri che ospitano detenuti immigrati, incluse le prigioni locali e federali. L’INS dovrebbe assicurare che questi vengano monitorati e aderiscano agli standard. 5. Mancanza di informazioni sulle detenzioni. Amnesty International condivide la preoccupazione espressa da molti commentatori e difensori dei diritti umani riguardo l’inusitato livello di segretezza che circonda le detenzioni dell’11 settembre. Mentre alcune informazioni possono essere taciute per motivi di sicurezza o privacy, la straordinaria mancanza di dati non appare essere giustificata o favorevole all’interesse pubblico. Senza questi dati è impossibile appurare quanto i diritti delle persone in stato di detenzione siano protetti; il grado effettivo degli abusi riportati; se vi sia o meno stata una pratica della detenzione in 'incommunicado' a livello sistematico, quanto veramente le autorità si stiano confrontando con queste preoccupazioni. Il 29 ottobre, Amnesty International e un gruppo di organizzazioni statunitensi che si occupano di diritti umani hanno formulato una richiesta congiunta al Dipartimento di Giustizia chiedendo di fornire informazioni dettagliate, secondo quanto prevede il Freedom of Information Act, sugli arresti e detenzioni, incluse le identità e le nazionalità dei detenuti; il loro stato e posizione e se abbiano un legale rappresentante. La lettera inoltre richiede informazioni su “tutte le linee direttive o guida date agli ufficiali relativamente a dichiarazioni pubbliche o rivelazioni su questi individui” e sull’identificazione dei tribunali che impongono il segreto istruttorio in casi specifici. La lettera chiede anche che le informazioni vengano fornite con urgenza, prontamente, facendo riferimento al “ crescente numero di resoconti che, se accurati, sollevano serie questioni su privazione di processo equo, incluso imprigionamento senza causa probabile, interferenza con il diritto al patrocinio, e minacce di serie offese corporali” - e stabilisce che “…la segretezza senza precedenti che circonda le detenzioni di diverse centinaia di individui, che dura da ormai diverse settimane, in se stessa solleva questioni sulla detenzione” e “ previene qualsiasi supervisione democratica sulla risposta del governo agli attacchi “. Amnesty International chiede al Dipartimento di giustizia di dare le informazioni richieste senza indugio. 6. Discriminazione Amnesty International accoglie favorevolmente il significativo intervento condotto dal Dipartimento di Giustizia in risposta agli attacchi e agli atti di discriminazione perpetrati all'indomani dell’11 settembre contro persone di religione musulmana o di origine mediorientale. Siamo a conoscenza del fatto che la Civil Rights Division (CRD - Divisione per i Diritti Civili) del Dipartimento di Giustizia, in collaborazione con i procuratori federali e l’FBI, ha aperto più di 60 indagini civili e penali riguardanti atti compiuti da privati in relazione ai fatti dell’11 settembre, compresi uccisioni, minacce di morte, aggressioni e attacchi a moschee e ad attività commerciali. La CRD ha inoltre formato il National Origin Working Group (Gruppo di Lavoro sull’Origine Nazionale) per combattere la “discriminazione post-terrorismo” nei confronti di determinati gruppi: questa commissione riceve rapporti sulle “violazioni causate dall’origine nazionale, dalla cittadinanza e credo religioso, incluse le violazioni relative all’accoglienza, all’istruzione, all’occupazione, all’accesso ai servizi del governo e all’applicazione delle leggi”; riporta i casi alle autorità federali competenti; svolge lavoro di collaborazione con le comunità e si adopera per garantire le condizioni di effettiva assistenza alle vittime di violazioni dei diritti civili. Nell’accogliere favorevolmente queste iniziative, notiamo che sono state espresse alcune preoccupazioni in merito ai percepiti o potenziali effetti discriminatori di certi criteri di applicazione delle leggi, comprese le detenzioni del dopo 11 settembre. Sembra che molti, se non la maggior parte, tra gli arrestati durante le indagini in seguito ai fatti dell’11 settembre, siano uomini musulmani provenienti dall'Asia Meridionale o di origine mediorientale. Amnesty International è consapevole del fatto che le forze di sicurezza, quando effettuano interrogatori o arresti di sospetti, lavorano sulla base di informazioni riservate o altre notizie. Si teme, tuttavia, che alcune persone arrestate durante le indagini aperte in seguito agli avvenimenti dell’11 settembre siano tenute in stato di arresto per violazioni relativamente minori, per le quali normalmente è previsto il rilascio su cauzione. Come osservato precedentemente, si contesta che alcuni detenuti musulmani o di origini mediorientali vengano trattati più severamente degli altri reclusi durante la detenzione. Il 9 novembre 2001, il Procuratore Generale ha pubblicato un memorandum contenente le istruzioni rivolte agli accusatori federali e alle unità operative anti-terrorismo della polizia di stato per sottoporre a interrogatorio altri 5,000 individui segnalati in possesso di visti USA per motivi di studio, turismo o affari. Nonostante i nomi non siano stati resi noti, alcune fonti hanno segnalato che la maggior parte delle persone della lista sono uomini mediorientali tra i 18 e i 33 anni. Diversi comandanti di corpi di polizia statale hanno espresso preoccupazione in merito a questa direttiva in quanto interrogare immigrati non sospettati di un crimine – a meno che tali interrogatori non siano manifestamente volontari – potrebbe violare le leggi statali e le linee-guida della polizia che proibiscono la pratica del racial profiling (episodi di trattamento iniquo da parte delle forze dell'ordine, inclusi fermi e perquisizioni, condotti sulla base della razza o dell'origine etnica delle vittime). Gli USA hanno ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite per l’Eliminazione di Tutte le Forme di Discriminazione Razziale (CERD). L’Articolo 5 invita gli Stati firmatari ad impegnarsi a vietare e ad eliminare la discriminazione razziale in tutte le sue forme e a garantire a ciascuno il diritto all’eguaglianza dinanzi alla legge. Nel suo rapporto al Comitato delle Nazioni Unite per l’Eliminazione della Discriminazione Razziale del settembre 2000, il Governo USA ha dichiarato che “la discriminazione razziale da parte di autorità pubbliche è vietata in tutti gli Stati Uniti e il principio di non discriminazione è fondamentale per la politica del Governo in tutto il paese.” La delegazione americana durante la valutazione del rapporto USA dell’agosto 2001 ha inoltre riportato al Comitato che l’amministrazione Bush era impegnata nell’eliminazione del racial profiling.12 Amnesty International ritiene sia fondamentale che il Governo degli Stati Uniti continui ad impegnarsi nel mantenere questi principi di non discriminazione nell’attuale clima di emergenza. Amnesty International raccomanda caldamente di prendere ogni precauzione possibile per garantire che le persone non vengano arrestate o detenute o trattate in maniera non equa a causa della loro origine etnica, razza o religione. Tali azioni violerebbero gli standard stabiliti dalle leggi internazionali e americane.13 Amnesty International ritiene sia necessario garantire ogni possibile salvaguardia da qualsiasi forma di discriminazione nell'adempimento delle misure stabilite dal Patriot Act. Dal momento che la legislazione assicura al Governo poteri straordinari di detenzione che riguardano solo individui senza cittadinanza americana, è particolarmente importante assicurare che le comunità di immigrati non siano prese di mira in maniera sproporzionata. Amnesty International teme inoltre che anche le commissioni militari speciali istituite dall’ordine presidenziale del 13 novembre siano discriminatorie, in quanto verrebbero applicate solo a persone non in possesso della cittadinanza americana che quindi sarebbero processate secondo uno standard di giustizia inferiore rispetto ai cittadini USA. Amnesty International ha chiesto la revoca di questo ordine (vedi par.11). 7. La nuova norma che permette il controllo delle conversazioni dei detenuti con gli avvocati. Amnesty International è profondamente turbata per una nuova norma provvisoria introdotta dal Dipartimento di Giustizia il 31 ottobre 2001, che permette al Bureau of Prisons (l'agenzia federale incaricata della gestione delle carceri) di controllare le comunicazioni scritte o verbali tra avvocati e clienti in detenzione, comunicazioni in precedenza considerate confidenziali, quando il Procuratore Generale attesti “l’esistenza di un ragionevole sospetto” che un detenuto possa usare tale comunicazione “per favorire o facilitare atti di terrorismo”. Questa norma viene applicata a tutti i prigionieri federali e alle persone “trattenute come testimoni, detenuti o per altre ragioni” da rappresentanti INS o da altre autorità federali. Nonostante il Dipartimento di Giustizia abbia affermato che misure procedurali proteggeranno il diritto alla riservatezza del rapporto avvocato-cliente per quanto riguarda il consulto legale,14 questa norma intacca un principio fondamentale degli standard internazionali, che obbliga i governi ad assicurare che tutte le persone arrestate, detenute o imprigionate abbiano il diritto di comunicare con un legale nel rispetto di una completa riservatezza.15 Amnesty International teme che la concentrazione di un tale potere discrezionale nelle mani alcuni funzionari incaricati del rispetto della legge, senza la supervisione giudiziaria, sia intrinsecamente a rischio di abusi. La riservatezza è una componente essenziale per il diritto ad un efficace patrocinio di un consulente legale. Tale controllo, in particolare nel caso di testimoni e detenuti, non condannati o in attesa di giudizio, potrebbe compromettere in maniera critica il diritto degli imputati o dei detenuti ad avere servizi adeguati per preparare la difesa, così come richiesto dall’Articolo 14 della ICCPR (che stabilisce garanzie per i giusti processi), e mette in pericolo la presunzione di innocenza garantita dallo stesso articolo. I prigionieri potrebbero sentirsi inibiti non solo nel discutere di materie relative al loro caso ma anche nel riferire qualsiasi abuso eventualmente subito, per paura di ritorsioni. La riservatezza delle comunicazioni, in particolare con gli avvocati, rappresenta un'importante tutela contro gli abusi. Amnesty International ritiene che esistano già strumenti appropriati nella legislazione federale attuale utilizzabili nei casi in cui si sospetti che le comunicazioni avvocato-cliente possano essere usate per ulteriori azioni criminali. Tali rimedi includono, se necessario, il controllo, ordinato dal tribunale, di comunicazioni e altre misure soggette ad un’appropriata analisi giudiziaria. Amnesty International ritiene che la nuova norma dovrebbe essere abrogata o per lo meno dovrebbe essere richiesto un ordine del tribunale per ogni singolo caso prima che avvenga qualsiasi controllo.
Amnesty International esprime preoccupazione per le notizie secondo cui più di una dozzina di prigionieri federali che scontano una condanna nelle prigioni federali per vari crimini di natura politica non collegati agli attacchi dell’11 settembre siano stati messi in isolamento in unità di massima sicurezza dopo quella data. Durante il periodo di segregazione, alcuni si sono visti negare le telefonate agli avvocati; a molti sono state negate persino tutte le visite e la posta e sono stati tenuti in 'incommunicado' per periodi da 10 giorni a due settimane. A nessuno è stato spiegato il motivo del loro trasferimento nelle unità di massima sicurezza o della sospensione delle visite e delle telefonate.16 Da allora il Bureau of Prisons ha pubblicato una direttiva amministrativa che permette al suo direttore di aumentare il periodo per il quale i prigionieri possono essere messi sotto “speciali misure amministrative” (inclusa la segregazione in unità di massima sicurezza) per motivi di sicurezza e per periodi prorogabili fino ad un anno.17 Amnesty International teme che i detenuti possano essere messi in isolamento per lunghi periodi – anche per un periodo di tempo indefinito – senza adeguate tutele o riesame dei casi. Tenendo presente che l’isolamento per lunghi periodi può essere equivalente a una forma di trattamento crudele, inumano o degradante, Amnesty International sta cercando maggiori informazioni riguardanti questa procedura, incluso l’esatto motivo per il quale tali misure possono essere applicate; quali tutele esistono per assicurare i dovuti diritti processuali; e le condizioni nelle quali tali prigionieri vengono tenuti. 9. Tecniche d’interrogatorio – Lo spettro della tortura. Amnesty International esprime profonda preoccupazione per i comunicati dei media che sostengono che le forze di sicurezza USA potrebbero prendere in considerazione l’utilizzo di “tecniche di pressione”, fra le quali il “siero della verità” Sodium Pentothal, per estorcere informazioni ai detenuti durante gli interrogatori. Tali metodi violerebbero le convenzioni sui diritti umani delle quali gli USA sono firmatari e minerebbero severamente la posizione degli USA all’interno della comunità internazionale. Gli USA hanno ratificato l’ICCPR e la Convenzione contro la Tortura che vieta la tortura o qualsiasi altro trattamento crudele, inumano o degradante in ogni circostanza, inclusi i periodi di emergenza nazionale.18 Nel suo rapporto al Comitato contro la Tortura19 dell’ottobre 1999, il Governo USA ha sottolineato che, nonostante la tortura non sia considerata un autentico reato federale all’interno del territorio USA, le leggi federali e statali vigenti hanno già bandito tutti gli atti che rientrano nella definizione di tortura. Gli USA hanno chiarito che: La tortura è vietata dalla legge in tutti gli Stati Uniti. È categoricamente condannata come materia politica e come strumento di autorità dello stato. Ogni atto che costituisce tortura secondo la Convenzione costituisce un reato penale secondo la legge degli Stati Uniti. Nessun funzionario del governo, federale, statale o locale, civile o militare, è autorizzato ad utilizzare la tortura o a ad istruire qualsiasi altra persona all’utilizzo della tortura. Nessun funzionario è autorizzato a giustificare o tollerare qualsiasi forma di tortura. Come giustificazione alla tortura non potranno essere invocate circostanze eccezionali. La legge degli USA non prevede condizioni che consentono l’utilizzo, in circostanze eccezionali, di atti di tortura o altro trattamento o punizione crudele, inumano o degradante altrimenti vietati (per esempio, durante uno “stato di emergenza pubblica”) o da ordini derivanti da un funzionario di grado superiore o da autorità pubblica, e i meccanismi di tutela di un potere giudiziario indipendente non sono soggetti a sospensione.20 Qualsiasi ritrattazione di una affermazione così chiara della politica USA riguardo a questo argomento lancerebbe un grave segnale alla comunità internazionale sull’impegno degli USA nel rispetto e nella promozione dei diritti umani. Qualsiasi accettazione della tortura negli Stati Uniti rischia di intaccare il rispetto per l’ordinamento giuridico in qualsiasi altro paese. Inoltre, se il Governo degli USA approvasse anche solo l’utilizzo di una “moderata pressione fisica” su pochi detenuti, ciò condurrebbe quasi inevitabilmente ad un ampio uso, come Amnesty International ha trovato in più di 40 anni di testimonianze riguardanti l’uso della tortura. Il Comitato delle Nazioni Unite contro la Tortura ha affermato che l’applicazione della cosiddetta “moderata pressione fisica” come metodo di interrogatorio tollerato viola palesemente la Convenzione contro la Tortura. Il Comitato ha decretato che anche se si ritiene che un sospetto possieda informazioni su imminenti attacchi contro lo stato, non possono essere usati i seguenti metodi di interrogatorio, poiché violano i divieti riguardanti tortura e maltrattamenti: reclusione in condizioni molto dolorose; incappucciamento; ascolto di musica a volume elevato; privazione prolungata del sonno; minacce, comprese le minacce di morte; scuotimenti violenti; uso di aria gelata per infreddolire i detenuti.21 Amnesty International si oppone all’uso del Pentothal e delle altre droghe denominate “sieri della verità” utilizzate per interrogare i sospetti, in quanto ciò costituisce trattamento crudele, inumano o degradante e dovrebbe per questo motivo essere vietato come metodo per estorcere informazioni.22 Tale utilizzo costituirebbe inoltre pressione fisica e psicologica messa fuorilegge dagli standard internazionali sugli interrogatori. Il Principio 21 del Corpo dei Principi per la Protezione di Tutte le Persone Soggette a Qualsiasi Forma di Detenzione o Prigionia afferma che: “Nessun detenuto durante l’interrogatorio sarà soggetto a violenza, minacce o metodi di interrogatorio che danneggino la sua capacità di decisione o di giudizio”. La Convenzione Interamericana per la Prevenzione e la Repressione della Tortura definisce espressamente come tortura “l’utilizzo di metodi su una persona intesi ad annientare la personalità della vittima o a diminuire le sue capacità fisiche o mentali, anche se non provocano dolore fisico o tormento mentale.”23 L’uso di tali droghe in questo contesto costituisce inoltre una violazione dell’etica medica, in quanto medicinali e competenze mediche non dovrebbero essere mai utilizzati per motivi diversi dall’esaminare, proteggere o migliorare la salute mentale e fisica di prigionieri e detenuti. L’Articolo 15 della Convenzione contro la Tortura obbliga gli Stati firmatari a “provvedere affinché nessuna dichiarazione di cui sia stabilito che è stata ottenuta con la tortura possa essere invocata come elemento di prova in un procedimento, se non contro la persona accusata di tortura al fine di stabilire che una dichiarazione è stata fatta.” Altri standard internazionali escludono non solo dichiarazioni estorte sotto tortura, ma anche quelle estorte come risultato dell’utilizzo di punizioni e trattamenti crudeli, inumani o degradanti. Il Comitato per i Diritti Umani ha esteso il divieto sull’uso di elementi di prova ottenuti sotto costrizione, affermando che “nei procedimenti giudiziali la legge deve vietare l’ammissibilità per dichiarazioni o confessioni ottenute con la tortura o altro trattamento vietato.”24 Il Comitato ha inoltre affermato che: “la legge dovrebbe richiedere che l’elemento di prova fornito da ... qualsiasi ... forma di costrizione è totalmente inaccettabile.”25 Gli USA hanno fatto alcuni passi importanti per andare incontro ai loro impegni nel rispetto della Convenzione contro la Tortura. È stata promulgata una legge che stabilisce il divieto di estradare una persona in un paese qualora vi siano serie ragioni per ritenere che la persona rischi di essere sottoposta a tortura, come richiesto dall’Articolo 3 della Convenzione contro la Tortura. Nel 1994 gli Stati Uniti hanno approvato una legge federale che estendeva la giurisdizione USA a qualsiasi atto di tortura commesso al di fuori degli Stati Uniti da un cittadino americano o da un presunto criminale negli USA, a prescindere dalla nazionalità. Inoltre è in vigore il Torture Victims Protection Act che permette, sia a stranieri che a cittadini americani, di chiedere risarcimento per danni da qualsiasi individuo coinvolto in torture o in uccisioni extragiudiziali sotto “una effettiva o apparente autorità o adducendo come scusa la legislazione di un qualsiasi paese straniero”. Amnesty International chiede al Procuratore Generale di garantire pubblicamente che nessuna tecnica che coinvolga tortura o altro trattamento crudele, inumano o degradante, sarà invocata o introdotta durante un interrogatorio di sospetti. Il Governo USA dovrà chiarire che gli abusi, inclusi la tortura, il trattamento crudele, inumano o degradante ed altri metodi impropri, non saranno tollerati in nessuna circostanza a nessun livello dell’apparato esecutivo della legge statunitense e saranno perseguiti come reati. 10. Sospetti arrestati in altri paesi. Amnesty International ritiene che, quando richiesto, tutti gli stati siano tenuti a cooperare nell’indagine, arresto e processo di persone implicate in reati, a prescindere dalla nazionalità degli esecutori o delle vittime. Tale cooperazione dovrebbe, in ogni caso, rispettare scrupolosamente gli standard internazionali sui diritti umani relativi ad arresto, detenzione, trattamento e processo. A questo riguardo, Amnesty International chiede al Governo USA di promuovere questi standard in ogni occasione, in particolare quando i suoi agenti sono coinvolti al di fuori del territorio degli Stati Uniti. Il Washington Post del 22 novembre ha dato notizia che “in seguito alla richiesta avanzata dalla CIA, i servizi segreti e le agenzie di polizia di 50 paesi stranieri hanno arrestato e rinchiuso circa 360 sospetti legati presumibilmente alla rete di Osama bin Laden, al Qaeda o ad altri gruppi terroristici violenti” successivamente agli attacchi dell’11 settembre. Così come il Governo statunitense può decidere di non trasferire detenuti in un altro paese, allo scopo di essere sottoposti ad interrogatorio, se ci sono sostanziali motivi per ritenere che in questo paese l’individuo potrebbe subire torture, punizioni o altri trattamenti crudeli, inumani o degradanti, allo stesso modo ha anche l’obbligo di opporsi all’utilizzo di tali trattamenti contro qualsiasi detenuto arrestato su suo ordine in altri paesi. Si ha notizia, per esempio, che a FBI e CIA sia stato concesso di visitare e essere presenti agli interrogatori di “Abu Ahmed”, un presunto membro storico di al Qaeda, arrestato dalle autorità dell’Arabia Saudita, un paese dove tortura e maltrattamenti continuano ad essere denunciati. Se i rappresentanti USA vengono a conoscenza di un qualsiasi utilizzo di tale trattamento contro i detenuti ai quali hanno accesso, sono tenuti a denunciarlo pubblicamente. Gli USA potrebbero tentare di ottenere l’estradizione negli Stati Uniti di detenuti imprigionati all’estero. In questi casi, tale azione deve rispettare la legislazione straniera e le norme sancite dai trattati di estradizione pertinenti; in particolare nei casi in cui l’estradizione dei sospetti sia negata in quanto mancano garanzie che il paese che accoglierà il sospetto, in questo caso gli Stati Uniti, non comminerà la pena di morte. Amnesty International è preoccupata per le passate sanzioni ufficiali nei confronti degli USA riguardanti sequestri di persona ed altre “consegne irregolari” di sospetti criminali dall’estero.26 A questo proposito, Amnesty International ha chiesto al Dipartimento di Giustizia informazioni sull’attuale status giuridico e ubicazione di Jamil Qaseem Saeed Mohammed. Si ha avuto notizia che Mohammed, un cittadino yemenita che, secondo alcune fonti, è ricercato in relazione al bombardamento del cacciatorpediniere americano USS Cole, avvenuto nello Yemen nell’ottobre 2000, sia stato consegnato segretamente a rappresentanti americani all’aeroporto internazionale di Karachi, in Pakistan, il 26 ottobre 2001 e imbarcato verso una destinazione sconosciuta. Durante le conversazioni telefoniche intercorse con il Dipartimento di Giustizia, Amnesty International non è riuscita a stabilire l’attendibilità di questi resoconti né dove si trovi Jamil Mohammed, e rinnova in questo memorandum la sua richiesta di informazioni riguardo al fatto che sia stato o si trovi attualmente sotto la custodia degli Stati Uniti.
Amnesty International esprime la sua più profonda preoccupazione per il Military Order firmato dal Presidente George W. Bush il 13 novembre che stabilisce che persone non in possesso della cittadinanza statunitense, sospettate di essere coinvolte nel “terrorismo internazionale”, possano essere processate da commissioni militari speciali. L’organizzazione ha chiesto la revoca dell’ordine dal momento che quanto proposto viola gli standard internazionali sul giusto processo. Il Military Order aggira espressamente i consolidati principi di legalità e prova delle accuse applicati durante i processi penali nei tribunali USA ed elude le norme a salvaguardia del giusto processo garantite nei tribunali militari statunitensi dal codice di Giustizia Militare statunitense. Secondo il Military Order, la condanna e la pena saranno determinate in base al voto espresso dai due terzi dei membri della commissione militare speciale presenti alla votazione. Le loro decisioni sono inappellabili presso una corte superiore, e le persone non potranno fare ricorso presso una qualsiasi corte mondiale per le violazioni dei diritti umani subite durante l’arresto, la detenzione o il processo. Aggirando gli standard internazionali sul giusto processo, il Military Order contravviene agli impegni presi dagli USA nel campo del diritto internazionale, in particolare alla Convenzione Internazionale per i Diritti Civili e Politici, ratificata dagli USA nel 1992. Certi principi fondamentali devono essere sempre rispettati, anche nei periodi di emergenza, e questi includono il diritto d’appello. Nonostante il Military Order ponga le proposte commissioni militari sotto la giurisdizione del Dipartimento della Difesa, ricadono nell’ambito dell’Order persone attualmente sotto la giurisdizione del Dipartimento di Giustizia. Amnesty International chiede al Dipartimento di Giustizia, per quanto concerne qualsiasi persona sospetta che ricada sotto la propria giurisdizione, di opporsi al trasferimento sotto la giurisdizione delle sopracitate commissioni militari. Si ha avuto notizia che alcuni ufficiali dell’amministrazione statunitense abbiano ventilato la possibilità che Zacarias Moussaoui, un cittadino francese di origini marocchine arrestato a Minneapolis il 17 agosto, possa essere processato davanti a un tribunale militare. Amnesty International è contrario a questo e a qualsiasi altro processo che si svolga dinanzi alle commissioni militari proposte. Raccomandazioni di Amnesty International. Amnesty International chiede al Procuratore Generale USA e al Dipartimento di Giustizia di:
1Si veda la Convenzione di Ginevra del 1949 2Questi diritti sono contenuti, inter alia, nell’art. 9 del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici ( ICCPR), ratificato dagli USA nel 1992; nel “Corpo dei Principi per la Protezione di Tutte le Persone Soggette a Qualsiasi Forma di Detenzione o Prigionia” (Body of Principles) adottato per consensus dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1988; e ne i “ Principi di base sul ruolo degli avvocati”, adottato dall’ottavo congresso sulla prevenzione del crimine e il trattamento dei colpevoli. 3 Il Comitato dei diritti umani (che monitora l’aderenza degli Stati ai dettami dell’ICCPR) ha sottolineato che “ chiunque venga arrestato deve aver accesso immediato all’assistenza di un legale”. Il “ Body of Principles” stabilisce che l’ accesso all’assistenza di un legale possa essere ristretto in circostanze assolutamente eccezionali “ che devono essere statuite dalla legge o da atti con forza di legge, quando questo sia considerato indispensabile da un giudice od altra autorità per il mantenimento dell’ordine pubblico”, ma che anche in questo caso l’accesso possa essere ritardato solo di qualche giorno. Il Relatore Speciale delle Nazioni Unite sulla Tortura ha raccomandato che, siccome la tortura è soprattutto praticata durante la detenzione in 'incommunicado', “la detenzione in incommunicado debba essere dichiarata illegale e le persone detenute in 'incommunicado' debbono essere liberate senza alcun indugio. Vi dovrebbero essere atti legislativi che prevedano per i detenuti l’accesso all’assistenza di un legale entro 24 ore dalla detenzione 4L’art. 9, secondo comma dell’ICCPR sancisce: “Chiunque venga arrestato deve essere informato, al momento dell’arresto, delle ragioni del suo arresto e deve essere informato di quali reati lo si ritiene responsabile” 5L’art. 9, quarto comma dell’ICCPR statuisce che : “Chiunque sia privato della libertà per arresto o detenzione ha diritto a ricorrere in tribunale, affinché questo possa decidere senza indugio sulla legalità della sua detenzione e, nel caso risulti illegale, possa ordinare il suo rilascio” 6 Per esempio , l’avvocato ricordato sopra, nel caso di 3 immigrati originari della Mauritania arrestati a fine settembre in Ohio per violazioni relative alle leggi sull’immigrazione, non ebbe la possibilità di visitarli se non due settimane più tardi poiché questi erano stati trasferiti a più riprese nei carceri dell’Indiana, Kentucky, Tennessee e Louisiana. 7 Principio 16 (1) del Body of Principles statuisce: “Immediatamente dopo l’arresto o durante ogni trasferimento da un luogo di detenzione all’altro, il carcerato o detenuto deve essere posto nelle condizioni di avvertire la sua famiglia od altra persona di fiducia del suo arresto, detenzione o prigionia o del trasferimento o del nuovo luogo nel quale viene tenuto in custodia” 8” Linee guida degli Stati Uniti che riguardano il ritorno non volontario di persone in pericolo di subire torture”, adottato nell’ottobre 1998, come parte integrante dell’Atto che riguarda la riforma e la ristrutturazione degli Affari Esteri” 9 Secondo quanto stabilisce la Convenzione sullo status di Rifugiato , “ Atto di terrorismo” può essere riconosciuto come causa di esclusione del soggetto dalla possibilità di assumere lo status di rifugiato, quanto questo atto costituisca crimine contro la pace, crimini di guerra, crimini contro l’umanità, gravi crimini non-politici commessi al di fuori del paese di rifugio, o atti contrari ai propositi e principi delle Nazioni Unite ( Articolo 1F della Convenzione) 10 Questi standard sono stati introdotti nel gennaio 2001 dall’INS a 18 centri di detenzione dell’INS e centri che con l’INS abbiano rapporti contrattuali di appalto: Corrections Corporation of America e Wackenhut. Essi avrebbero dovuto estendere questi standard anche ad alcuni dei più grandi centri che ospitano detenuti dell’INS dove gli standard ( che vi devono essere applicati gradualmente) non sono ancora stati applicati. 11 (PATRIOT ACT) L’Atto intitolato : “Per unire e rafforzare L’America dandole strumenti efficaci a intercettare e contrastare il terrorismo”. 12 Definizioni di terrorismo secondo le quali gli stranieri possano essere incarcerati o espulsi , contenute nel Patriot Act, sono estremamente ampie e comprendono l’associazione di, o “ supporto materiale” a , qualsiasi organizzazione, straniera o presente sul territorio nazionale, che venga designata come” terroristica” dal Ministro della Giustizia o da qualsiasi organizzazione che appoggi pubblicamente atti di terrorismo; inoltre si comprendono l’associazione o supporto ( inclusa la raccolta di fondi) per qualsiasi gruppo non designato come “terrorista”, ma che supporti il terrorismo in qualche maniera. Negli ultimi casi sopra elencati, l’onere della prova del fatto che l’assistenza non era tesa a promuovere il terrorismo è in capo allo straniero. 13 Il Principio 11 (1) del Body of Principles stabilisce:” Una persona non può essere detenuta senza che gli sia data l’effettiva possibilità di essere sentito senza indugio da un giudice od altra autorità”. Questo si applica a tutti i detenuti, sia che siano loro contestati reati penali o meno. L’articolo 9 (3) dell’ICCPR stabilisce:” Chiunque sia stato arrestato o sia detenuto in base ad un’accusa di carattere penale deve essere tradotto al più presto dinnanzi ad un giudice od altra autorità competente per legge ad esercitare funzioni giudiziarie, ed ha diritto ad essere giudicato entro un termine ragionevole..” 14 I membri del comitato dei diritti umani si sono chiesti se essere trattenuti in detenzione per 48 ore senza essere tradotti dinanzi ad un giudice sia non irragionevolmente un lungo lasso di tempo ( Relazione per il Comitato per i diritti umani, volume 1 (A/45/40), 1990, paragrafo 333, Repubblica Federale Tedesca); in un caso di pena di morte, il Comitato ha stabilito che il ritardo di una settimana dal momento dell’arresto prima che il detenuto fosse tradotto dinanzi ad un giudice fosse incompatibile con l’Art 9 (3) dell’ICCPR (caso McLawrence contro Giamaica, UN Doc CCPR/C/60/D/702/1996). La Corte Europea dei Diritti Umani ha stabilito che il Regno Unito quando ha detenuto una persona per 4 giorni 6 ore non ha fornito accesso immediato ad un giudice ( Brogan e altri contro il Regno Unito, 29 novembre 1988, 145b Ser. A33 at 62) 15 Il Patriot Act stabilisce che “ in generale” la revisione giudiziale di qualsiasi azione o decisone secondo le previsioni della Sezione 236 (A), inclusa la revisione giudiziale sul valore della certificazione del Procuratore Generale, è disponibile “ esclusivamente in procedimenti di habeas corpus “ (Sezione 236 (A) (a) (b) 16 Nella decisione del maggio 2000, il giudice aveva ordinato una nuova udienza relativa alla cauzione, la prima fase della quale si sarebbe dovuta tenere in udienza pubblica e dopo di questa il Governo avrebbe dovuto presentare informazioni, ma solo a condizione che venisse fornito al Al-Najjar e al suo legale “ un resoconto esaustivo. L’udienza pubblica si tenne di fronte al giudice in Agosto e Ottobre 2000 ed il giudice stabilì che non vi erano prove che il dott. Al-Najjar fosse una minaccia per la sicurezza nazionale. Il dott. Al-Najjar fu scarcerato dopo che lo stesso giudice aveva proseguito nell’analisi delle prove addotte dal Governo, concludendo che le stesse non differivano di molto rispetto a quelle presente nelle udienze pubbliche già svolte e che dunque ancora erano da dichiararsi insufficienti a concretizzare motivi per la detenzione. 17 Zadvydas contro Davis e altri, 000 U.S.99-7791 (2001) 18 Come pure per un migliore accesso all’assistenza legale, gli standard coprono una vasta gamma di condizioni che includono le visite da parte di familiari e amici; il diritto dei detenuti ad esercitare la loro religione senza subire molestie e di partecipare alle attività religiose di gruppo. 19 Le informazioni relative a queste ed altri casi sono state raccolte attraverso contati con avvocati e familiari da Amnesty International e dai media. 12Osservazioni preliminari della delegazione USA al Comitato il 3 agosto 2001 a Ginevra, durante lo studio del rapporto iniziale USA in merito alle modalità di attuazione delle condizioni della CERD. 13L’Articolo 5 della CERD invita gli Stati a “... garantire a ciascuno il diritto all’eguaglianza dinanzi alla legge senza distinzione di razza, colore od origine nazionale o etnica”, incluso un “eguale trattamento avanti i tribunali e ad ogni altro organo che amministri la giustizia” e il “diritto alla sicurezza personale e alla protezione dello Stato contro le violenza o le sevizie da parte sia di funzionari governativi, sia di ogni individuo, gruppo o istituzione”. L’Articolo 26 della ICCPR stabilisce che “Tutti gli individui sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad una eguale tutela da parte della legge. A questo riguardo, la legge deve proibire qualsiasi discriminazione e garantire a tutti gli individui una tutela eguale ed effettiva contro ogni discriminazione, sia essa fondata sulla razza, il colore, il sesso, la lingua, la religione, l’opinione politica o qualsiasi altra opinione, l’origine nazionale o sociale, la condizione economica, la nascita o qualsiasi altra condizione.” 14La norma “chiede che le informazioni privilegiate non siano trattenute da controllori del governo e che, a parte le rivelazioni necessarie a contrastare un imminente atto di violenza o terroristico, qualsiasi rivelazione fatta agli investigatori o all’accusa debbano essere approvate da un giudice federale”. 15Il Principio 18(4) del Corpo di Principi stabilisce che: “I colloqui tra un detenuto o un prigioniero e il suo consigliere legale potrebbero avvenire entro il campo visivo, ma non uditivo, del personale incaricato del rispetto della legge”. Il Principio 8 dei Principi di Base sul Ruolo degli Avvocati afferma che: “A ogni detenuto o prigioniero saranno offerte opportunità adeguate, tempo e strutture per visite, comunicazioni e consultazioni con l’avvocato che li rappresenta, senza ritardo, intercettazioni o censure e nel rispetto della più completa riservatezza. Tali consultazioni potranno avvenire entro il campo visivo, ma non uditivo, del personale incaricato del rispetto della legge.” 16Tra i prigionieri posti sotto tali misure vi sono Philip Berrigan, un pacifista di 77 anni che sta scontando una condanna di un anno e un giorno per avere danneggiato un aereo militare – da quanto viene riferito è stato isolato dagli altri reclusi, gli sono state negate le visite e le telefonate della moglie ed è stato messo in “incommunicado” per 10 giorni; Antonio Comacho Negron, un attivista indipendente portoricano che sta scontando una condanna per rapina ad una banca, è stato tenuto in incommunicado in una unità di sicurezza per 21 giorni; Marilyn Buck, che sta scontando una condanna a 70 anni per crimini connessi al Black Liberation Army, è stata messa in segregazione, parte della quale passata in “incommunicado”; Sundiata Acoli, in prigione dal 1973, è stato messo in una unità di sicurezza l’11 settembre dove è rimasto per almeno sei settimane sempre senza la possibilità di comunicare con il suo avvocato. 17La direttiva è stata pubblicata il 31 ottobre 2001 come “Norma temporanea con richiesta di commenti” con attivazione immediata. 18La Convenzione contro la Tortura stabilisce che: “Nessuna circostanza eccezionale, sia essa lo stato di guerra, la minaccia di una guerra, l’instabilità politica interna o qualsiasi altra emergenza pubblica, può essere invocata in giustificazione della tortura” (articolo 2 ). Similmente, l’ICCPR stabilisce che non è consentita nessuna deroga all’Articolo 7, il quale vieta la tortura o altro trattamento o punizione crudele, inumano o degradante. 19L’organo internazionale di controllo che accerta la conformità agli impegni presi dagli stati firmatari della Convenzione contro la Tortura. 20Rapporto Preliminare del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America al Comitato delle Nazioni Unite contro la Tortura, sottoposto al Comitato il 15 ottobre 1999. Il rapporto afferma inoltre che: “Mentre la legge costituzionale e statutaria offre, in alcuni casi, tutele più ampie o più specifiche, la tutela del diritto alla vita, alla libertà personale, di pensiero, parola ed azione e all’integrità fisica presenti nel Quarto, Quinto e Ottavo Emendamento alla Costituzione degli Stati Uniti, offre uno standard di trattamento a livello nazionale al di sotto del quale nessuna entità governativa può andare. Il carattere costituzionale di tale tutela indica che si rivolge agli atti dei funzionari in tutti gli Stati Uniti a tutti i livelli del governo; ogni individuo gode della tutela nel rispetto della Costituzione, a prescindere dalla nazionalità e dalla cittadinanza.” (grassetto posto da AI) 21UN Doc. CAT/C/SR.297, che riferisce a proposito della aderenza di Israele alla Convenzione contro la Tortura – il Comitato ha raccomandato che gli interrogatori da parte dei funzionari di pubblica sicurezza israeliani che applicano questi metodi “cessino immediatamente”. 22L’uso di droghe è stato documentato come forma di tortura in un certo numero di paesi, inclusi Cile e ex-Unione Sovietica. Il Principio 6 del Corpo di Principi afferma che “Il termine “trattamento crudele, inumano o degradante” dovrebbe essere interpretato in modo da estendere la più vasta tutela possibile contro gli abusi, siano essi fisici o mentali...”. Tale utilizzo violerebbe inoltre gli standard che proibiscono le confessioni estorte. 23E’ stato inoltre fatto notare che, secondo giurisprudenza USA, confessioni fatte sotto l’influenza del siero della verità sono non “volontarie” e conseguentemente costituiscono prove inammissibili: vedi Osservatorio per i Diritti Umani “The Legal Prohibition Against Torture”, novembre 2001. 24Human Rights Committee General Comment 20, para 12. 25Human Rights Committee General Comment 13, para 14. 26Vedi No return to execution: The US death penalty as a barrier to extradition (Amnesty International Index: AMR 51/171/2001, November 2001). |
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