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Corsi
di lingua kurda in Turchia?-
Flash Bulten / 6 novembre’03
La
scuola di lingue di Aydin Unesi è pronta a dare il via a corsi di lingua kurda:
sei classi sono state predisposte per l’uso, i libri di testo sono stati
ordinati e 200 studenti si sono già iscritti. Ma a quasi sette mesi dalla
presentazione della richiesta di autorizzazione, le autorità turche non hanno
ancora dato il via libera necessario ad iniziare i corsi di lingua, legalizzati
l’anno scorso come richiesto dall’Unione europea. Secondo gli attivisti per la
difesa dei diritti umani, al momento nessuna scuola di lingua ha il permesso di
organizzare corsi di lingua kurda. Il ritardo mette in luce gli ostacoli
esistenti nel dare attuazione a riforme che, approvate anche da lungo tempo,
sono di fatto rimaste sulla carta o sono imprigionate nelle maglie della
burocrazia turca. Mercoledì l’Unione europea ha lodato la Turchia per “le
riforme di grande respiro che hanno interessato il sistema legale e politico” ma
ha anche invitato la Turchia ad attuarle entro dicembre 2004 quando i leaders
europei dovranno decidere circa l’apertura dei negoziati di adesione con la
Turchia. Lo scorso anno, il Parlamento ha esteso i diritti della
popolazione kurda – circa 12 milioni di persone che rappresentano un quinto
della popolazione del Paese – permettendo trasmissioni radio televisive e corsi
di lingua kurda. L’Unione europea ha evidenziato come le riforme adottate
abbiano però avuto scarsi effetti pratici. Il Primo Ministro Recep Tayyip
Erdogan, salito al potere lo scorso anno, ha fatto dell’ingresso della Turchia
nell’UE l’obiettivo principale, promettendo l’attuazione delle riforme entro la
fine del 2004. Mercoledì, il Ministro degli Esteri Abdullah Gul ha commentato le
perplessità europee, ammettendo l’esistenza di problemi e impegnandosi per una
loro soluzione. “E’ vero che ci
sono dei difetti nell’attuazione di quanto programmato ma questi verranno
superati nei prossimi mesi – ha affermato Gul – noi desideriamo per i turchi gli
stessi standard di vita offerti da Germania, Inghilterra e
Francia”.
Unesi
ha specificato che dalla presentazione, il 17 aprile scorso, della richiesta di
apertura di una scuola di lingue nel sud est del Paese, nella provincia di
Batman, ben poco è successo. “Siamo al cento per cento pronti – ha detto Unesi –
le autorità locali di Batman hanno accettato la nostra richiesta ma stiamo
ancora in attesa della risposta da Ankara”. Husnu Ondul, presidente
dell’Associazione per i Diritti Umani (Human Rights Association) ha detto che ci
sono altre otto scuole nella stessa situazione, tutte situate nel sud est del
Paese. Nessuna di queste scuole è stata in grado di iniziare regolarmente i
corsi. “E’ semplice – ha aggiunto Ondul – le riforme non sono state attuate”.
Unesi ha anche detto di aver richiesto, ai primi di quest’anno,
un’autorizzazione temporanea per un corso di due settimane di lingua kurda, ma
neppure in quell’occasione le richieste sono state prese in considerazione. Mercoledì, la scuola del sig. Unesi ha
aperto le pre-iscrizioni sperando che questo possa essere d’aiuto alla causa
della scuola. Le 200 iscrizioni arrivate finora dimostrano l’interesse
della popolazione, in particolare di studenti universitari e delle superiori.
Le Turchia è stata riluttante nel permettere sia le trasmissioni sia i
corsi di lingua kurda, temendo che questo possa dividere la popolazione secondo
l’appartenenza etnica, timore acutizzato anche dalla maggiore influenza
esercitata nell’ultimo periodo dai kurdi irakeni nel vicino Irak dopo la
fuoriuscita di Saddam, creando un precedente per i kurdi di Turchia. Dopo 15
anni di guerra, che ha lasciato sul campo 37.000 persone, e dopo la cattura del
Presidente Ocalan nel 1999, i ribelli kurdi hanno dichiarato un cessate il fuoco
unilaterale, ma ultimamente gli scontri si sono fatti più intensi. Come i
corsi di lingua, anche le trasmissioni radio televisive sono bloccate dalla
burocrazia turca.
Recentemente
la Tuchia ha anche concesso alle famiglie kurde di dare nomi kurdi ai propri
figli, proibendo però l’uso delle lettere ”x, w, q” molto in uso nella
lingua kurda. Nonostante tutto, Unesi si è detto ancora fiducioso nell’inizio
dei corsi sperando che il continuo rimandare delle autorità turche abbia presto
fine.
L’avvocatessa
del Presidente del KADEK Abdullah Ocalan, in Svizzera per una serie di incontri
ha visto il Comitato di Prevenzione della Tortura (CPT) criticando il suo non
aver intrapreso alcun passo. MHA/Ginevra,
7 novembre 2003
Aysel
Tugluk, del collegio difensivo di Abdullah Ocalan ha criticato l’Unione Europea,
il Parlamento Europeo e il CPT di essere rimasti passivi nella soluzione della
questione kurda. “Ocalan ha fermato la violenza, si è presentato molto
ragionevole e realista nei confronti della soluzione. Egli vuole che l’esistenza
dei kurdi sia rispettata, in libertà d’espressione culturale e politica e che la
Turchia diventi finalmente democratica. La Tugluk ha detto che: “Queste sono
richieste adatte all’Europa e per questo motivo sono nate, riconoscendole un
ruolo attivo nella soluzione. Però l’Europa sta facendo soltanto finta di
ascoltare e vigilare. Nonostante che gli europei ci diano ragione,
riconoscendo importanza al nostro
impegno, fare da mediatori per creare un dialogo è quello che ci aspettiamo da
essa. L’Europa deve prendere l’iniziativa per la soluzione democratica delle
questione kurda, la cui fondamentale politica deve essere quella della
trasformazione in questo contesto”.
“Posso dire, ha continuato, che si stanno sacrificando i diritti
fondamentali di un popolo per l’interesse internazionale. Se l’Europa vuole una
Turchia democratica allora deve determinare una politica per la soluzione della
questione kurda. Quelle politiche che appoggiano le forze che restano senza
proposte di soluzione, anche se indirettamente devono essere fermate. Senza una
soluzione per la questione kurda non si può portare democrazia né in Turchia, né
in Medioriente. La questione si deve affrontare da questo punto di vista. Da
parte mia propongo all’Europa di organizzare una conferenza kurda a livello
internazionale. Perché questa possa portare gradualmente alla soluzione”.
L’avvocatessa ha concluso che “l’Unione Europea può sentirsi motivata in una
politica più attiva nei confronti della Turchia, in senso di determinarne le
politiche nei confronti della questione kurda”. L’isolamento continua
pesantemente, il CPT ha il dovere, come lo stesso Ocalan chiede, analizzare
nuovamente la situazione. La Tugluk ha detto che “Il CPT deve portare a
compimento la sua missione, senza che sia necessario che noi l’incontriamo di
nuovo”. Anche se le autorità governative e la Procura si comportano con molta
serietà circa il fatto che non abbiamo più incontri con il nostro assistito, noi
spieghiamo i nostri motivi, loro accettano i difetti, ma senza avvicinarsi alla
soluzione. È passato un anno da quando l’AKP è salito al potere ha detto Tugluk
aggiungendo che “In un anno le condizioni di Ocalan sono diventate più gravi. Si
tratta di una politica che non vuole giungere alla soluzione della questione
kurda, proseguendo con i soliti atteggiamenti. Benché siano saliti al potere
impegnandosi per la democrazia, non hanno potuto determinare alcuna politica su
questa strada. Erdogan si sta dimostrando più arretrato dei governi precedenti.
Rendendo fertile il terreno per nuove operazioni
militari”.
Morti
quattro bambini e sette feriti - DIHA/Sirnak
03/11/2003
Nella
provincia Uludere (Sirnak) nel villaggio Andac, vicino alla scuola elementare a
causa dell’esplosione di un lancia granate sono morti 4 bambini e sette sono
rimasti feriti. Secondo le informazioni vicino alla scuola elementare del
villaggio di Andac, è esploso un ordigno metallico che 11 bambini hanno trovato
nei pressi della strada. Zahir Olmez (14 anni), Vabid Olmez (5 anni) e Songul
Olmez (7 anni) sono morti subito, invece la bambina Sevim Olmez (7 anni) ha
perso la sua vita mentre veniva portata in ospedale. Newroz Olmez, Zebeyde Olmez, Ferdi
Olmez, Sehriban Olmez, Emine Olmez, Gulsin Olmez e Cilek Olmez che sono rimasti
feriti sono stati portati all’ospedale militare di Sirnak.
Il
dilemma turco o una rondine non fa primavera! – Iniziativa
Internazionale/Colonia, 10 novembre 2003
Adesso
è ufficiale. La Commissione europea ha pubblicato la relazione sui progressi
fatti dai paesi candidati per entrare nell’Unione europea, tra questi c'è anche
la Turchia, che ha fatto sì progressi sulla strada per la messa in atto dei
criteri di Copenhagen, ma tuttavia in Turchia questi progressi sembrerebbero
poco visibili nella vita di ogni giorno. Di conseguenza, la Turchia viene
esortata a far seguire coi fatti le riforme annunciate. In questo si mostra la
misura del dilemma turco. Sono state sì proposti in un battibaleno cambiamenti
legislativi, che tra l'altro concedono anche ai kurdi maggiori libertà
culturali, ma nella concreta messa in atto la frenesia riformatrice ha subito
velocemente un arresto. Sia gli onnipotenti militari, come pure la burocrazia
Kemalista del Paese, sono scettici di fronte alle grandi riforme. Ciò ha come
conseguenza che le riforme effettivamente esistono solo sulla carta. La
situazione dei diritti umani continua ad essere catastrofica. Come sempre le più
semplici richieste democratiche dell'opposizione sono represse. Solo di poco si
avverte un cambiamento del modo di pensare. L’Unione europea però si limita ad
una posizione d'osservatore. La fiducia nelle dinamiche che si mettono in moto
per via evolutiva, esclusivamente a partire dai criteri di Copenhagen, quale
strumento di soluzione per tutti i problemi di un paese che deve entrare
nell’Unione, nel caso della Turchia non si realizza, ossia sfiora la realtà, ma
non diventa realtà. La questione kurda non è un problema tra i tanti. Piuttosto
è per la Turchia il problema principale. Cova ancora un conflitto, che sinora è
costato la vita a 40.000 persone e ha causato sofferenza a milioni. Manca ancora
una soluzione. La soluzione di un problema è solo possibile quando lo si
riconosce ed esplicitamente lo si nomina. Questo vale sia per le parti in causa
che per gli strateghi dell'allargamento dell’Unione europea. Nuovamente, nel
loro ultimo rapporto la Commissione Europea teme di parlarne, come se
indietreggiasse. Il suo ruolo rimane poco costruttivo. La tutela della sicurezza
e della stabilità dei confini esterni della EU non è l'esclusivo compito dei
candidati ad entrare nell’Unione. Un ruolo più attivo dell’Unione europea è
assolutamente richiesto. Particolarmente se il conflitto turco-kurdo subisce una
escalation. Nel frattempo la situazione di prigionia di Öcalan crea
tensioni tra la popolazione kurda. Spesso si arriva a scontri con le forze di
sicurezza turca in occasione di azioni di protesta. Solo nello scorso fine
settimana si sono radunati 15.000 kurdi a Van, città della Turchia orientale,
per protestare contro le condizioni di detenzione in isolamento di Abdullah
Öcalan, che proseguono da quando è stato imprigionato nel carcere sull'isola di
Imrali. Contrariamente ad ogni norma di diritto internazionale, Abdullah Öcalan
viene tenuto prigioniero sotto pesanti condizioni detentive. La sua salute è
seriamente compromessa dalla detenzione in isolamento. I crescenti scontri tra
ribelli kurdi e militari turchi indicano come sia fragile la tregua. Attualmente
è in vigore, ma il 1. dicembre finisce definitivamente, il cessate il fuoco
unilaterale dichiarato da parte kurda. Dovesse lo Stato turco non
intraprendere dei passi effettivi per la soluzione della questione kurda, una
ripresa della guerra appare molto probabile. Se la si possa evitare
affidandosi unicamente alla fiducia nell'attuazione dei criteri di Copenhagen
sembra molto dubbio.
Scontri
tra polizia e manifestanti kurdi in Turchia ISTANBUL
/ 12 Novembre 2003
Spari
in aria e gas lacrimogeni, questi i mezzi usati dalla polizia di Istanbul contro
un gruppo di 400 attivisti kurdi che manifestava per la liberazione del loro
leader Abdullah Ocalan. I manifestanti hanno risposto lanciando sassi e pietre.
Le agitazioni sono iniziate quando a un gruppo di manifestanti, molti dei quali
appartenenti al partito filo – kurdo DEHAP, è stato impedito di salire su un
autobus diretto alla vicina città di Gemlik per protestare contro il
peggioramento delle condizioni di detenzione di Ocalan. Secondo le dichiarazione
rese da una portavoce del DEHAP alcuni membri del partito sono stati arrestati e
molti sarebbero i feriti. Circa 90 gli autobus bloccati dopo il no delle
autorità allo svolgimento della manifestazione, finalizzata a chiedere al
governo di Ankara di trasferire in una prigione ordinaria Abdullah Ocalan,
detenuto in un carcere di massima sicurezza sull’isola di Imrali. Il
peggioramento delle condizioni di salute di Ocalan, causato dalle condizioni di
detenzione, è stato più volte denunciato, richiedendo anche un’ispezione della
prigione da parte del Consiglio d’Europa. Secondo gli ispettori del
Consiglio d’Europa che hanno più volte visitato Ocalan le sue condizioni sono
soddisfacenti, anche se è stata sottolineata la necessità di alleggerire la
situazione di isolamento.
AFP – Attivisti per i diritti umani
processati per gli scioperi della fame nelle prigioni turche
ANKARA
/ 12 Novembre 2003
Nove
membri di uno dei più importanti comitati per i diritti umani in Turchia sono
stati chiamati davanti al giudice a causa dei prolungati scioperi della fame
condotti da alcuni prigionieri per protestare contro la controversa riforma
penitenziaria. Gli imputati, che fanno parte della Fondazione per i Diritti
Umani in Turchia (THIV), tra i quali c’è anche il Presidente Yavuz Onen, se
considerati colpevoli, potrebbero essere rimossi dai loro posti esecutivi. Il
processo è la conseguenza di un’ispezione dalla quale sarebbero emerse donazioni
ricevute via Internet dalla Fondazione a favore degli scioperanti, in violazione
delle leggi turche. Secondo quanto dichiarato dai rappresentanti della
Fondazione, i soldi sarebbero donazioni di privati che vogliono contribuire agli
sforzi dell’organizzazione nel sostenere i prigionieri che hanno gravi problemi
di salute come conseguenza degli scioperi della fame. Secondo gli ispettori, la Fondazione
avrebbe anche preso contatti e cooperato con altre organizzazioni internazionali
per i diritti umani, in violazione delle disposizioni di legge che prevedono
l’obbligo dell’autorizzazione governativa per questo tipo di rapporti.
All’udienza di mercoledì scorso, il giudice ha rinviato il processo al 20
gennaio. Oltre alla Fondazione per i Diritti Umani, altre organizzazioni sono
sotto tiro a causa del loro ruolo
nella campagna contro le nuove prigioni in cui celle singole o per un
massimo di tre persone dovrebbero sostituire quelle che ospitano fino a 20
detenuti. Secondo molti dei detenuti che stanno protestando contro questo tipo
di prigioni porterebbe a maggiori rischi isolamento e di
maltrattamenti. Sessantasei persone sono morte a causa degli scioperi
della fame. Tredici membri di un’altra associazione di grande importanza in
Turchia, l’Associazione per i Diritti Umani, erano stati precedentemente
incriminati per le proteste e le dichiarazioni rilasciate contro le condizioni
di carcerazione, accusati di aiutare e sostenere organizzazioni criminali. Gli
imputati sono poi stati prosciolti da ogni accusa a seguito dei cambiamenti
normativi approntati dal Parlamento per adeguarsi ai livelli dei Paesi membri
dell’UE. La Turchia è infatti sotto grande pressione per l’avvicinarsi della
data di apertura dei negoziati per l’adesione, previsti per il dicembre
2004.
L’esercito
turco ha avviato contro i guerriglieri della HPG un’operazione nell’area del
monte Cudi Sirnak-
MHA 12.11.2003
Le
forze armate turche hanno avviato a Sirnak, nei pressi del monte Cudi, un’ampia
operazione contro le Forze di Difesa del Popolo (HPG). I soldati, appartenenti
al comando della divisione di Sirnak e al commissariato di zona, sono passati
con 250 mezzi militari oggi, verso mezzogiorno, verso il monte Cudi nella zona
di Avika Masiya.
L’incontro di Gemlik
ha fatto paura – Ozgur Politika, 12 novembre 2003 Bursa/Izmir/Mersin