A cura dell’Ufficio d’Informazione del Kurdistan in Italia - Via Quintino Sella 41, 00187 Roma
Tel
0642013576 / Fax. 0642013799 / uiki.onlus@tin.it /
www.kurdistan.it
C/C bancario n. 12257
intestato a UIKI-Onlus, Banca Popolare di Milano, ag. 252
“Cessa la mia
missione di pace” KurdishObserver,
6 luglio 2003
Dalle note degli avvocati di Abdullah Ocalan che lo
hanno incontrato il 2 luglio scorso.
“Cessa la mia
missione di pace. Continuerò per altri due mesi. Sarò paziente. Il resto sarà
deciso dal KADEK, dal popolo e dalla Turchia. Non do ordini a nessuno e non
prendo ordini. Ciò non è dovuto a pressioni ma alla mia posizione. Il resto
dipende da loro, responsabilmente li avverto che se inizieranno ad attaccare la
popolazione non resterà nulla dell’economia: né oleodotti, né turismo. Perché è
nella natura della guerra causare tutto ciò. Deve essere spiegato chiaramente
alla popolazione. Noi vogliamo veramente la pace. È il desiderio dei kurdi. E
credo che lo vogliano anche i turchi. Chiedo allo Stato di valutarlo con la
massima attenzione. Ho fermato l’azione del PKK ma alcuni gruppi vogliono la
guerra con insistenza. Il popolo turco dovrà capire che la pace significherà
sbarazzarsi della crisi economica.
Spero sinceramente che la pace sia stabilita. Spero
sinceramente che la pace sia stabilita ma se la guerra sarà imposta, sarà sempre
più onorevole che la capitolazione e l’umiliazione. La mia morte qui sarà una
morte onorevole. Ho fatto il mio meglio per la pace. Morire ha lo stesso valore
di vivere. Il presente processo è di estrema importanza. La pace ha ancora più
del 50% di possibilità. Spero possa prevalere.
Presento alcune proposte e aggiustamenti per la “road
map” della pace e della partecipazione democratica. Sono proposte che si
accordano con quelle presentate dal Consiglio di Presidenza del
KADEK:
1.
Modifiche legislative e
costituzionali che permettano ai kurdi di coesistere nella Repubblica
democratica secondo la loro identità;
2.
l’istruzione in kurdo deve essere
riconosciuta e il bando sulla lingua e la cultura kurda deve essere
annullato;
3.
ritorno dei rifugiati, degli
esiliati e di coloro che sono sulle montagne; amnistia per i prigionieri
politici e concessione a loro del diritto di partecipare alla vita
democratica;
4.
i diritti politici e democratici
devono essere riconosciuti e devono essere tolti i divieti alla liberta di
pensiero e di associazione. La legge sulle elezioni e sui partiti politici deve
essere democratizzata. Dovrà essere incrementata l’autorità delle
amministrazioni locali e la democrazia dovrà essere
rafforzata.
5.
dovrà essere riconosciuto il diritto
al ritorno per i profughi dei villaggi e dovranno essere prese, a tale
proposito, delle misure amministrative ed economiche;
6.
il sistema delle guardie di
villaggio e le truppe paramilitari devono essere abolite;
7.
lo sviluppo democratico, che
dovrebbe aversi seguendo queste linee, dovrà essere monitorato
scrupolosamente:
Propongo, inoltre, la creazione di due comitati separati
per lo sviluppo della “road map”. Il primo deve essere come quello sudafricano,
guidato da Desmond Tutu. Deve essere un comitato studiato e adattato alle
condizioni della Turchia. Sarà per la pace, la giustizia e la fratellanza.
Dovranno parteciparvi figure nuove: intellettuali, scrittori, artisti,
democratici.
Il secondo sarà un Comitato per la Soluzione Democratica
che dovrebbe assumere il ruolo di mediatore per la risoluzione della questione
kurda. Dovrà essere in diretto contatto con le parti e assicurare il disarmo
sulla base di una soluzione democratica. Intellettuali, rappresentanti di ONGs e
partiti politici potranno parteciparvi. La Conferenza per la risoluzione della
questione kurda, che si terrà i prossimi 5 e 6 luglio potrebbe produrre questa
soluzione. Coloro che lavorano per la piattaforma democratica potranno anche
essere membri del comitato. Dovrà essere messo alla prova, confrontarsi col
governo e col CHP. Dovrà portare la questione alla Unione europea e alle altre
organizzazioni internazionali e tentare di ottenerne il sostegno e
l’aiuto.
È fondamentale il desiderio del DEHAP di fungere da
mediatore. Non deve rinunciare, deve guidare gli sforzi per raggiungere la
mediazione summenzionata. Deve lanciare una campagna. I prossimi due mesi sono
di una estrema importanza. Ognuno dovrebbe utilizzare al meglio questo periodo.
Le forze democratiche, specialmente in Turchia, hanno una grande responsabilità
sulle loro spalle. Se lo Stato non va avanti sulla strada della mediazione
e della riconciliazione si assume
una grande responsabilità sulle sue spalle. Non c’è alcun chiaro e duraturo
cessate il fuoco. Se non accettano le nostre proposte, significherà avallare un
processo di negazione e distruzione: un processo estremamente pericoloso per
tutti. È chiaro che cercano di resistere a questo. Io non dirò mai “Facciamo la
guerra”. La mia opzione è la pace. Parlo di una madrepatria comune e di pace. Ma
la distruzione e l’annientamento sono imposti con ostinazione. Se ci sarà la
riconciliazione e il dialogo ci sarà un cessate il fuoco reciproco e più
garantito. La pace e la soluzione democratica potranno essere sviluppate.
Lancio questo appello agli intellettuali e a tutti gli
altri gruppi presenti in Turchia, tutti dovrebbero lanciarlo. La guerra non deve
essere permessa.
I due comitati dovranno lavorare relazionandosi l’uno
con l’altro. L’uno col compito di investigare e studiare, se lo posso dire in un
altro modo direi che avrebbe il compito di compiere un lavoro teorico; l’altro
avrebbe il compito di mettere in pratica, di implementare il lavoro del primo.
La “road map” per la pace sarà completata nel 2005. L’ho detto prima, per quel
periodo la gente rinchiusa nelle prigioni o che si trova sulle montagne dovrà
poter partecipare alla Repubblica democratica. Procedere con uno sviluppo
graduale è più utile per entrambe le parti. La “road map” proposta può essere
utilizzata anche in altre parti del Kurdistan. E dopo potrebbe essere sentita
come una “Road map” comune e democratica per tutti i kurdi. Ogni tipo di
nazionalismo è pericoloso. Il nazionalismo kurdo, quello arabo, quello persiano
e quello turco hanno provato a combattersi. Propongo la “road map” contro tutti
questi pericoli, per tutti i kurdi. Potrebbe essere modificata a secondo delle
caratteristiche delle diverse parti del Kurdistan. Persino Sharon ed Arafat
stanno tentando la pace dopo un tale spargimento di sangue. Perché non noi? Se
ci sarà una guerra, ci sarà una grande distruzione. Stiamo per giungere al
momento finale.
Io faccio un appello anche al popolo turco. Noi non ci
sentiamo responsabili solo verso i kurdi ma anche verso i turchi. La pace è la
salvezza per tutti. Io sfido anche gli altri paesi e dico: Kurdistan libero in
una Turchia democratica, Kurdistan libero in una Siria democratica, Kurdistan
libero in un Iraq democratico, Kurdistan libero in un Iran democratico,
Kurdistan libero in un Medio Oriente democratico”.
“Nuovo
pronunciamento della Corte europea dei diritti umani”
AFP, 11 luglio 2003
La CEDU riesaminerà la richiesta presentata dal leader
kurdo Abdullah Ocalan, che sta scontando una sentenza capitale in Turchia per
attività separatiste, ha dichiarato venerdì la Corte. In una dichiarazione, la Grande Camera della Corte di
Strasburgo, composta da 5 giudici, ha detto che rivedrà la sentenza emessa lo
scorso marzo, per quanto concerne le numerose richieste avanzate da Ocalan a
riguardo dei trattamenti subiti. (…) Il leader detenuto, che ha condotto il
fuorilegge PKK, ha depositato una richiesta alla Corte sull’illegalità del suo
arresto, le condizioni di detenzione e il processo. (…) Gli avvocati di Ocalan
si sono appellati e la Corte ha accettato di procedere a nuovo esame. La Corte
non ha ancora annunciato la data dell’udienza.
“Lo stupro
di Gullbahar Gunduz è un attacco a chiunque combatta per la libertà, per la
giustizia e la pace. Gullbahar Gunduz, della Sezione femminile del DEHAP di
Istanbul, è stata rapita, torturata e violentata, questa settimana, dalla
polizia per otto ore. Questo è un attacco deliberato alle donne, al loro
attivismo nella battaglia per la pace, per la democrazia e la giustizia in molte
parti del mondo, non solo in Turchia e Kurdistan.
Sin dal 31 marzo, ovunque vi siano kurdi sono state
intraprese delle iniziative sotto il motto: “Per la pace sociale e la
partecipazione democratica”. Lo stato turco è determinato a distruggere questa
iniziativa politica utilizzando un
metodo di lotta conosciuto come “guerra sporca”.
Anche a Diyarbakir una manifestazione delle Madri della
pace, che protestavano contro il rapimento di Gunduz, è stata duramente repressa
dalla polizia. Le donne avevano diffuso un comunicato nel quale chiedevano una
amnistia generale come precondizione per una pace generale: “il primo passo
per stabilire la pace è la dichiarazione di una amnistia generale
incondizionata. Per i nostri figli la possibilità di tornare alle loro case e
per tutti noi quella di vivere insieme e in pace. Questa amnistia deve includere
le forze del KADEK e il Presidente, Abdullah Ocalan. Le armi devono tacere una
volta per sempre. Le madri debbono essere in grado di parlare apertamente della
pace che hanno nei loro cuori”.
Condanniamo questi attacchi contro i gruppi e le
organizzazioni che stanno sostenendo una pace giusta nel Medio Oriente con tutte
le loro forze. La campagna del popolo kurdo per la pace deve essere sostenuta
dalle associazioni per i diritti umani e dalle organizzazioni pacifiste. Bisogna
sostenere le proteste contro l’uso, da parte del governo turco, di un incessante
terrore teso a distruggere il processo di pace.
Amnistia generale: milioni di firme presentate
all’Assemblea
nazionale turca
KurdishObserver, 3 luglio
2003
Nel quadro della Campagna nazionale lanciata per
promuovere una amnistia generale per tutti i prigionieri politici e gli
attivisti politici, oggi accusati di terrorismo, il DEHAP, attraverso una sua
delegazione, ha presentato all’Assemblea nazionale oltre un milione di firme. La
Delegazione del DEHAP, formata dal vice Presidente del Partito Osman Oczelik e
da altri rappresentanti dell’Assemblea del partito e delle amministrazioni
locali ha portato in parlamento oltre un milione di firme, ben prima del tempo
stabilito: “Adesso presentiamo al parlamento le firme raccolte in 116 faldoni
e 22649 pagine. Sono più di un milione ma ce ne sono altre che ci devono essere
ancora inviate. Abbiamo raggiunto il nostro obiettivo e presentiamo le nostre
firme per promuovere la pace sociale, lo sviluppo della Turchia e un’amnistia
generale.”
Ozcelik ha detto che è loro intenzione presentare la
petizione prima che il governo discuta la legge in materia, già messa in agenda.
La legge del governo prevede l’amnistia per ogni
attivista del KADEK che possa provare di non aver mai compiuto azioni armate
contro obbiettivi turchi: “ Con migliaia di attivisti coinvolti, una legge
che ne tuteli soltanto un centinaio non risolve
nulla”.
Ozcelik ha sottolineato che ci sono state decine di migliaia di persone costrette
a scappare all’estero e altre che
sono finite in prigione: “Per loro deve essere voltata
pagina”.
Oltre alle firme è stata presentata all’Assemblea
nazionale anche una lettera scritta da Ozelik nella quale, il vice Presidente
del DEHAP, evidenzia come i due principali problemi della Turchia siano la
necessità della democratizzazione e di trovare una soluzione alla questione
kurda: “Sino ad oggi la questione kurda è stata considerata un problema di
terrorismo risolvibile soltanto attraverso misure militari”.
Oszelik sottolinea come il KADEK sia una conseguenza
della soluzione creatasi e che il disarmo di questo non porterebbe come
conseguenza automatica alla risoluzione della questione
kurda.
La lettera di Oszelik chiede all’Assemblea nazionale di
soddisfare le seguenti richieste:
Ø
una amnistia generale per tutti i
prigionieri politici, i guerriglieri del KADEK e i rifugiati politici;
Ø
l’abolizione di tutte le leggi che
prevedono un qualsiasi divieto alla diffusione della lingua, della cultura e
della identità kurda e delle altre minoranze. Queste culture, identità e lingue
devono essere oggetto di tutele costituzionali;
Ø
la lingua kurda deve poter essere
liberamente utilizzata;
Ø
educazione in madre lingua: sia in
kurdo che in altre lingue diverse dal turco;
Ø
libertà di espressione del proprio
pensiero e di
associazione;
Ø
abolizione del sistema delle guardie
di villaggio e diritto dei profughi al rientro nei loro
villaggi;
Ø
rilascio dei deputati del DEP, come
già previsto dalla Corte europea dei diritti umani.
Continuano le operazioni militari turche iniziate tre
giorni fa nei distretti di Hozat e Ovacik. Si è saputo che accanto al villaggio
di Geyiksuyu ha preso posizione, con 150 veicoli miliari, la quarta brigata che
ha iniziato ad inviare i suoi uomini sulle montagne. Altri mezzi e truppe
del 51° sono state inviate nelle
campagne circostanti, artiglieria pesante è stata dislocata a Geyiksuyu e
Karaoglan.
14 militari morti nel corso di operazioni militari
KurdishObserver,
5 luglio 2003
Mentre continuano le operazioni militari in Kurdistan,
lo scorso 26 giugno si è registrato uno scontro a fuoco, tra le Forze di difesa
popolare (HPG) e le Forze militari turche nel distretto di Baskale (Van),
conclusosi con la morte di 14 soldati e il ferimento di un sergente.
Il sergente ferito è stato portato
all’ospedale militari di Van, i guerriglieri kurdi hanno detto di non aver
subito perdite. Lo scontro si inserisce in un quadro regionale che vede il
proseguimento delle operazioni militari turche nelle regioni di Dersim e del
Karacaoglan.
Continuano gli scontri nel Kurdistan turco. Le operazioni militari lanciate dalle truppe di Ankara, lo scorso 25 giugno, nella regione di Hozat e Cemisgezek si stanno allargando a tutto il territorio della provincia di Dersim. Sino ad ora si contano 5 morti tra le truppe turche, che hanno anche avuto 12 feriti e due deceduti tra le fila della guerriglia. L’operazioni militare lanciata lo scorso 5 luglio nella zona di Kazigman e Agri è ancora in corso.
Il Consiglio di
Stato bandisce il kurdo
KurdishObserver, 5 luglio
2003
Il decimo Dipartimento del Consiglio di Stato ha deciso, dietro richiesta dell’ex Direttore generale delle “Radio e Televisioni turche”- TRT- Yucel Yener, di sospendere l’applicazione del regolamento che prevedeva la possibilità di effettuare trasmissioni radio-televisive anche in kurdo. Il pronunciamento del Consiglio fa riferimento a “danni irrimediabili” che tale regolamento creerebbe, decidendone quindi la sospensione sino alla decisioni finale che dovrà essere presa sul caso. Il regolamento è entrato in vigore dopo la sua pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dello scorso 18 giugno.
Nome kurdo? Niente carta d’identità…
KurdishObserver, 5 luglio 2003
Sebbene le leggi necessarie all’ingresso
nella UE siano già in vigore e il Programma nazionale sia già stato riformato;
tre fratelli kurdi, Azad (Libertà), Bawer (Credere) e Welat (Patria), sono senza
documenti di identità che le autorità non vogliono concedere a causa dei nomi
kurdi che i tre portano. Gli unici documenti in possesso dei tre sono quelli
scolastici nei quali, invece, i nomi sono indicati. Il padre dei tre ragazzi,
Nizam Denis, si era recato all’anagrafe di Bitlis per richiedere il rilascio dei
documenti ma, quando ha comunicato i nomi dei figli, gli è stato fatto sapere
che, con quei nomi, non sarebbe stato possibile ottenere i documenti.
Nonostante le pressioni fatte anche dagli
insegnanti dei ragazzi (che hanno dai 12 ai 14 anni e che hanno bisogno delle
Carte di identità per adempiere agli obblighi scolastici) il caso sembra non
potersi risolvere: la legge, infatti, non vieta espressamente i nomi kurdi ma
quei nomi che, in qualche modo siano riconducibili a immagini di violenza o
guerriglia.
Karasu: lo scopo è quello di causare instabilità.
Kurdish Observer, 8 luglio 2003
Partecipando telefonicamente ad in programma su Medya TV
Mustafa Karasu, esponente del Consiglio di presidenza del KADEK, richiama
l’attenzione sul fatto che le unità dei corpi speciali turchi arrestate dagli
statunitensi nel Kurdistan meridionale nei giorni scorsi si trovavano lì con
l’intento di organizzare nuovi attentati volti a provocare e
destabilizzare.
“Ma i componenti delle forze speciali turche sono attivi in vari modi. Il loro scopo è quello di organizzare attentati e attacchi per poter minare il movimento di liberazione” ha detto Karasu. Richiamando l’attenzione sulla situazione presente in Turchia ha ribadito il fatto che sia conveniente porre in azione le forze democratiche in Turchia dove va praticata la nuova strategia. Karasu ha continuato dicendo che ciò potrà essere possibile soltanto tramite le forze democratiche, che insieme a quelle della sinistra devono sentirsi responsabili e credere nella democrazia come questione di unità, alleanza e fronte comune. Per questo Karasu ha ancora richiamato i democratici a sostenere questa strada “ parlano con l’Europa, con l’Iran, la Siria e gli Usa, ma non con i kurdi stessi. Mentre le loro relazioni con PUK e KDP utili a liquidare il KADEK, ma è stato dimostrato che l’approccio più ragionevole è quello indicato dal Presidente Apo”. Karasu ha infine sottolineato come alla richiesta di dialogo del KADEK non sia stata data risposta. Richiamando l’attenzione sul fatto che coloro che vogliono risolvere al questione devono essere più attivi, l’esponente del Consiglio indica che il ruolo della conferenza sulla questione kurda che si è tenuta ad Ankara sarebbe di estrema importanza e ha chiesto alle forze democratiche di farsi mediatrici. Karasu ha infatti detto che se le forze democratiche e la società fossero più insistenti la soluzione sarebbe imminente. Karasu ha anche indicato i possibili pericoli nel caso invece in cui non si trovasse una soluzione e ha dichiarato che “comprendiamo che lo Stato turco ancora non può prendere decisioni circa la soluzione della questione kurda e la democratizzazione e che le nostre richieste restano ancora in sospeso se continuano in questo modo e non trovano maniere per una soluzione democratica una guerra sarà inevitabile, vuoi o no i popoli potrebbero tornare ai propri metodi.”
Siamo ad un nuovo pericolo di guerra in Kurdistan ?
I kurdi hanno avviato ormai da 45 giorni, in ogni parte
del mondo, una grande campagna internazionale per l’amnistia generale, la pace
sociale e la soluzione democratica per comunicare la propria determinazione. Si
rivolgono all’opinione pubblica europea e internazionale, oltre che turca,
perché pronti per una soluzione democratica e per dialogare, il loro impegno è
quello di informare tutti e tutte della propria buona volontà. Ma, lo stato
turco ancora continua a non concedere risposte accettabili nemmeno a questa
campagna.
Il movimento kurdo, che da 4 anni ha avviato un cessate il fuoco unilaterale per la soluzione pacifica e democratica della questione kurda, non ha ancora ottenuto altra risposta da parte turca, che operazioni militari ed attacchi contro le manifestazioni democratiche e violenze contro le donne e contro chiunque si stia battendo per la soluzione democratica. Il governo turco dichiara e propone all’UE ed alle altre realtà interessate di voler fare dei passi in avanti per la democrazia, ma tutto questo non è altro che parole sulla carta, non è sufficiente, anzi è la dimostrazione di una mentalità sciovinista e anti-democratica, sono dichiarazioni che non corrispondono alla realtà dei fatti.
Vogliamo qui di seguito richiamare l’attenzione su
alcuni esempi che sono la più eclatante dimostrazione della situazione attuale
in Turchia. Mentre negli ultimi 4
anni, i kurdi proponevano le più diverse manifestazioni ed aperture per chiedere
pace e democrazia, da parte turca sono state perpetrate numerose azioni di
repressioni ed operazioni militari, negli ultimi tempi poi, a seguito della
caduta del regime di Saddam, il tenore di tali operazioni si è notevolmente
innalzato. Questo fatto ci preoccupa molto. Per esempio i paramilitari turchi
appropriandosi delle uniformi dei guerriglieri si presentano nei villaggi e
attaccano i civili, come è successo negli ultimi giorni a Bingol. Con lo stesso
metodo bloccano i convogli sulle strade di villaggio come è stato a Dersim,
requisendo soldi e beni preziosi dalla gente, spacciandosi proprio per
guerriglieri kurdi. Un altro esempio, sono stati anche gli attacchi ai villaggi
del Kurdistan meridionale, fatti sempre abusando delle uniformi kurde, un caso
molto importante e grave si è svolto ad Amedie. Infine, a Suleymania dove i
piani degli ufficiali turchi sono quelli di attentare alla vita dei membri del
Consiglio di presidenza del KADEK (si tratta di quegli ufficiali che i militari
americani hanno arrestato il 4 luglio scorso!). Mentre, giovani kurdi e kurdo,
che hanno voluto dimostrare per la pace sociale ad Ankara, sono stati arrestati,
uno di loro è stato legato e trascinato da un mezzo blindato. Senza dimenticare
poi Gulbahar Gunduz, esponente della sezione femminile del Dehap che è stata
aggredita, rapita e violentata da 4 poliziotti ad Istanbul. Vogliono imporre una
nuova legge, non per porre le basi di una democrazia, ma per il pentimento.
Inaccettabili, così sono le risposte che negli ultimi mesi la parte turca sta
offrendo ai kurdi.
Queste attività del governo turco sono provocazioni per
una nuova guerra in Kurdistan. La
questione kurda sta giungendo ad un livello di alta sensibilità, è molto
importante fare qualcosa contro tutto questo, se vogliamo impedire una nuova
guerra.