Del
Mondo Kurdo,
anno 2 numero 15
A
cura dell’Ufficio d’Informazione del Kurdistan in Italia UIKI – Onlus, Via
Quintino Sella 41, 00187 Roma
Tel
0642013576 / Fax. 0642013799 /Email: uiki.onlus@tin.it / www.kurdistan.it
c/c
bancario n. 12257 intestato a UIKI –
Onlus, Banca Popolare di Milano, ag. 252 - Roma
La comunità kurda
in Italia: “LA GUERRA NON è
UNA SOLUZIONE PER L’UMANITà”
Una giornata come quella del 10 dicembre, la giornata mondiale per i
diritti umani è per il popolo kurdo molto importante e piena di significato. Il
popolo kurdo è il più grande popolo al mondo i cui diritti non sono riconosciuti
e soprattutto sono da sempre violati. Noi kurdi veniamo da una terra martoriata,
nella quale giustizia e libertà non sono riconosciute, insieme ad ogni più
fondamentale diritto umano. Una società che non riconosce i diritti umani alle
persone, è una società senza diritti. (…) In questo giorno importante per la
coscienza dell’umanità, come popolo siamo convinti che non è con la guerra che
si risolvono le questioni dei popoli. L’avanguardia per i diritti, la
libertà e la dignità del popolo kurdo rappresentata dal presidente Abdullah
Ocalan, che ha spinto il movimento kurdo ad avviarsi su un cammino verso la
stabilità e la pace dell’area, si trova attualmente imprigionato in condizioni
di isolamento, con lo scopo di annientarne la dignità e l’esistenza stessa, a
simbolo dell’eliminazione di un popolo tutto. Già l’istituzione del carcere di
Tipo F rappresenta in Turchia una ferita sanguinante della coscienza
dell’umanità, cambiarla significa sviluppare condizioni sociali e culturali di
vita più adeguate, ancor di più in un paese che si avvicina e si sente già parte
dell’Europa. (…) La libertà del Presidente Ocalan e di tutti i detenuti
politici, un’amnistia generale e una riforma legislativa, affinché gli ex
detenuti possano attivamente prendere parte alla vita sociale e politica del
paese, sono le nostre richieste più urgenti. Sono quei passi fondamentali per il
proseguimento del cammino per la soluzione pacifica e politica della questione
kurda, che da parte nostra esigiamo dal nuovo governo turco. Dove non vengono
rispettati i diritti umani, non può esserci democrazia. (…) Per questo nella
giornata celebrativa dei diritti umani il popolo kurdo, insieme agli altri che
come noi vogliono dimostrare democraticamente le proprie istanze, gridiamo la
nostra contrarietà ad ogni guerra e specialmente alla prossima guerra contro
l’Iraq. Chiamiamo i democratici e i pacifisti italiani a dimostrarsi sensibili e
vicini al popolo kurdo in un momento di cambiamento e di speranza per la
soluzione politica e pacifica della questione kurda, perché i diritti violati
dei kurdi e delle kurde nel mondo sono i diritti violati dell’umanità. In un
mondo senza diritti umani non c’è posto per
l’umanità.
Turchia: il
programma riformista del nuovo governo turco Europa, democratizzazione e
sviluppo economico le priorità. – ANSA, 28 novembre 2002
L’accelerazione del processo di democratizzazione atto ad adeguare le
norme e le realtà turche ai criteri di Copenhagen (posti dall’Unione europea per
l’adesione della Turchia) e una politica liberista di mercato e privatizzazioni
per il superamento della crisi economica sono le massime priorità contenute nel
programma del nuovo governo monocolore AKP turco, presieduto da Abdullah Gul,
che oggi ha ricevuto la fiducia sulla base di questo programma. (…) Il programma
del governo prevede la formulazione di una nuova costituzione (in sostituzione
di quella attuale approvata nel 1982 sotto l’influenza dei militari nel 1982,
ndr) che sia “più pluralista, liberale e partecipativa” in accordo con gli
standard internazionali e basata sui diritti umani e le libertà fondamentali.
“Noi vogliamo stabilire garanzie costituzionali per tutte le libertà politiche e
civili e in particolare quelle di pensiero, di credo religioso, di educazione,
di associazione, di proprietà e d’impresa” – ha detto Gul presentando al
Parlamento il programma del suo governo. Senonché, nonostante l’impostazione
dichiaratamente liberale, questo progetto di nuova costituzione non ha mancato
di suscitare apprensione nel partito di opposizione, che teme che il partito di
radici islamiche Akp dissimuli, dietro l’affermazione delle libertà
fondamentali, l’intenzione di ridurre le restrizioni all’Islam politico e la
laicità dello stato. “Non agite contro il secolarismo direttamente o
indirettamente” ha avvertito il leader dell’opposizione Deniz Baykal, mentre il
premier Gul ha negato ancora una volta che il suo governo abbia “una strategia
nascosta”.
Turchia: dopo 15
anni abolito completamente lo stato d’emergenza, finisce oggi anche a Diyarbakir
e Sirnak.
–
Ansa, 30 novembre 2002
Da oggi cessa del tutto lo stato d’emergenza che fu istituito 15 anni fa
come risposta alla guerriglia kurda del PKK, in 13 province sud-orientali della
Turchia e che poi è stato gradualmente abolito. Oggi infatti esso viene abolito
anche nelle due ultime province residue, quelle di Diyarbakir e Sirnak, dove è
fin’ora stato in vigore. La fine dello stato d’emergenza per il 30 novembre fu
annunciata già nell’estate scorsa dal Consiglio nazionale di sicurezza, che lo
promulgò “per l’ultima volta” a Diyarbakir e Sirnak fino alla data
odierna.
“Reclamiamo i
diritti per il nostro leader ed il popolo kurdo” – KurdishObserver, 8
dicembre 2002
Partecipando ad una trasmissione su MedyaTV Murat Karaylan del consiglio presidenziale del KADEK ha enfatizzato la necessità da parte kurda di far sentire la propria voce contro le politiche applicate nei confronti del Presidente Ocalan ed ha commentato anche altre questioni. “Siamo un popolo organizzato e dobbiamo organizzarci ancora di più e combattere contro ogni politica di declino attraverso azioni legittime. Dobbiamo reclamare i diritti per il nostro leader e per noi stessi con delle mobilitazioni. Lo stato sta cercando di far emergere nuovi concetti attraverso l’AKP. E l’AKP ha dato luce verde. Questo porterà a nuovi pericoli. Siamo nel corso di un nuovo e storico processo, che coinvolge a pieno la lotta kurda” ha detto Karaylan. Inoltre ha dichiarato che si sta cercando di accrescere lo status riconosciuto alla Turchia con l’operazione in Iraq. Sottolineando il fatto che esistono accordi segreti e politiche nascoste implicate alle operazioni, Karaylan ha continuato dicendo che “vogliamo avvertire lo stato e il governo, come anche gli USA. Gli USA vogliono la firme di certi accordi per l’intervento. Va capito bene che i kurdi non saranno ingannati ancora una volta. Nessuno può parlare di stabilità in una parte del Kurdistan senza che la questione kurda venga risolta”. Indicando al nuovo processo avviatosi con le elezioni del 3 novembre, Karaylan ha richiamato l’attenzione sui seguenti temi: “la Turchia ha un gran numero di gravi problemi. La crisi economica non è la sola questione. Ci sono le bande, i villaggi bruciati, le uccisioni da parte di ignoti e altro, il governo non si è espresso su nessuno di questi. Il problema fondamentale e la mancanza di una soluzione alla questione kurda. Finché non la si risolverà non potranno essere risolte le altre”.
“Una campagna di
azioni democratiche dal KADEK” – KurdishObserver, 9 dicembre 2002
Il Congresso per la libertà e la democrazia del Kurdistan (KADEK) ha
annunciato in un comunicato di voler lanciare una campagna per reclamare e
difendere i diritti del presidente Apo. La campagna che durerà fino al 15
febbraio 2003 ha il fine di mettere in moto e convogliare le forze della
serhildan. (…) Si è poi accennato alla situazione politica attuale
sottolineando che la trasformazione democratica è inevitabile per i paesi che
dominano il Kurdistan. Il KADEK ha continuato sostenendo che: “i regimi che si
sono succeduti in Turchia non sono stati d’aiuto a risolvere i problemi.
Nonostante le imposizioni delle dinamiche interne ed esterne essi non hanno
avuto la capacità di risolverli. È possibile vedere la spossatezza dei regimi
turchi. Gli sforzi delle società di trovare una soluzione aumentano e la
determinazione per un cambiamento democratico si rafforza. Le ultime elezioni in
Turchia ne sono state espressione”. Il KADEK ha anche aggiunto che “un possibile
intervento in Iraq accelera tali sviluppi. Il cambiamento democratico è inteso
sia come un modo di evitare la guerra che per limitarne i danni. Non ci sono più
possibilità nell’insistere sulle vecchie modalità. Insistere sui regimi
esistenti significa portare al disastro. L’unico modo di evitare il disastro è
la trasformazione e il cambiamento democratico. E un cambiamento in Turchia
avrebbe effetto anche in Iran, Iraq e Siria”.
“I kurdi iracheni hanno paura di un nuovo
genocidio” – BBC,
10 dicembre 2002 di Hiwa Osman
Mentre viaggiavamo attraverso la pianura dorata a nord della città di Mosul, Farhan Sharafani ha indicato la linea del fronte dove i cannoni e i panzer dell’esercito iracheno sono disposti verso l’area. “Sono solo a 10 minuti di distanza da qui. La nostra gente è molto nervosa” ha detto Farhan “ma non possiamo farci niente”. Farhan è il capo del clan Sharafani che conta circa 20mila persone e controlla circa 50 villaggi intorno al confine turco. Ad Erbil, la capitale della regione kurda, Farhan rappresenta la sua area nel primo parlamento che i kurdi abbiano mai avuto. Attualmente sta discutendo una proposta di federalismo, attraverso la quale i kurdi potrebbero ottenere il controllo della loro proprio regione in Iraq. I kurdi in Iraq stanno beneficiando di un momento di autodeterminazione senza precedenti nella loro regione che è fuori dal controllo di Baghdad dal 1991. Adesso sperano per un Iraq senza Saddam, federale e democratico. Visto che la guerra tra Baghdad e Washington sembra sempre più vicina, le prospettive di un dopo Saddam si fanno sempre più reali. (…) I kurdi sembrano essere pronti e sostenere l’intervento militare contro Saddam. La loro unica preoccupazione è che Saddam Hussein possa ancora una volta far uso delle armi chimiche contro di loro. Due tipi di persone è difficile trovare oggi nell’area kurda: qualcuno che si opponga all’intervento militare e qualcuno che non abbia maschere o qualsiasi altra forma di protezione contro gas o armi chimiche. Mentre da una parte le memorie dell’attacco chimico sono ancora vivide nelle loro menti, i kurdi sono estremamente ansiosi circa quanto potrebbe andare storto durante e dopo l’attacco statunitense. I leader kurdi dicono di essere consapevoli dei rischi e che non vogliono fare nulla senza calcolarne bene i rischi. “Posso solo sperare che la comunità internazionale non vorrà lasciare i kurdi indifesi di fronte ad un nuovo genocidio”, ha detto Barham Salih, Primo ministro del governo a conduzione del PUK di Sulaymania. “Sarebbe indicibile e indimenticabile per il mondo lasciare la tirannia accanirsi su questa popolazione indifesa, soprattutto dopo tutto quanto è successo e dopo tutti gli sforzi per cercare di ritornare alla vita” ha aggiunto.
Ancora violati i
diritti di Ocalan –
KurdishObserver, 10 dicembre 2002
Aysel Tugluk, una delle avvocatesse del collegio difensivo del Presidente
Abdullah Ocalan, ha dichiarato che
egli non ha la possibilità di godere dei propri diritti e l’avvocatessa ritiene
che le nuove leggi li limiteranno ancora. La Tugluk ha sottolineato il fatto che
“ad Imrali sussistono delle regolamentazioni speciali. Il comando dell’isola è
in mano di un’autorità straordinaria, la quale può prendere decisioni che non si
riferiscono ad alcuna legge. Ocalan non potrà godere dei diritti che le leggi
riconoscono. Per motivi di sicurezza tutti i suoi diritti sono limitati”.
“L’autorità – ha continuato - che può prendere ogni decisione è nelle mani dei
militari. Il Procuratore di Bursa per esempio aveva concesso alla famiglia
visite aperte in occasione delle feste e delle giornate speciali, ma il comando
dell’isola ha cancellato tale permesso. Crediamo che anche le recenti nuove
leggi verranno ancora una volta ostacolate. In poche parole, non abbiamo
speranza”.
Gli Stati Uniti
inseriscono il KADEK nella lista del terrore – Turkish Daily News/ AF/ US Federal Register, 11 dicembre
2002
L’illegale Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) che ha cambiato il
suo nome, resterà nella lista delle organizzazioni terroristiche del
Dipartimento di Stato americano e ogni fonte di finanziamento dello stesso negli
Stati Uniti verrà congelata, ha dichiarato il Dipartimento di Stato. Gli USA
hanno anche esteso alcune sanzioni finanziarie contro il KADEK comprese le fonti
di finanziamento di quanto ad esso collegato, secondo quanto riferito dal
Federal Register. (…) il dipartimento ha agito il giorno prima della visita del
leader del partito vincente alle elezioni, Recep Tayyip Erdogan, per incontrare
la consigliera per la sicurezza nazionale del Presidente Gorge Bush, Condoleezza
Rice.
“La Turchia schiera
migliaia di truppe al confine con l’Iraq” – World Tribune, 11/12/02
La Turchia ha trasferito unità aggiuntive alle sue truppe schierate al
confine iracheno. Secondo fonti turche migliaia fra forze paramilitari e
militari sono state schierate al confine con l’Iraq nel fine settimana. Le fonti
turche dicono che i preparativi militari hanno portato ad un clima di tensione
con il nuovo governo filo-islamico del Primo ministro Abdullah Gul. Inoltre
hanno dichiarato che ufficiali sia civili che militari si sono espressi con
disappunto per la linea politica espressa da Ankara in occasione della visita
del vice segretario alla difesa americano Paul Wolfowitz in Turchia la scorsa
settimana. Ad un certo punto infatti il Capo di stato maggiore Yasar Buyukanit
ha messo in discussione una dichiarazione del Ministro degli esteri Yasar Yakis
circa l’uso della basi aeree turche per gli aerei da guerra
americani.
Turchia: annullate le elezioni a Siirt, forse chance per Erdogan, ma
per essere eleggibile occorre emendamento costituzionale – ANSA, 2
dicembre 2002
Le recenti elezioni nella città di Siirt sono state annullate, e ciò
potrebbe costituire una chance per il presidente del partito AKP, Tayyip
Erdogan, che vi si potrebbe presentare per essere eletto deputato e diventare,
quindi, primo ministro. Sempre se, nel frattempo, sarà venuta meno, con un
emendamento costituzionale, l’ineleggibilità che gli ha impedito
l’elezione il 3 novembre scorso. “Prenderemo una decisione dopo aver valutato la
questione nei nostri organismi dirigenti” – ha dichiarato lo stesso Erdogan dopo
l’annullamento delle elezioni da parte dell’Alto Consiglio Elettorale che ha
riscontrato “mancanze nelle procedure elettorali”, in seguito alla rottura delle
urne da parte di alcune persone. A
Siirt è risultato primo il partito Dehap, sotto la cui sigla si presentava il
partito filo-kurdo Hadep. Si tratta della prima volta che un’elezione viene
annullata in Turchia dalla fine del regime militare 1980-1982. Al fine di
rendere Erdogan eleggibile, occorrerebbe, tuttavia, modificare l’art.76 della
Costituzione che stabilisce l’ineleggibilità come pena accessoria per alcuni
reati ideologici contro lo stato, come l’istigazione all’odio religioso, il
reato per il quale Erdogan fu condannato nel 1998. Il partito di Erdogan, Akp,
ha in parlamento 363 seggi e servono 367 voti per approvare un emendamento
costituzionale, superando un eventuale veto presidenziale. Le nuove votazioni a
Siirt si svolgerebbero – secondo l’agenzia Anadolu – il 2 febbraio 2003. Erdgan
non ha mai nascosto il proposito di normalizzare la sua posizione e di divenire
al più presto primo ministro, che per l’art. 109 della costituzione deve essere
un deputato, eventualmente anche modificando quest’ultima norma. L’unico partito
d’opposizione, il CHP, si è già detto favorevole a che Erdogan diventi primo
ministro.
Critica di Kurdish
Human Rights Project all’UE – dal suo comunicato stampa del
12/12/02
“Il Kurdish Human Rights Project chiede al vertice di Copenhagen dei rappresentanti dell’Unione Europea di non sottomettersi ad irrilevanti ed ingiuste pressioni politiche esterne e di considerare con attenzione se le riforme della Turchia siano o no provate e fondate a garanzia di una definizione certa della data di inizio dei negoziati. Offrire concessioni per un lavoro che non è ancora stato effettuato, metterebbe in pericolo, invece che accelerare, quel totale e reale bisogno di riforme per il rispetto dei diritti umani in Turchia. Abbiamo speranza che concessioni del genere siano elargite soltanto per merito.”