I LORO CARABINIERI E LE NOSTRE ZUCCHE.
Analisi della dinamica che ha portato agli arresti contro il
movimento. REDS. 19/11/2002
GLI ARRESTI
All'alba del 15 sulla base dell'ordinanza firmata dalla procura
di
Cosenza, 42 persone sono state raggiunte da
procedimento
giudiziario, 11 tra queste venivano
trasferite nel carcere di
massima sicurezza di Trani.
L'iniziativa vuole colpire la "Rete
meridionale del Sud
ribelle", contenitore negli ultimi tre anni di
tanti
incontri e assemblee di gruppi e associazioni del Meridione
per preparare le giornate di Napoli, Genova e Firenze. I
magistrati contestano una serie di reati tra i quali il
270/bis del
codice penale, che riguarda le
"associazioni con finalita' di
terrorismo e di
eversione dell'ordine democratico". Altri capi di
imputazione: la "cospirazione politica mediante associazione al
fine di turbare l'esercizio di governo" e la "propaganda tesa
a
sovvertire violentemente l'ordine economico".
L'ordinanza e'
stata emessa a seguito di indagini
durate un anno e mezzo con
pedinamenti, filmati ed
intercettazioni (tra le quali quelle di
60.000
e-mail).
CON ORTAGGI E VERDURA FAREMO LA LOTTA SEMPRE PIU'
DURA
L'ordinanza (359 pagine) non solo non poggia su alcuna
prova,
ma anche il castello indiziario e' di una
poverta' sconcertante. La
cospirazione politica e' un
reato "del codice fascista del 1930 al
fine
d'anticipare il momento della punibilita' di quei reati, che se
davvero commessi, avrebbero potuto minacciare la stabilita' e gli
interessi del regime autoritario. E' un reato che permette
di
liquidare, come ha fatto in un lontano passato,
sindacati, partiti,
ogni forma di libera associazione.
La natura di quel reato ha un
vantaggio che i
magistrati di Cosenza non disperdono: puo'
essere
contestato senza che un delitto, una violenza,
un'aggressione o attentato sia commesso, senza che ne siano
dimostrate con qualche decente fonte di prova le
responsabilita'.
Il giudice di Cosenza brandisce il
senso autoritario di quella
norma come un'arma. Nella
cospirazione politica mediante
associazione, scrive, e'
sufficiente che il 'pericolo' sia 'presunto'.
Quel
reato 'non esige ne' un numero di adepti determinato, ne' la
consistenza di mezzi idonei alla realizzazione dei fini, ne'
concreto pericolo per lo Stato essendo il pericolo presunto...
la
costituzione dell'associazione'." (D'Avanzo, La
Repubblica, 16
novembre).
Gli indizi sono, a tratti, esilaranti. In una delle
telefonate
intercettate Anna Curcio, tra gli arrestati,
racconta che a Genova
lavorera' "a un progetto di
comunicazione con delle radio
indipendenti che
trasmetteranno in rete sul sito
www.radiogap.net", ed
ecco la grande intuizione del magistrato:
"Gap, come la
formazione eversiva ideata da Giangiacomo
Feltrinelli
[30 anni fa, NdR] che operava per propagandare in
Italia e in Europa, i fondamenti strategici e i principi
organizzativi
della guerriglia urbana. Il ricorso a
tale sigla per denominare la
radio operante a Genova
durante il G8, non puo' essere casuale,
ma voluto da
persone ben informate sui trascorsi eversivi e che
accarezzano l'idea di sfruttare la forma 'anomica' del movimento
antiglobalizzazione per riattualizzare la lotta armata
storicamente
fallita".
Nell'ordinanza si trovano prove "schiaccianti" del
seguente
tenore: durante la manifestazione del 17
febbraio 2001 a Napoli
i carabinieri rilevano la
presenza di "Caruso Francesco" in un
filmato dove
e' udibile lo slogan "Che puzza, che puzza" scandito
dai manifestanti a pochi centimetri dal volto dei carabinieri, in
altri fotogrammi invece si sentono slogan ancora piu'
minacciosi
"con ortaggi e verdura faremo la lotta
sempre piu' dura", poi
l'appello ai "compagni del
servizio d'ordine" di farsi avanti "armati
di carciofi
e scolapasta", con inviti ai poliziotti e ai carabinieri del
tipo "mangiatevi un poco di sedano", mentre si riferisce che
Lidia Azzarita, altra arrestata, "da una attenta
visione, mantiene
sulla testa una grossa zucca" mentre
in un altro fotogramma
"essa pone provocatoriamente la
citata zucca sul casco
indossato da un poliziotto
schierato nel blocco, nonostante
questi tenti di
spostare la testa per evitare l'oltraggio".
LA MECCANICA DELL'OFFENSIVA
Sino ad oggi la ricostruzione piu' attendibile di questo
sconclusionato (ma non per questo meno pericoloso) attacco
al
movimento e' quella scritta dal sempre ben informato
Giuseppe
D'Avanzo ("Gli arresti dei noglobal e il
teorema dei ROS" su La
Repubblica del 16), che, come si
leggera', non parte certo da un
preconcetto favorevole
al movimento. Nei giorni seguenti molti,
pur senza
citarlo (tra questi anche il Corriere della Sera), faranno
riferimento al suo pezzo. Scrive:
"Accade che il Raggruppamento Operazioni Speciali (Ros)
dell'Arma dei Carabinieri si convinca che dietro i disordini
di
Napoli (7 maggio 2001) e di Genova (21 luglio 2002)
non ci sia
soltanto il distruttivo, nichilistico furore
di casseur europei o il
violento spontaneismo delle
teste matte (e confuse) di casa
nostra, ma addirittura
un'associazione sovversiva. Concepita
l'ipotesi, gli
investigatori dell'Arma intercettano, spiano,
osservano, pedinano. In assenza di contraddittorio,
s'acconciano come vogliono cose, frasi, dialoghi, eventi, luoghi
edificando una conveniente e coerente cabala induttiva
[…].
Organizzato il quadro, occorre ora trovare un
pubblico ministero
che lo prenda sul serio. Alti
ufficiali del Ros consegnano il
dossier, rilegato in
nero, di 980 pagine piu' 47 di indici e
conclusioni ai
pubblici ministeri di Genova. Che lo leggono e
concludono che 'quel lavoro e' del tutto inutilizzabile'. Gli
investigatori dell'Arma non sono tipi che si scoraggiano.
Provano
a Torino. Stesso risultato: 'Questa roba non
serve a niente'. Il
dossier viene allora presentano ai
pubblici ministeri di Napoli.
L'esito non e' diverso:
il dossier, da un punto di vista penale, e'
aria
fritta. Finalmente gli ufficiali del Ros rintracciano a Cosenza
il pubblico ministero Domenico Fiordalisi. Fiordalisi si convince
delle buone ragioni dell'Arma dei Carabinieri. […] C'e' la
struttura
d'eccellenza investigativa dei carabinieri
che cerca, per mesi,
con ostinazione in giro per
l'Italia, e nonostante i rifiuti, una
procura che dia
credito a un lavoro mediocre e opaco. Perche'?
Ci sono
due magistrati che rianimano un paio di reati del codice
fascista, per loro ammissione 'di difficile, concreta
applicazione',
al fine di sostenere quell'impianto
accusatorio degno della
polizia politica degli Anni
'30."