----- Original Message ----- From: lop1912@iperbole.bologna.it To: noocse-bo@yahoogroups.com Sent: Tuesday, August 27, 2002 4:30 PM Subject: [noocse-bo] sulla natura del regime in Italia
Dal 13 maggio 2001 l'opposizione contro il governo in Italia è stata massiccia, costante, ampia, ma sostanzialmente inefficace dal punto di vista dei risultati.I social forum hanno saputo organizzare un'area sociale vasta ed eterogenea, la CGIL ha aperto una battaglia per i diritti del lavoro, e un ampio fronte legalista ha chiamato i democratici a resistere contro la criminalità mafiosa che si é impadronita della macchina legislativa. Ma il governo non ha mostrato nessuna disponibilità alla mediazione per la semplice ragione che non si fonda sul consenso ma sull'imposizione pura e semplice. Pur non avendo la maggioranza dell'elettorato il centrodestra dispone, grazie a una legge maggioritaria sciagurata e antidemocratica, di uno strapotere parlamentare, e lo usa senza mediazioni. Che si deve fare in questa situazione?
Due tesi a proposito del governo di destra in Italia
Fino a questo momento le forze di opposizione divergono su un punto decisivo che riguarda la natura del regime. Coloro che hanno sempre rifiutato radicalmente le politiche liberiste pensano che in fondo il governo Berlusconi non rappresenta una novità sostanziale: le politiche sociali che esso persegue vanno nella stessa direzione in cui andavano le politiche sociali del governo D'Alema e del governo Amato. Da tempo si è realizzata una sostanziale convergenza tra tutte le forze politiche su un punto essenziale: il principio capitalistico della competitività è l'unico criterio di decisione, e l'efficienza capitalistica gode di un primato sui bisogni della società. D'altronde la legge razzista che porta la firma di Bossi e di Fini non fa che perfezionare e rendere esplicite alcune delle linee già contenute nella legge Turco-Napolitano (a cominciare con la discriminazione razziale implicita nella creazione nei centri di detenzione provvisoria). L'impudente legge sul conflitto di interessi che legittima lo strapotere monopolistico non fa che continuare l'inazione del governo di centro-sinistra su questo punto. E potremmo andare avanti. Molti pensano invece che questo governo rappresenti una novità radicale, perché esso manifesta una sistematica violazione della legalità repubblicana, una offesa intollerabile contro le basi della democrazia, contro il buon senso e contro la buona educazione. E' difficile negare che costoro abbiano qualche ragione. Increduli di fronte alla arroganza antidemocratica e all'occupazione di ogni spazio istituzionale, i democratici che fino a un anno fa si identificavano più o meno felicemente con il centro-sinistra si rendono conto ora che l'inerzia dimostrata dai loro partiti (a cominciare con il partito DS, anemica reincarnazione dell'apparato stalinista) è colpevole per lo meno di omissione e forse anche di complicità. Questa parte dell'opinione pubblica, che si è manifestata nel movimento civile dei girotondi, nella protesta legalitaria contro la corruzione e che oggi in gran parte si batte contro la cancellazione dell'articolo 18, vede in questo regime una rottura radicale con la storia politica precedente, e riesce a spiegare questo regime soltanto ricorrendo a concetti come "fascismo" o come "mafia".
Io penso che ci sia un errore, non solamente concettuale, ma politico, sia nella posizione dei primi, i coerenti antiliberisti di sempre, sia nella posizione dei secondi, che hanno bisogno di vedere rinascere il fascismo o spadroneggiare la mafia, per opporsi ad un regime antisociale. E' innegabile che l'operato legislativo e lo stile quotidiano del ceto politico che oggi governa contiene elementi culturali che non si possono definire altrimenti che mafiosi. E non c'é dubbio che nella formazione culturale del ceto governativo esistano tracce consistenti di fascismo . Ma definire perciò il regime come mafioso o come fascista non è tanto illegittimo (si può fare, senza allontanarsi dalla verità), ma è soprattutto inefficace. In questo modo non cogliamo l'essenziale della fase presente, nel contesto politico, militare ed economico internazionale. Da questo contesto dobbiamo partire se vogliamo capire come mai il governo Berlusconi, a differenza di quanto accadde nel 1994, sembra resistere a un'opposizione sociale costante e massiccia, e probabilmente resisterà con le unghie e coi denti a costo di scatenare una guerra civile della quale cominciamo ormai a vedere i prodromi. Questo governo contiene elementi culturali di fascismo e di mafia, non c'è dubbio. L'uomo che lo presiede ha fondato il suo potere economico sui soldi della mafia, l'entourage della presidenza del consiglio è formato da uomini che hanno ricavato il loro potere dall'esercizio sistematico dell'illegalità economica.
Ma la specificità di questo governo consiste nel fatto che esso si inserisce in una fase che porta a coronamento venticinque anni di devastazione liberista della società a livello mondiale. Non possiamo capire quello che sta succedendo in Italia se non teniamo conto del carattere della Presidenza Bush negli USA, se non teniamo conto del fatto che la devastazione liberista ha corroso i fondamenti della vita sociale, economica, dell'ambiente fisico e dell'ambiente mentale a un punto tale che solo il terrorismo e la guerra possono permettere al ceto liberista di mantenere il proprio potere. La presidenza Bush non è la continuazione pura e semplice del liberismo che ha governato gli USA dai giorni di Reagan a quelli di Clinton (con tentativi di rettifica nella prima presidenza Clinton, poi rientrati). Ma non è neppure qualcosa di radicalmente nuovo. La presidenza Bush nasce per procedere nella stessa direzione in cui si erano mosse le politiche liberiste degli ultimi venticinque anni (spostamento costante del reddito dalle classi lavoratrici verso le classi proprietarie, concentrazione monopolistica a dispetto della retorica sul libero mercato, deregulation sistematica e devastazione delle difese che la società aveva costruito contro l'aggressività del grande capitale). Ma questa presidenza assume i caratteri di una dittatura (fin dall'inizio, fin da quando il texano si è impadronito di una vittoria che probabilmente non aveva ottenuto, nella Florida in cui il fratello governatore poteva coprire ogni tipo di brogli). Bush prese il potere con il compito di gestire la crisi verticale dell'economia liberista-globalista, salvandone le linee sociali, accentuando l'aggressività economica, a costo di abbandonare (almeno temporaneamente) il globalismo che aveva caratterizzato il decennio novanta.
Nell'imminenza del crollo di fiducia degli investitori privati, il capitalismo americano ha incaricato un gruppo di manigoldi (guidati da un petroliere ignorante) di riconvertire l'economia verso la guerra. L'11 settembre è stato il cacio sui maccheroni: il vecchio amico di famiglia Bin Laden ha fatto ciò di cui c'era bisogno per imprimere la svolta militarista e nazionalista di cui il capitalismo mondiale aveva bisogno. Al globalismo del decennio precedente succede una forma che io chiamerei Nazional-Liberista. La continuità liberista (spostamento del reddito verso le classi ricche, monopolio e soffocamento del libero mercato, distruzione delle regole di protezione della società) si sposa con la rottura del globalismo e con l'emergere di una forma di militarismo nazionalista. Solo entro questo contesto possiamo capire la natura del regime che si è installato in Italia. Questo regime continua nelle linee essenziali il liberismo dei decenni precedenti, ma introduce un elemento guerrafondaio che in Italia ha i connotati del fascismo e della mafia.
Perciò possiamo dire che hanno ragione sia gli antiliberisti di sempre, sia i democratici che fino a un anno fa consideravano il neoliberismo come una naturale evoluzione della modernità. Il problema, adesso, non è rimproverare ai primi di non rendersi conto del pericolo antidemocratico implicito nel governo Berlusconi o rimproverare ai secondi le loro passate complicità con il liberismo che ha prodotto qusto disastro. Il problema è capire come si può uscire vivi da questa congiuntura, e come si può distruggere sia la dittatura nazional-liberista mondiale sia la sua forma specifica italiana.
La mia opinione è che non esiste nessuna possibilità di uscirne vivi né di rompere questo dominio, se non siamo capaci di puntare sulle contraddizioni interne a questo modello. La dittatura naziliberista dispone di un dominio illimitato e monopolistico sul sistema militare, sul sistema mediatico, e sul sistema economico. Come è possibile pensare di batterlo, se non ci sono crepe al suo interno? Ma le crepe ci sono. Nostro compito è fare in modo che queste crepe divengano un crepaccio, un burrone nel quale scaraventare l'attuale ceto dirigente, nella speranza che si faccia molto male.
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