Contro la legge del pentimento e la nuova politica di
negazione della Turchia
Il mare di Marmara è tranquillo attorno all’isola di
Imrali, da settimane splende un sole cocente, con una temperatura costantemente
attorno ai 30 gradi. Ma per le
autorità turche queste condizioni atmosferiche impediscono la sicurezza dei
viaggi verso l’isola carcere dove è imprigionato il Presidente del KADEK,
Abdullah Ocalan.
È di nuovo isolamento, da due
settimane.
L’isolamento del Presidente del KADEK è un tassello,
forse quello finale, del mosaico di annientamento che si sta realizzando contro
il popolo kurdo in Turchia.
Le altre
tessere stanno componendo un disegno nel quale appare evidente la negazione di
un popolo, che sta, sempre più, prendendo forma attraverso attacchi e operazioni
militari nei villaggi (ad Amed, Dersim, Bingol, Mus); le violazioni contro i
diritti sociali, civili e politici della persona e delle organizzazioni
democratiche (la repressione contro il DEHAP); la legge sul Pentimento (unica
risposta a 5 anni di cessate il fuoco unilaterale) e nuovi piani di repressione
militare contro le forze della guerriglia di stanza nel Kurdistan
meridionale.
Ancora una volta la Turchia, con le sue false promesse
di riforma, che si tramutano in una pratica del tutto opposta, con le sue
menzogne, sta tentando di ingannare il mondo intero (la UE, gli USA e tutti i
soggetti del mondo democratico). Non possiamo considerare alcuna legge sul
pentimento come un’amnistia parziale o cos’altro, si tratta solo di un informale
nuovo attacco e dell’inizio dell’ostilità che non porterà alla pace sociale ed
alla soluzione politica della questione kurda.
La situazione sta diventando, giorno dopo giorno, sempre
più seria. Chiediamo a tutti i compagni, a tutti i pacifisti, ai democratici di
mobilitarsi contro il progetto di negazione e annientamento che la Turchia
continua in modo indisturbato, e nel silenzio internazionale, a portare
avanti.
Intanto, Recep Tayyp Erdogan è in arrivo in Italia dove,
il 5 settembre prossimo, a Como, parteciperà all’ennesimo show di personaggi
internazionali del Presidente del Consiglio italiano. Con l’informazione
manipolata se la intendono bene e ce ne saranno da vedere nei mesi a venire … …
…
Le ultime
dichiarazioni del Presidente del KADEK, Abdullah Ocalan, sull’attualità politica
nel Vicino Oriente e in Turchia.
Estratti da un
comunicato stampa rilasciato dai suoi avvocati (17/07/03).
Nel suo colloquio con gli avvocati il
Presidente del Kadek ha rilevato come il suo obbiettivo non sia quello di creare
uno Stato autonomo kurdo: “Mi opporrò ad ogni tentativo di creare una nuovo
Stato. Ma se si deciderà di crearlo, anche noi presenteremo i nostri candidati.
İn ogni caso la creazione di uno Stato porterà ben pochi vantaggi. Per questo
preferiremo vedere un Congresso Nazionale del Kurdistan. Non perchè siamo stati
obbligati a questo ma per precise ragioni filosofiche ed ideologiche. Non
abbiamo bisogno di uno Stato che debba dire grazie per la sua nascita a qualche
potenza straniera. Si può combattere per la libertà anche attraverso un Congresso del
popolo”.
Per quanto riguarda i rapporti con la
Turchia e l’influenza della lotta kurda in Turchia il Presidente del KADEK ha
evidenziato come la lotta dei kurdi per la libertà potrebbe anche portare la
Turchia fuori dalle crisi cicliche alle quali è soggetta. L’imprigionamento dei
politici kurdi ha reso chiaro che la Turchia non ha ancora preso una decisione
netta in favore della democrazia e, se questo non avverrà presto, accadrà
l’inevitabile: “Lo stupro, da parte della polizia di Istanbul, di Gulbahar
Gunduz (che Ocalan definisce un terribile monito al movimento delle donne) e i
recenti scontri armati mostrano come la sporca guerra della Turchia contuinua
all’interno dello Stato. Una parte dello Stato, che non deve essere
sottovalutata, intende preparare la strada alla democrazia , sia in Turchia che
in prospettiva all’accesso nella Unione Europea. Ciò non vuol dire però che
all’interno dello Stato non esista una fazione razzista e sciovinista”.
Ocalan ha anche criticato la recente legge
sul pentimento, appena approvata dal Parlamento turco, evidenziandone le falle
soprattutto dove non viene prevista l’amnistia per i leader del movimento kurdo
e dove ci si aspetta una resa incondizionata da parte degli attivisti: “E’ un
approccio fascista, non orientato a trovare alcuna soluzione. İl tentativo di
separare la leadership del KADEK dal resto del movimento tende alla liquidazione
del movimento stesso”.
Con uno sguardo al conflitto
israelo-palestinese, il Presidente del KADEK ha proposto una “road map”
kurdo-turca, in grado di preparare lo sviluppo della democrazia in Anatolia. Uno
dei cardini del processo di pace dovrebbe comprendere il diritto dei
guerriglieri a partecipare alla vita politica, a patto di riconoscersi nella
Repubblica ma senza pregiudizi rispetto alle ideologie personali o alle azioni
compiute: “La preparazione delle precondizioni legali e politiche per questa
partecipazioni ricarederebbero sulle spalle della Turchia. Si potrebbe anche
arrivare ad un accordo col KADEK, attraverso la possibile mediazione di USA, UE
o dell’ONU, se necessario”.
Prevedendo che questo percorso possa anche implicare il suo rilascio, Ocalan ha detto che egli non dovrà necessariamente giocare un ruolo pubblico e che se il governo pensa che il suo rilascio possa provocare una reazione emotiva eccessiva, egli sarebbe anche pronto ad andare in esilio. La road map dovrebbe essere comunque conclusa per il 2005, in parallelo con il dibattito sull’ingresso della Turchia nella UE: “Il governo turco ha tempo sino al 1 settembre per segnalare la sua disponibilità a parlare della road map. Ma se, al suo posto, ci saranno attacchi militari, la leadership del KADEK si arrogherà il diritto di decidere di riprendere le attività guerrigliere”.
Il Presidente Ocalan
ha poi elencato i punti che, per il KADEK dovrebbero costituire la linea sulla
quale sviluppare la road map:
1. garanzie costituzionali e legali che assicurino ai kurdi il diritto di vivere, secondo la loro identità, all’interno della Repubblica;
2. eliminazione del bando, ancora esistente sulla lingua e sulla cultura kurda. Implementazione di tutte le libertà connesse alla espressione del pensiero e eliminazione di tutti gli ostacoli allo sviluppo delle attività culturali;
3. diritto al ritorno dall’esilio e dalle montagne e rilascio per i prigionieri politici con il fine del reintegro nel sistema legale e politico;
4. eliminazione del bando sulla libertà di organizzazione. Riconoscimento dei diritti politici, democratizzazione della legge elettorale e decentramento amministrativo;
5. diritto al ritorno ai villaggi per tutti i profughi, favorito dall’adozione di una serie di appropriate misure legali, economiche e amministrative. Diritto alla partecipazione della popolazione locale ai programmi di sviluppo idrico (all’interno del quadro del GAP e col sostegno delle amministrazioni locali);
6. smantellamento del sistema delle guardie di villaggio e delle forze paramilitari;
7. esecuzione alla lettera del programma indicato.
Al fine della realizzazione della road map Ocalan prevede la realizzazione di un Comitato di mediazione (sull’esempio di quella per la riconciliazione del Sud Africa) in grado, appunto, di mediare tra le parti in conflitto.
Nella parte conclusiva del suo intervento Ocalan ha anche raccomandato la programmazione di simili programmi di pace anche in Iran, Siria ed Iraq. Il Presidente del KADEK, concludendo il suo intervento, ha fatto appello alle parti in causa affinché ci sia un impegno comune e responsabile per trasformare in realtà le proposte di pace presentate.
Il parlamento turco approva la “legge del
pentimento” Flash Bullettin, 29 luglio
2003
Sperando di convincerli alla resa il Parlamento turco ha
oggi approvato una legge sul pentimento che, nelle intenzioni del governo,
dovrebbe riguardare migliaia di guerriglieri kurdi. La legge è passata con 356
voti a favore e 71 contrari. Il Ministro degli Interni, Abdul Aksu, ha definito
la legge un passo storico verso la restaurazione della pace sociale in Turchia.
È la settima legge di questo tipo dal 1985.
La legge prevede il perdono per i guerriglieri impegnati
nel conflitto con la Turchia, ma non per gli Stati maggiori delle Forze di
difesa popolare del KADEK. I comandi del KADEK, di stanza nel Kurdistan del sud
hanno respinto la legge e la loro critica si accentra soprattutto sul punto che
prevede come premessa del “perdono” l’obbligo di fornire informazioni sui
guerriglieri che non si sono arresi e sulla struttura dell’organizzazione.
Intanto, gli USA hanno paventato l’uso della forza per costringere i
guerriglieri kurdi alla resa una volta che la legge sarà entrata in
vigore.
La Corte europea per i diritti umani (CEDU) condanna la Turchia per la distruzione dei villaggi Flash Bullettin, 25 luglio 2003
La CEDU dopo un lungo procedimento, ha stabilito che le forze di sicurezza turche hanno deliberatamente distrutto la casa e le proprietà di un uomo obbligandolo ad abbandonare, insieme a tutta la famiglia, il suo villaggio. Tutto ciò in palese violazione della Convenzione europea per i diritti umani. La CEDU ha così dato ragione a Celatettin Yoyler, Imam di Dirimpinar (Provincia di Mus), che contro questa violazione, avvenuta il 18 settembre 1994, aveva presentato denuncia alla Corte stessa. Negli anni novanta, e in particolar modo a cavallo del ’95, oltre 3 milioni di persone furono obbligate, con gli stessi metodi, alla diaspora e circa 3500 villaggi furono distrutti. La Corte ha condannato la Turchia per violazione degli articoli: 3 (Proibizione di trattamenti inumani e degradanti), 8 e 1 del Protocollo 1 della Convenzione (rispetto della vita e del godimento pacifico della proprietà privata) e 13 (mancato risarcimento).
Armamenti: il Parlamento vuole limitare l’autonomia
dell’esercito Flash
Bullettin, 21 luglio 2003
Per la prima volta l’Assemblea nazionale ha chiesto di
avere un ruolo nel programma militare per gli armamenti. I deputati hanno
chiesto di poter avere il potere di supervisionare i contratti per la fornitura
di armamenti siglati dal Ministero della Difesa e, nel caso, convocare gli
ufficiali più alti in grado sulle necessità turche per la difesa. I deputati hanno avanzato delle domande
sul progetto della difesa per l’acquisto dagli USA di 6 sistemi di controllo e
allarme aereo per una spesa complessiva di 1,6 miliardi di dollari e sistemi di
controllo montati sui Boeing 737. Gli ufficiali hanno ammesso la fallacità delle
procedure sino ad ora utilizzate,
che non prevedevano la consultazione dell’Assemblea nazionale. Il
Ministro della difesa, Vecdi Gonul, ha promesso, in breve tempo, di modificare
tali pratiche.
Il Governo ha presentato all’Assemblea nazionale un disegno di legge teso a limitare l’influenza politica dell’esercito: una delle fondamentali richieste della UE per il proseguimento del percorso di partenariato europeo della Turchia. La votazione sul disegno di legge è prevista per la fine di luglio, prima della pausa estiva. La proposta governativa deve comunque affrontare il malumore dell’esercito, protagonista della scena politica turca, di 3 golpe negli ultimi 40 anni e della caduta del primo governo islamico nel 1997.
Secondo fonti di agenzie stampa il disegno di legge
sarebbe teso a limitare il potere del Consiglio per la sicurezza dello stato
(MGK), composto dai 5 generali più alti in grado, dal Primo ministro e dai
ministri chiave, attraverso la riduzione delle riunioni del MGK da una al mese
ad una ogni due mesi; alla trasformazione delle decisioni prese in
raccomandazioni non vincolanti per il governo; alla nomina politica del
segretario generale del MGK (oggi scelto, invece, dall’esercito); al diritto
anche per i civili di partecipare al Consiglio e alla cancellazione dell’attuale
potere del MGK che oggi è anche di coordinamento e monitoraggio dell’azione di
governo.
La proposta, se accolta dall’Assemblea, permetterebbe ai
deputati anche di avere voce in capitolo sulle spese militari. In un altro
capitolo l’importante proposta del governo, tesa anche a rafforzare la lotta
alla tortura, obbligherebbe le Corti giudiziarie a continuare i procedimenti
contro i casi di tortura anche nel periodo estivo. Altre proposte contenute sono
per l’allargamento della libertà di espressione. Tutto questo nel tentativo del
governo di non farsi sfuggire il treno europeo che prevede la sua ultima fermata
in Turchia nel dicembre 2004.
Per la prima volta, la famosa ex Primo ministro del Pakistan, Benazir Butto, ha rivelato di essere di origini kurde da parte di madre: “La cultura kurda di mia madre è stato un elemento fondamentale nella mia maturazione politica. Ho naturalmente un grande interesse nei confronti dei problemi del popolo kurdo. Una soluzione pacifica e democratica deve essere trovata”. L’esponente politica pakistana ha rilasciato questa dichiarazione nel corso del Convegno sul Vicino e sul Medio Oriente, nell’ambito del Congresso della Internazionale Socialista da poco tenutosi a Roma e al quale, oltre a lei, hanno preso parte il Presidente dei DS Massimo D’Alema, il rappresentante europeo del DEHAP Faik Yagizay, il leader del CHP Deniz Baykal, quello del PUK Jalal Talabani e l’ex primo ministro del Regno del Marocco Abduhramman Yusufi.
La Federazione internazionale per i diritti umani (FIDH), che si è recentemente riunita a Parigi, ha chiesto alla Turchia di rilasciare i deputati kurdi del DEP privati delle garanzie parlamentari e arrestati nel 1994, con l’accusa di “collegamenti col terrorismo”.
La FIDH ha definito il giudizio di seconda istanza della Corte per la Sicurezza dello Stato di Ankara (DGM), nei confronti di questi deputati, una “parodia legale”. La FIDH ricordando che l’inizio del nuovo processo è stato posticipato al 15 agosto, ha richiesto l’immediata liberazione di Leyla Zana, Hatip Dicle, Orhan Dogan e Selim Sadak, ora in prigione senza neanche la parvenza di una giustificazione “legale”. I deputati hanno già scontato 9 anni di prigione, considerando i benefici della buona condotta, dovrebbero essere rilasciati nel 2005.
La FIDH, che aveva inviato un suo osservatore all’udienza dello scorso 18 luglio, ha definito il procedimento assolutamente lontano dai minimi standard democratici delineati nella Convenzione europea per i diritti umani. Dopo l’arresto, avvenuto nel 1994 e la dichiarazione della Corte europea per i diritti umani, che nel 2001 aveva denunciato il processo come non corretto, la Turchia aveva deciso, per la prima volta, di annullare il processo e di promuoverne uno nuovo, forse anche a causa della necessità di avviare dei tentativi di riforma per non perdere l’aggancio all’Europa.
La FIDH ha ricordato che la vicenda verrà trattata in un
rapporto che sarà pubblicato per la fine di luglio nel quale ci saranno anche
delle inchieste sull’utilizzo, ancora molto ampio, della tortura da parte delle
forze di sicurezza, delle morti ignote e delle limitazioni alle libertà civili
delle minoranze e delle opposizioni civili in
Turchia.
Lo scorso 11 luglio 2003 è iniziato
a Coblenza (Germania) il processo conto l’organizzazione umanitaria kurda Hevya
Sor, accusata di avere avuto dei collegamenti con il PKK e di aver versato
ingenti finanziamenti nelle casse della stessa organizzazione. Il processo si è aperto con la
deposizione di Engin Sonmez (rifugiato politico kurdo in Germania dal 1998), in
qualità di testimone dei fatti. Il processo riprenderà il 1 settembre. Si
prevede la fine del procedimento intorno al 5 ottobre. (Lo stesso Sonmez, che lavorò proprio nella sede di Heyva
Sor, in una lunga intervista rilasciata ad Ozgur Politika, e in un breve
intervento su Medya TV, ha dichiarato di come alcuni poliziotti in borghese
continuativamente lo hanno incontrato, fin dal suo arrivo in Germania, e lo
hanno costretto a confermare al processo alcune tesi accusatorie, cioè affermare
che le persone, invalidi e feriti che lavorano nella sede centrale della ONG
kurda, erano esponenti del KADEK, ex PKK fuorilegge in Germania, in cambio ha
ricevuto la promessa di aiuti nelle procedure per se e per la famiglia ed è
stato minacciato di morte, oltre che del rimpatrio in Turchia con l’accusa di
lavorare per il PKK, ndt).
Buone notizie per i difensori di Hasankeyf Nûçe Bullettin, 25 luglio 2003
Le associazioni per la salvaguardia di Hasankeyf, che si battono per evitare che il famoso sito archeologico venga sommerso dalle acque dell’invaso che sarà prodotto dall’ultima diga del Progetto idrico GAP, hanno salutato con speranza le parole rilasciate dal Primo Ministro Tayyp Erdogan che a questo riguardo ha detto che il sito di Hasankeyf non scomparirà sotto le acque di un lago artificiale.
Il Ministero della
difesa turco ha assicurato che è stato approntato il piano per lo sminamento di
una vasta area del Kurdistan turco (circa 3,85 milioni di ettari di territorio
da bonificare). Per la bonifica della fascia di territorio si prevede una spesa
di circa 17 biliardi di lire turche. (Ricordiamo che nel DMK n.18 avevamo
riportato di un inquietante rapporto di IHD circa la grave minaccia delle mine
per i bambini nell’area del Kurdistan turco e dell’accorato appello di
Selahattin Demirtas affinché si operasse una concreta attività di sminamento,
ndt).
Operazione congiunta delle truppe turche ed americane nel Campo di Mahmura
Turkish Daily News - ANKARA / 6 Agosto
2003
Le truppe turche ed americane hanno svolto nel weekend una operazione congiunta nei confronti dei 9mila kurdi-turchi del Campo di Mahmura, sotto il controllo delle Nazioni Unite in Nord Iraq. L’operazione congiunta ha causato tensioni con le NU, che si oppongono all’approccio turco ed americano di chiudere il campo, ha riportato il canale televisivo privato turco NTV. Le NU hanno annunciato la propria preoccupazione a riguardo dell’operazione, delle indagini e del piano turco-americano di chiudere il Campo di Mahmura, che ha accolto la popolazione kurda emigrata dalla Turchia. Nonostante che le NU condividano il punto di vista del disarmo e la rivendicazione del campo da parte dei terroristi, vogliono il ritorno di questi rifugiati in Turchia, purché sia su basi volontarie e organizzato da civili. Le preoccupazioni delle NU circa gli sviluppi inerenti il Campo hanno costretto l’inviato speciale del Segretario Generale delle NU, Sergio De Mello, a recarsi, nel corso della sua visita ad Ankara, presso il Ministro degli esteri turco Abdullah Gul.
Violazioni dei diritti umani nella provincia di Amed: rapporto della IHD Nûçe Bullettin, 25 luglio 2003
Secondo un rapporto della sede di Amed (Diyarbakir) della IHD (Associazione turca per i diritti umani) nel mese di giugno sono state registrate 798 violazioni dei diritti umani. Le vicende attorno alle quali sono state consumate le violazioni maggiori sono state la campagna per l’amnistia generale e quella contro la legge sul pentimento.
Attentati alla vita della
persona
In scontri di piazza: morti 24, feriti 6
Esecuzioni extragiudiziali: morti 10
A causa di mine o esplosivi: feriti 1
Attentati alla
sicurezza della persona
Fermi: 348
Maltrattamenti e casi di tortura: 168 dei quali 1 da parte della gendarmeria, 166 da parte della polizia, 1 da parte delle guardie di villaggio
Arresti: 39
Attacchi a manifestazioni
pubbliche
Numero degli attacchi: 9
Fermi di polizia: 185
Feriti: 32
Violazione dei diritti umani nel mondo del
lavoro
Licenziamenti: 2
Provvedimenti disciplinari per la repressione dello
sciopero: 38
Violazioni delle libertà di pensiero e espressione delle
proprie idee
Accertamenti: 134
TV o Radio chiuse: 1
Attività artistiche proibite (Cinema, teatro):
4
Pubblicazioni chiuse (Giornali, libri):
1
Altro
Suicidi: 9