Del mondo kurdo n. 19
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ag. 252
Sempre
meno libertà per Ocalan
Kurdish Observer, 8 maggio
2003
Sono state decise ulteriori limitazioni ai diritti e alle libertà
personali di Abdullah Ocalan, Presidente del KADEK, detenuto ad Imrali. I suoi
avvocati, Irfan Dundar, Mahmut Sakar, Aysel Tugluk e il fratello Mehmet Ocalan
hanno visto ridotto il tempo concesso loro per visitare il Presidente del KADEK.
Gli avvocati hanno potuto incontrarlo per soli 45 minuti, il fratello per
15.
Violano le loro stesse leggi
Kurdish Observer, 8 maggio
2003
Il
Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Diyarbakir, Sezgin Tanrikulu, ha
affermato che le restrizioni del tempo concesso per le visite ad Ocalan è una
violazione delle stesse leggi turche: “Se il regolamento non è cambiato, se la
durata degli incontri era di 45 minuti perché gli permettevano di incontrarsi
coi suoi avvocati per 1 ora? Se il tempo concesso era 1 ora perché adesso è di
soli 45 minuti. Bisognerebbe avere delle risposte”.
Tanrikulu ha sottolineato che eventuali limitazioni sarebbero state
possibili solo nel caso gli avvocati avessero dovuto visitare anche altri
assistiti ma, dato che ad Imrali c’è solo Abdullah Ocalan, è chiara l’illegalità
della misura adottata.
IHD: “Nessuno sviluppo positivo per i diritti umani in
Turchia nei primi 3 mesi del 2003” Flash Bulletin,
2/05/03
La IHD (Associazione Turca
per i Diritti Umani), nel nuovo rapporto sulla situazione dei diritti umani in
Turchia per gli ultimi 3 mesi, ha affermato che, nel periodo indicato, non ci
sono stati sviluppi positivi: “Nel campo della libertà di espressione rileviamo che i pubblici ministeri e i
giudici non interpretano i codici nel senso di un allargamento della
libertà”.
Le conclusioni della IHD
sono provate dai dati contenuti nel Rapporto Gennaio-Marzo
2003:
183 persone fatte oggetto di
tortura; non sono state registrate condanne nei confronti di torturatori; 1
televisione locale e 4 radio sono state sospese per 180 giorni dal RTUK (Alto
Consiglio per la Radio e la TV); 6 giornali e riviste censurati per 79 giorni, 9
giornalisti arrestati, 7 libri, 17 riviste, 7 giornali confiscati; 50 persone
arrestate per reati di pensiero in violazione degli articoli 159, 169 e 312 del
CPT
Il rapporto della IHD,
questa volta, ha prestato attenzione anche a un’altra categoria, quella della
violenza contro le donne e i bambini. Dalla ricerca della IHD è stata
evidenziata la necessità di una maggiore tutela delle vittime di violenza in
sede processuale. Il primo
documento della IHD nel 2003 ha anche posto l’accento sulla guerra in Iraq,
denunciando i crimini umanitari commessi nel corso della guerra, le
irresponsabili uccisioni di decine di civili, i bombardamenti indiscriminati ma,
nello stesso tempo, rilevando anche la mobilitazione pacifista del popolo turco
che ha impedito al Parlamento di avallare direttamente l’attacco
anglo-americano. La conclusione è
stata invece dedicata alla necessità, da parte del governo di Ankara, di
rispettare i diritti umani: “Noi richiamiamo il potere politico per la sua
condotta negli ultimi 3 mesi. Il rispetto dei diritti umani e delle libertà
necessita della massima determinazione. Chiediamo al governo di porre fine al
mercanteggiamento su questa materia”.
Attacco alla “Associazione
per i diritti umani”
Comunicato di IHD, 6 maggio 2003
Un magistrato della Corte per la Sicurezza dello Stato, accompagnato dalla polizia, ha fatto irruzione negli uffici centrali e locali della IHD di Ankara. Dopo 3 ore di ricerca sono stati confiscati dei documenti e diversi hard disk. L’irruzione è stata giustificata con l’accusa rivolta alla IHD di “Aiutare organizzazione terroristiche” tramite la diffusione di comunicati stampa. Ender Buyukcuhla, presidente della branca di Ankara della IHD, ha affermato di non essere stato informato delle ragioni del raid e di aver desunto che questo sia stato effettuato in base agli articoli 169 e 312 del Codice penale turco e della Legge antiterrorismo (che contemplano l’appoggio morale e materiale ai terroristi). Il portavoce della “Iniziativa per la Libertà di Espressione”, Sanar Yurdatapan, ha ricordato che questa pratica delle irruzioni ha avuto inizio dopo un discorso dell’ex Ministro della Giustizia, Hikmet Sami Turk, a tutti i magistrati nell’ambito del dibattito nato a seguito degli scioperi della fame decisi dai prigionieri per protestare contro la riforma carceraria.
Due soldati turchi morti nel
corso di scontri con guerriglieri kurdi
AFP, 27 aprile
2003
Due soldati turchi sono stati uccisi e altri due sono stati feriti nel corso di combattenti ingaggiati con i guerriglieri kurdi delle Forze di Difesa Popolare, dopo oltre 3 mesi di calma. Gli scontri hanno avuto luogo dopo che una camionetta dell’esercito turco è entrata in contatto con un gruppo di guerriglieri nella zona di Bingol. Lo scontro è stato il primo registrato dall’inizio dell’anno.
Il DEHAP accusato di
collegamenti con i ribelli kurdi
AFP, 29 aprile
2003
Il Procuratore Capo della Turchia ha accusato il DEHAP (Partito
Democratico del Popolo), il partito filo kurdo più importante del paese di
collegamenti coi ribelli, chiedendone la messa al bando. Il DEHAP già rischia la
messa al bando per essere stato accusato di aver falsificato dei documenti nel
corso delle elezioni generali dello scorso anno. La Corte potrebbe ora decidere
di incorporare i due procedimenti dopo che ne sia stata dichiarata la
legittimità.
45 giorni per il DEHAP
KurdishMedia, 7 maggio
2003
La Corte Costituzionale Turca ha concesso al DEHAP 45 giorni di tempo per
preparare la sua difesa. Il DEHAP è accusato di avere assunto un ruolo centrale
“per le attività rivolte contro lo Stato”. Il Presidente della Corte
Costituzionale ha detto che la richiesta avanzata dal Presidente del DEHAP,
Abbasoglu, di una ulteriore proroga di altri 3 mesi, è stata
respinta.
Il giudizio del Parlamento europeo sulla
Costituzione kemalista
TDN, 29 aprile
2003
La Commissione Affari Esteri del Parlamento Europeo si sta preparando a
concludere il suo studio su di un controverso Rapporto, che sta attirando le ire
turche, e che evidenzia l’incompatibilità della Costituzione del 1982 con la
forma democratica, diventando un ostacolo all’adesione alla Unione
Europea.
Il rapporto, preparato dall’eurodeputato DC olandese, Arie Oostland,
evidenzia come: “il Kemalismo evidenzia una esagerata paura circa le minacce
all’integrità della nazione ed enfatizza una omogeneità culturale turca
(nazionalismo), insieme con uno statalismo, un ruolo dell’esercito ed una rigida
disciplina della libertà religiosa che formano una barriera che si pone, di per
sé, come un ostacolo all’adesione alla UE”. Il rapporto, emesso nel marzo 2003,
è stato presentato il mese scorso alla Commissione Affari Esteri, a quella
Diritti Umani e a quella per le Politiche di Sicurezza e Difesa
(AFET).
Il rapporto critica anche il sistema elettorale turco ricordando come lo
sbarramento del 10% “sacrifica la natura rappresentativa del Parlamento nel
quale sono rappresentati solo il 55% dei votanti”.
Altre questioni assai delicate sollevate dal Rapporto sono la richiesta
di togliere il bando posto sul partito kurdo HADEP, la richiesta dell’ammissione
del genocidio armeno e quella di fare un nuovo processo al leader del KADEK,
Abdullah Ocalan.
Il rapporto non trascura la necessità di indicare una serie di riforme
democratiche interne necessarie alla Turchia come: l’abolizione del Consiglio
per la Sicurezza Nazionale (MGK), il ritiro dei militari da altri organi di
rappresentanza civile (istruzione, amministrazione, comunicazione) e la
necessità di un controllo parlamentare sul budget
dell’esercito.
Un quotidiano di Siirt inizia la
pubblicazione di alcune pagine in kurdo
Ozgur Politika, 7 maggio 2003
Il quotidiano Ozgur Siirt (Siirt Libera) ha iniziato, dallo scorso 22
aprile, la pubblicazione di una sezione di 5 pagine in kurdo (Serta Azad). La
data del 22 aprile è di particolare importanza essendo quella nella quale vide
la luce la prima pubblicazione in kurdo nel 1898 (inizio della pubblicazione del
quotidiano Kurdistan di Mihdat
Bedirxan).
L’editore del giornale, Mehmet Nas, dopo aver sottolineato l’importanza
di questo anniversario ha ricordato che il suo giornale ha visto la luce il 27
novembre del 2002, con uno staff di 5 redattori e che oggi vende 750 copie a
settimana: “Il nostro giornale è nato con la volontà di fare vero giornalismo.
La stampa locale è sotto il controllo delle autorità e di alcuni gruppi di
pressione. L’opinione pubblica è, così, privata del diritto di conoscere la
verità. Noi cerchiamo di dare al pubblico le notizie vere ponendo attenzione e
mettendo in risalto le diverse culture della regione. Sin dalla sua fondazione
il nostro giornale è rimasto fedele al dogma dell’imparzialità, del lavoro
volontario, basandosi sulla solidarietà e l’equità”.
Ramazan Oktay, uno dei redattore, dopo aver delineato le difficoltà
economiche del giornale ha posto l’accento sull’importanza dell’iniziativa:
“Vorremmo ampliare la diffusione del nostro quotidiano a tutta la regione e
destinare una pagina della sezione Serta
Azad all’istruzione in kurdo, dato che non esistono corsi di lingua kurda
promossi dallo Stato”.
Diritto all’uso del kurdo anche per i media privati
Kurdish Observer, 8 maggio
2003
Artisti, rappresentanti di ONG e di partiti politici hanno contestato ad
Adana la limitazione al diritto di fare trasmissioni radio televisive in kurdo
su emittenti private. Tale diritto, per legge, è infatti concesso solo alla TRT
(Radio TV turca) ma, dato che la TRT, non le esercita, non esistono trasmissioni
in kurdo trasmesse da emittenti turche.
Sehmus Kaya, Vice Presidente della Sezione di Adana della IHD ha chiesto
ai media privati di violare la normativa in vigore e di mostrare la loro
reazione: “Le persone che vivono in Turchia devono avere il diritto di
comunicare e di fare informazione nella loro lingua madre. Può non essere legale
ma è legittimo difendere tale diritto.
Stralci dell’appello urgente
all’opinione pubblica nazionale ed internazionale, divulgato dal Collegio
difensivo di Abdullah Ocalan
Abdullah Ocalan è tenuto in
una cella singola, nel Carcere di Imrali da 4 anni. La situazione cui è
sottoposto contraddice i principi generali del diritto in termini di
uguaglianza, proibizione della discriminazione, diritto all’accesso ad un
avvocato e standard minimi concessi ai detenuti. (…)
Secondo un Decreto del
Consiglio dei Ministri, datato 17 febbraio 1999, l’isola di Imrali è stata
dichiarata Zona Militare Ristretta. Abdullah Ocalan è stato tenuto in una cella
singola dal 15 febbraio 1999, sottoposto all’autorità militare dell’isola di
Imrali. (…) Il comportamento tenuto contro di lui fa parte della politica per la
sicurezza del governo, che esercita su di lui un’immensa pressione psicologica.
È sorvegliato giorno e notte, costantemente, mediante una telecamera a circuito
chiuso. (…) Le condizioni della sua detenzione violano il principio dei codici
penali internazionali che proibiscono la tortura e i trattamenti discriminatori.
Fatta esclusione per coloro che sono sottoposti a punizioni disciplinari,
Abdullah Ocalan è l’unico detenuto in Turchia che sia confinato
continuativamente in una cella singola. (…) Secondo quanto previsto dalla Legge
Turca (sull’esecuzione delle sentenze penali) la prigione di Imrali deve
sottostare all’autorità e alla responsabilità del Ministero della Giustizia.
Questo potere del ministero, tuttavia, che comprende la sicurezza e la
comunicazione, è ora conferito al Centro di Gestione delle Crisi, che fa parte
del Consiglio per la Sicurezza Nazionale. Le decisioni del consiglio non possono
essere contestate di fronte a un tribunale e non vi è su di esse alcun controllo
legale. Questo consiglio è istituito per fronteggiare condizioni eccezionali. Da
quando Abdullah Ocalan è stato portato in Turchia, tutti i suoi diritti legali,
compresi l’accesso ai legali e quelli inerenti alla sua vita quotidiana, sono
stati fissati dal Centro di Crisi; tale situazione è accettata come ordinaria e
legale. (…) Il diritto di comunicare di Abdullah Ocalan è violato nel modo
seguente: egli dovrebbe poter almeno in parte accedere a giornali e riviste. In
base al diritto interno turco i prigionieri possono ottenere ogni tipo di
pubblicazione che sia legale; tale regola non è però applicata nella prigione di
Imrali. (…) Questo modo di procedere impedisce il diritto del signor Ocalan di
accedere a qualsiasi informazione. Allo stesso modo, egli non può esercitare il
diritto di avere libri e riviste legali. (…) A Ocalan è vietato guardare la
televisione. Tutti i detenuti hanno questo diritto. Egli può invece ascoltare un
unico canale della radio. Gli è vietato di avere conversazioni telefoniche con
la sua famiglia; tutti i detenuti in Turchia usufruiscono, tuttavia, di tale
diritto da quando è stata emendata la Legge Anti-Terrorismo. Questi cambiamenti
della Legge Anti-Terrorismo consentono anche ai detenuti di usufruire del
diritto a incontrare i familiari in colloqui riservati faccia a faccia (in
occasione delle festività religiose e ufficiali). Ma Ocalan non gode di tale
diritto. La sua famiglia ha presentato varie richieste al riguardo, ma i
colloqui non sono stati concessi.
Il 30 aprile 2003 un incontro con i familiari è stato limitato a soli 15
minuti. Inoltre, della cerchia familiare soltanto i suoi fratelli e sorelle
possono fargli visita. Al nostro cliente è permesso solo di ricevere un numero
limitato delle lettere che gli vengono inviate; ma non gli è consentito di
rispondere alle lettere. Egli non può comunicare per iscritto con i suoi legali.
Né gli è consentito scrivere alcunché a fini di pubblicazione. (…) Le condizioni
mentali che l’isolamento prolungato può produrre in lui non vengono alleggerite
da nessun attività diversificata. Non vi sono attività culturali, sportive e
sociali nelle quali possa essere coinvolto.
Il diritto alla difesa di
Abdullah Ocalan è stato efficacemente negato. (…) Benché sia chiara la
complessità del procedimento intentato contro Ocalan, il suo diritto ad
incontrare i propri avvocati è stato tuttavia limitato, senza che vi sia alcuna
spiegazione legale. Gli avvocati devono ottenere un permesso dal Centro di
Gestione delle Crisi per poter visitare l’isola di Imrali, che è stata
dichiarata Zona Militare Proibita dal Consiglio per la Sicurezza Nazionale.
Inoltre gli avvocati non hanno alcun modo per opporsi alle decisioni del
Consiglio. (…) Il principio giuridico che si abbiano incontri confidenziali fra
avvocato e cliente non trova attuazione. Il diritto della difesa, che è tutelato
da strumenti legali internazionali, è inviolabile. Gli incontri tra noi avvocati
e Ocalan sono, tuttavia, sorvegliati dalle forze di sicurezza con metodi
speciali. La violazione del diritto a tenere incontri confidenziali contraddice
la necessità di beneficiare di consigli professionali, e cosiì si rende il tutto
privo di senso.
Le autorità penitenziarie
controllano tutti gli appunti scritti dagli avvocati e ne fanno una copia.
Generalmente non restituiscono gli appunti. Occasionalmente concedono di riavere
alcune delle pagine, scelte a caso. Non si sa mai esattamente quali pagine
verranno restituite e quali non lo saranno. Ciò dipende dal capriccio delle
autorità.
Il CPT ha visitato la
prigione di Imrali 3 volte. Dopo due visite ha reso note le proprie relazioni,
facendo notare che le attuali condizioni potessero avere effetti negativi su
Abdullah Ocalan. Era necessario garantire i suoi bisogni primari, come l’accesso
alla televisione e ai libri. Sottolineando ancora la necessità che Ocalan
incontri la propria famiglia. (…) Raccomandando di rimuovere quelle condizioni
non congeniali che potrebbero danneggiare la sua salute mentale. (…)
Come abbiamo indicato, le
autorità agiscono in maniera parziale ed illegittima nei confronti di Abdullah
Ocalan. Un altro punto importante è che tutti i suoi diritti in quanto
detenuto sono minati dal governo.
Quel che emerge da questa
serie vergognosa di omissioni amministrative, privazioni e discriminazioni è che
il governo e lo stato turco sono determinati ad impedire che Abdullah Ocalan
contribuisca a creare le condizioni per una soluzione pacifica, democratica e
negoziata della questione nazionale kurda. La maggioranza della popolazione
kurda in Turchia sostiene Ocalan e crede nelle sue idee. Il trattamento di
Ocalan è inseparabile dai problemi posti dalla democratizzazione della Turchia e
rilevante a tal fine.
Il segretario generale del
Consiglio per la Sicurezza Nazionale turco, Tuncer Kiliç, parlando a Bruxelles,
ha detto: “se volessimo, potremmo impiccarlo immediatamente. Anch’egli lo vuole.
Vuol morire subito. Lo uccidiamo ogni giorno, lasciandolo sopravvivere. Stiamo
prendendoci la rivincita per i nostri martiri. Inoltre, egli non sta vivendo
come un re in prigione. Vive in
condizioni pessime. Si trova in un stato miserabile”. Questo discorso spiega
chiaramente la linea politica statale nei confronti di Abdullah Ocalan. (…) Qui
il general maggiore Kiliç ci dice che Ocalan viene lasciato morire lentamente in
prigione. Un’opinione di questo tipo ci indica i pericolosi maltrattamenti cui
Abdullah Ocalan è sottoposto.
Le nostre richieste: porre immediatamente fine al regime di isolamento in cui Ocalan è tenuto e i diritti minimi standard riconosciuti ai detenuti dalle Nazioni Unite devono essergli applicati incondizionatamente; trasferire vicino al sig. Ocalan altri detenuti o viceversa; le limitazioni di durata e di giorni disponibili per le visite sono illegali, come lo sono le difficoltà che i suoi legali incontrano durante le loro trasferte ad Imrali; i tempi ristretti per incontrare i suoi familiari devono essere rimossi, potendo godere degli stessi diritti degli altri prigionieri, quali la comunicazione e le visite dei familiari; le pratiche illegali riguardanti la comunicazione con l’esterno devono essere rimosse, concedendogli libri, quotidiani e riviste; gli si dovrebbe permettere di guardare la televisione e dovrebbe essere in grado di tenere liberamente corrispondenza, potendo ricevere lettere e rispondere ad esse; dovrebbe essere libero di prendere parte ad attività sportive, culturali e sociali; porre fine immediatamente alle condizioni di illegalità vigenti ad Imrali e sostituirle con gli standard approvati in ambito internazionale. Alle condizioni speciali illegali di carcerazione di Abdullah Ocalan deve porsi fine.
Il Presidente
del KADEK Abdullah Ocalan ha rilasciato una dichiarazione importante a riguardo
della “Legge di perdono” e sull’unione democratica. Ocalan ha sottolineato che
una nuova legge che permetta a tutte le forze di partecipare alla vita
democratica sarebbe necessaria. “E’ necessario che passi una legge per la pace e
la partecipazione democratica. Vorrei che la legge passasse in questo modo. Le
forze guerrigliere, che effettivamente si sono preparate alla guerra, parteciperanno alla pace e alla
democrazia. Il DEHAP dovrebbe mettersi in contatto con l’AKP su tale questione e
incontrare anche i rappresentanti del CHP. Il disarmo dei guerriglieri può
essere gestito soltanto attraverso una pace giusta e la loro libera
partecipazione alla vita politica e democratica” ha detto il
presidente.
Ocalan ha continuato con
parole ad effetto “quello che è importante è gestire a contaminare il disarmo
con una democrazia vera e propria. Se si ritarderà tale legge, potrebbero
esserci conflitti. Se gli USA sforzeranno le Forze di Difesa del Popolo
potrebbero ritornare al nord. Non è giusto che l’Ambasciata statunitense faccia
una falsa distinzione e dica che il KADEK è una cosa e la questione kurda
un'altra. Gli USA sanno bene la stretta relazione che c’è tra il KADEK e la questione kurda. Il
nostro interlocutore principale sulla questione è la Turchia. Se gli Usa devono giocare un ruolo è
quello di contribuire a risolverla. Invece di portare la Turchia a cadere di
nuovo nella spirale della guerra spingendo le nostre forze alla legittima
difesa. In risposta al mio rapimento da parte Usa, ed alla collaborazione
effettiva fornita da loro nella lotta contro di noi, abbiamo dichiarato il cessate il fuoco.
Non è nostro problema ingaggiare una guerra contro gli USA. Ma se ci spingono
fino all’esasperazione le forze passeranno le montagne. I soldati americani non
possono scalare queste montagne. Non è la giusta politica quella di porre il
KADEK e la Turchia a scontrarsi l’un l’altra. Dire che i kurdi sono una cosa e
il KADEK un’altra significa non guardare in faccia alla realtà. Tutti sanno che
noi rappresentiamo il popolo kurdo.
Stiamo lottando per la democrazia. (…) Se non commetteranno ingiustizie e
sinceramente vogliono l’unità fra kurdi e turchi, un tale approccio avrebbe
effetti sulla democratizzazione di tutti i paesi della regione. Non dovrebbero
confonderci con le organizzazioni terroriste. Non abbiamo mai inteso il
separatismo come un metodo principale. Il nostro motto è l’unione democratica,
che è nostro principio. Ma se dicono che non gli importa di nulla e “li
colpiremo” i nostri sanno come difendersi.
Il Presidente ha anche avuto
da dire questo: “l’unità democratica è per il bene di entrambi sia kurdi che
turchi. Credo che qualsiasi soluzione distante dalla unità democratica e dalla
fratellanza nella regione porterà sofferenze e massacri. Tutte le mie lotte sono
state per evitare tali conseguenze.
Se la Turchia non cambia questa sua mentalità di negazione, arrivando ad
una soluzione democratica dei problemi, migliaia di guerriglieri entreranno in
Turchia e comincerà un nuovo periodo di guerra. Una certa quantità di forze e di
stati diventeranno parte di ciò. La Turchia deve rendersene conto. Non ci
arrenderemo e combatteremo con altri mezzi.
Il presidente del KADEK ha
aggiunto quanto segue: “non può esserci vita senza libertà” al suo messaggio “il mio principio è o
una vita libera o la morte”. Ocalan ha sottolineato che “se impongono il disarmo
godremo del diritto alla legittima difesa. Le nostre forze sono la garanzia di
democrazia e libertà. La loro ragione d’essere è solo questa. Non sono forze
d’attacco, ma di difesa. La loro entrata in Turchia può significare solo un
tentativo di condurre ad una nuova pace e democrazia. Lo scopo non è quello di
separare la Turchia. Che gli piaccia o no le forze potranno estendersi dal
Dersim al Serhat, fino al Tauro. Se le forze armate americane le attaccheranno,
con tutta la loro potenza e vantaggio tecnologico, incontreranno la resistenza
di quelle forze che formeranno il Fronte democratico dell’Iraq. Tutti sanno
quanto ho combattuto per la libertà del Kurdistan. Non abbandonerò la mia
battaglia”. Ocalan ha anche continuato dicendo che la democrazia sarà portata
dai popoli del Medioriente e l’alleanza turco-kurda, non con la forza
dell’alleanza anglo-americana. “Loro vogliono realizzare un Medioriente che si
adegui ai propri interessi. Neanche gli arabi potranno portare la democrazia,
stanno aspettando una guerra contro gli israeliani. Può portarla l’Iran? No,
perché non ha la mentalità adatta. In Turchia c’è una tendenza verso la
democrazia. Lo stesso è per il Kurdistan. Ho voluto cercare di accrescerla con
il PKK, ma non ho avuto un successo completo. Per questo continuo a dire:
sviluppo e coordinazione per una società democratica”.
Concludiamo questo
numero proponendovi due appelli che stanno circolando fra l’associazionismo
italiano di solidarietà con il popolo kurdo, entrambi di profonda attualità
perché si riferiscono uno alla riapertura del processo di Leyla Zana e alla sua
liberazione, l’altro al post-conflitto nel Kurdistan iracheno dove da anni il
campo di Mahmura è abbandonato al proprio destino.
Vi informiamo che a Roma dal 7 maggio, poi ogni venerdì del mese di giugno, dalle ore 17.30 alle ore 19.30 a Largo Argentina si terrà un banchetto informativo nel quadro di una campagna europea per "La proposta kurda di amnistia generale e pace sociale", nell'ambito della quale il 5 giugno (16.30-17.30) davanti all'Ambasciata turca, il 12 giugno (16.30-17.30) davanti all'Ambasciata USA, il 19 giugno davanti al Parlamento italiano (16.30-17.30), il 26 in Piazza Sant'Apostoli (16.30-17.30) e il 3 luglio davanti UN in Piazzetta San Marco (16.30-17.30) si intende presidiare e consegnare un'informativa sulla proposta kurda. L'iniziativa si protrarrà anche nel resto d'Italia con modalità ancora da definirsi.
Infine, vi annunciamo
che il 20 giugno verrà inaugurata a Dogubeyazit la
“Casa delle donne e dei bambini” che rappresenta per noi il primo esempio di
cooperazione decentrata con le zone kurde in Turchia, per il quale il CISCASE si
è fortemente battuto negli ultimi tre anni ed alla quale una delegazione
italiana presenzierà.
APPELLO PER LA
LIBERTA’ DI LEYLA ZANA, PRIGIONIERA DI PACE.
L’appello è stato inviato dalle tre organizzazioni che lo promuovono all’ambasciata turca italiana e sarà di nuovo trasmesso con le firme di chi vorrà sottoscriverlo inviando una mail a: libertaperleylazana@donneinnero.org specificando nome, cognome e eventuale riferimento d’organizzazione.
Testo appello
[…] non é sufficiente poter
dire che ci sono giudici giusti, si deve poter dire che esiste in Turchia la
democrazia e la giustizia. […] Noi vogliamo in primo luogo la fraternità dei
kurdi e dei turchi […]. Se la Turchia diventa un paese democratico, sarà il
centro di democrazia in Medio Oriente […].
La bellezza dell’arcobaleno è che arriva dopo la pioggia ed è ricco di
differenti colori. Noi possiamo danzare sotto l’arcobaleno. I Diritti Umani sono
la possibilità di danzare tutti insieme con molti colori. (dal discorso di Leyla Zana
pronunciato il 28 marzo 2003 ad Ankara alla riapertura del suo
processo).
LA CORTE SUPREMA EUROPEA PER I DIRITTI UMANI (CEDU), IN
DATA 17 LUGLIO 2001 HA IMPOSTO ALLA TURCHIA DI RIPETERE IL PROCESSO A Leyla
Zana, UNICA DONNA CURDA ELETTA DEPUTATA NEL 1991, INSIEME A Hatip Dicle, Orhan
Dogan, E Selim Sadak, DEPUTATI CURDI DEL DISCIOLTO PARTITO DEMOCRATICO DEP; TUTTI E QUATTRO CONDANNATI NEL 1994 DAL
TRIBUNALE DI SICUREZZA DELLO STATO DI ANKARA, A 15 ANNI DI PRIGIONE DOPO UN
PROCESSO INIQUO.
TALE PROCESSO E’ STATO COSTRUITO SU ACCUSE RELATIVE A
CONTATTI E FREQUENTAZIONI CON UNA PARTE DI ELETTORATO COLLEGATO CON IL PARTITO
CURDO DEI LAVORATORI (PKK); RELAZIONI PERALTRO INEVITABILMENTE CONNATURATE
ALL’ATTIVITA’ POLITICA DI PARLAMENTARI ELETTI ANCHE IN RAPPRESENTANZA DELLA
MINORANZA KURDA IN TURCHIA.
IL 28 MARZO 2003 SI E’ AVVIATO AD ANKARA, COSI’ COME
IMPOSTO DALLA CORTE SUPREMA EUROPEA, IL SECONDO PROCESSO AI QUATTRO PRIGIONIERI
DI COSCIENZA.
PARLAMENTARI EUROPEI/E E ITALIANI/E E NUMEROSE
DELEGAZIONI INTERNAZIONALI HANNO ASSISTITO ALLA PRIMA E ALLE SUCCESSIVE UDIENZE
( 25 APRILE, PROSSIMA FISSATA 23 MAGGIO).
E’ IMPORTANTE CHE L’OPINIONE PUBBLICA VIGILI AFFINCHE’ SI
SVOLGA FINALMENTE UN PROCESSO EQUO NELLA MASSIMA TRASPARENZA E NEL RISPETTO DEI
CRITERI DI IMPARZIALITA’ RICHIESTI DALLA CONVENZIONE EUROPEA PER LA SALVAGUARDIA
DEI DIRITTI UMANI ALLA QUALE LA TURCHIA HA ADERITO E AL CUI RISPETTO E’
VINCOLATA.
PER QUESTE RAGIONI CREDIAMO
NELL’ASSOLUZIONE E LIBERAZIONE DI LEYLA ZANA, PRIGIONIERA DI PACE, E DEGLI ALTRI
TRE COIMPUTATI.
DONNE IN NERO, WILPF, UN PONTE PER
Roma, 4 maggio 2003
Non abbandoniamo i profughi del campo di
Mahmura
Il
campo di Mahmura si trova nel nord dell’Iraq e conta circa 10.000 profughi
kurdi, di cui più della metà sono bambini. Si tratta di kurdi di Turchia fuggiti
dai villaggi del Botan (una provincia turca ai confini con l’Iraq) tra il 1993 e
il 1995, negli anni in cui più feroce è stata la campagna militare di pulizia
etnica condotta dall’esercito turco contro il popolo kurdo. Nel giro di 10 anni,
i profughi hanno dovuto cambiare dimora 7 volte, per stabilirsi infine nella
zona semidesertica fra Mossul, Rebil e Kirkuk, nell’Iraq
settentrionale.
Tra mille ostacoli i profughi hanno creato scuole ed
istituzioni collettive di autogoverno che hanno fatto del campo un’esperienza di
democrazia unica in tutto il Medio Oriente. Fino all’intervento statunitense,
l’Onu era presente nel campo con le sue bandiere ed una piccola struttura
sanitaria. Con la terza guerra del Golfo, l’ONU ha abbandonato il campo di
Mahmura. I profughi del campo non sono stati tra i sostenitori della guerra e
per questa ragione, a tutt’oggi, sono esclusi da ogni progetto umanitario che
gli eserciti vincitori e i loro alleati hanno avviato in
Iraq.
10.000 persone
sono state abbandonate, con pochissime riserve di cibo! Occorre mobilitare la
solidarietà internazionale perché Mahmura possa vivere. L’associazione AZAD
promuove una campagna nazionale di solidarietà con i profughi di Mahmura con
l’obiettivo di: far riconoscere ai 10.000 abitanti del campo lo status di
profughi e il ritorno della protezione dell’ONU; affrontare l’emergenza
alimentare e sanitaria; avviare interventi strutturali per garantire i bisogni
fondamentali: acqua pulita, scuola , salute, ecc.
Chiediamo ai singoli cittadini e agli Enti locali; alle associazioni di
solidarietà; ai partiti politici e ai sindacati di aderire alla campagna di
solidarietà con Mahmura. Chiediamo di costituire in ogni Provincia comitati di
Solidarietà con Mahmura. Chiediamo di far conoscere ovunque la realtà del campo
profughi.