Segnalo un articolo del Corriere Online sull'approvazione del
DDL sull'export di armi e le modifiche alla 185.
Lo potete trovare qui di seguito e al sito qui indicato.
Giorgio Beretta
(Missione Oggi)
Adesso la parola passa al Senato
La Camera approva il ddl sull'export di
armi
Centrosinistra diviso, la Margherita si astiene e lo Sdi vota a
favore. Critiche dalla Campagna "Contro i mercanti di armi"
ROMA - La Camera ha votato. Con 220 voti a favore,
107 contrari e 67 astenuti è stato approvato il disegno di legge n. 1927
in ratifica all'accordo di Farnborough sulla ristrutturazione dell'industria
europea della difesa (firmato il 27 luglio 2000 dai ministri della Difesa
di Italia, Francia, Germania, Spagna, Svezia, Gran Bretagna) e in modifica della
legge 185 del
'90 sul commercio di armi. E proprio quest'ultimo punto è stato fatale
per l'opposizione, mettendone in luce le due anime. Da una parte, Verdi, Rifondazione,
Comunisti Italiani e Ds hanno votato contro il ddl (con alcuni Ds
astenuti, tra i quali Ranieri e Minniti); la Margherita si è astenuta
(con l'eccezione di Mattarella, uno dei firmatari del trattato di
Farnborough, che ha annunciato il suo voto favorevole dopo l'accoglimento
parziale di un emendamento che permette la salvaguardia di alcuni elementi di
controllo previsti dalla 185/90); infine i Socialisti Democratici di
Boselli hanno espresso voto favorevole, parlando addirittura dell'esistenza di
"due sinistre: una pragmatica e moderata e un'altra che privilegia la propaganda
pacifista all'opera di pace che l'Europa cerca di portare avanti", come ha
sintetizzato Ugo Intini.
LA PROPOSTA - Inizialmente sembrava esserci un
margine di accordo: il centrosinistra, per bocca di Minniti, aveva fatto
richiesta di stralcio di tutte le norme contenute nel ddl che
avrebbero modificato parti della legge 185, mantenendo in pratica solo la
semplice ratifica dell'accordo di Farnborough. La richiesta è stata però
respinta dalla maggioranza, che dopo l'esame degli emendamenti, ha votato
compattamente a favore.
PRO E CONTRO - Tra le novità positive previste
nel ddl, spicca la trasparenza sul destinatario finale delle
esportazioni: se questo è un Paese extra Nato e extra Ue sarà doveroso
dichiararne l'identità fin dalla autorizzazione rilasciata alla singola
industria e inoltre le cosiddette «licenze globali di progetto» (ovvero gli
accordi stipulati tra Paesi per la produzione e l'export di armamenti) saranno
compresi nella relazione annuale. D'altro canto, alcuni controlli garantiti dalla
185 verranno meno: nel documento governativo non saranno più indicate le banche
coinvolte direttamente o indirettamente nel commercio di armi e inoltre
le dogane non
saranno più tenute a fornire i dati relativi alle merci che passano il
confine. In questo modo non sarà più possibile confrontare i dati delle
autorizzazioni concesse con i dati delle consegne effettuate.
LE OPINIONI -
Fortissime critiche al provvedimento da parte di alcuni parlamentari
dell'opposizione. Per Laura Cima (Verdi) «si tratta di un accordo che
rafforza l'europeizzazione della produzione militare ma indebolisce i controlli sul
commercio di armi, delegandoli alle normative delle singole nazioni»; la
deputata annuncia una campagna per chiedere all'Unione Europea una normativa
obbligatoria e vincolante per il controllo e il commercio di armi. «Con le nuova
norma infatti - prosegue Cima - non potremo più conoscere i destinatari intermedi e finali
delle produzionirealizzate in accordo tra più Paesi, le banche di appoggio
e l'uso finale del materiale esportato». Luciano Violante dei Ds, pur
apprezzando le (poche) modifiche al testo originario accolte dalla maggioranza,
ha sottolineato che «non vi è alcun rapporto tra la politica di pace
dell'Ue e il segreto sulle transazioni finanziarie o sull'uso finale delle
armi». Ancora più dura Rifondazione, con Elettra Deiana che punta il
dito contro «un'intesa voluta dall'industria delle armi che non doveva essere
sottoscritta dal governo Prodi». Infine Maura Cossutta dei Comunisti Italiani sostiene
che «si poteva arrivare a un accordo ma senza per questo modificare i criteri di
controllo della legge 185/90, che pone il nostro Paese all'avanguardia in campo
internazionale per la sua serietà e il suo rigore».
LA CAMPAGNA - Grande
delusione è stata espressa anche dalle associazioni della campagna "Contro i mercanti di
armi – In difesa della 185", che hanno raccolto tra i cittadini 62 mila firme
a favore del mantenimento della legge. «Ci spiace constatare - ha
dichiarato Tonio Dell'Olio, portavoce della Campagna – che
ancora una volta le ragioni del business abbiano avuto il sopravvento su quelle
dell'etica e che sia questa ormai la logica che guida la politica estera del
nostro Paese». In particolare, due delle questioni che stavano più a cuore alle
associazioni pro-185, ovvero il coinvolgimento delle banche nell'export di armi e
la trasparenza delle transazioni finanziarie nel settore, non sono stati
neppure prese in considerazione. Inoltre, tra le richieste dell'opposizione
c'era quella di consultare le associazioni in occasione della relazione annuale
al Parlamento sul commercio di materiale bellico dalle ditte italiane verso
altri Paesi: la proposta è stata inserita nel testo di legge solo come
raccomandazione, priva quindi del minimo valore vincolante. Nonostante la
"sconfitta", la
Campagna in difesa della 185 non finirà qui. Le associazioni
continueranno a seguire l'iter del ddl in Senato e parallelamente lavoreranno
alla costruzione di un network sovranazionale tra realtà di base
impegnate nel monitoraggio delle transazioni di armi.