----- Original Message ----- From: "Newsletter di Rassegna" newsletter@rassegna.it To: attacchighi@tiscali.it Sent: Friday, July 11, 2003 10:48 PM Subject: Un italiano su due si ritiene povero
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Le ultime notizie di Rassegna Online 11 luglio 2003
Indagine Isae sulla "povertà soggettiva"
Un italiano su due si ritiene povero di Davide Orecchio
Un italiano su due si guarda nelle tasche e pensa di essere povero. O
comunque di non guadagnare abbastanza. Alla domanda "ritiene che il suo stipendio sia sufficiente per vivere senza lussi ma senza privarsi del necessario?", il 51,4% dei nostri connazionali risponde "no". E' quanto emerge dalle rilevazioni dell'Isae (l'Istituto di studi e analisi economica), realizzate su un campione di 24 mila famiglie su base annua (2 mila intervistati ogni mese). Attenzione: quel 50 e passa per cento di persone che si dichiarano povere non lo sono oggettivamente, non rientrano negli standard di povertà "assoluta" e "relativa" fissati dall'Istat, ma questo non impedisce loro di percepirsi come tali. E' il fenomeno della cosiddetta "povertà soggettiva", cui l'Istituto dedica la sua nota mensile di luglio. L'Isae sottolinea come l'indagine non miri a "individuare una fascia di indigenza, o un gruppo di soggetti che versa in una condizione economica significativamente peggiore della media della popo
lazione", ma come faccia emergere, al contrario, "il grado di
insoddisfazione rispetto ai propri livelli di reddito". Insoddisfazione che risulta in crescita: dal 50,1% dell'anno scorso al più recente 51,4%. Il disagio maggiore è percepito al Sud e nelle isole (con tassi intorno al 57%); al Centro la povertà soggettiva si attesta al 52% circa, mentre al Nord non supera il 47%.
ARTICOLO INTEGRALE:
http://www.rassegna.it/2003/statosociale/articoli/povsogg.htm
Eurispes / Economia senza governo
Crollano redditi e investimenti, il governo non fa nulla
Da oltre due anni spirano venti di crisi sull'economia italiana e i
redditi si contraggono a vista d'occhio, ma il governo ha fatto molto poco per arginare il problema, che proprio per questa inazione sta diventando sempre più grave. E una delle indicazioni più rilevanti che emergono dall'indagine realizzata dall'Eurispes, su richiesta dell'Udeur, sui principali aspetti dell'economia italiana negli ultimi due anni, con particolare attenzione agli aspetti congiunturali e di breve periodo.Nel 2002 - rileva l'Eurispes - il reddito disponibile reale delle famiglie, che dopo le contrazioni degli anni 97 e 98 (dovute all'ingresso nell'Euro) aveva mostrato segni di ripresa nel 2000 ed in gran parte dello stesso 2001, ha subito una brusca flessione (-3,1%). Le cause sono due: la modesta crescita del PIL da un lato e la decisa crescita dei prezzi dei prodotti di consumo abituale delle famiglie a basso e medio reddito, dall'altro. A ciò vanno aggiunti i rendimenti dei titoli a reddito fisso, c
he come è noto hanno subito un tracollo e sono una causa non piccola della
riduzione delle entrate dei risparmiatori.
L'Eurispes critica anche duramente la gestione dell'economia da parte del
governo e in particolare del ministro Tremonti, che si sarebbe mostrato gravemente disattento di fronte al disimpegno delle imprese dagli investimenti, senza esercitare "nessuna funzione di supplenza". "In nessuno dei settori ai quali si può attribuire una responsabilità della crisi - nota l'Eurispes - si è visto un intervento deciso e consapevole del governo. Si ha l'impressione che al di là di una serie di espedienti di natura tributaria il governo si disinteressi della gestione dell'economia. La disattenzione del governo è dimostrata dal fatto che nel comparto costruzioni che ha avuto tra il 2002 ed il 2001 un modestissimo aumento dello 0,3%, molto vicino quindi allo zero, il settore "Costruzioni per abitazioni", dominato per la sua totalità dal mercato privato, ha registrato un incremento piccolo ma sensibile e vicino ad un punto percentuale (+0,9%), mentre il comparto "Altre costruzioni", nel quale ricadon
o i lavori pubblici da qualunque ente commissionati, mostra un lieve ma
comunque significativo calo rispetto all'anno precedente (-0,3%)".
ARTICOLO INTEGRALE:
http://www.rassegna.it/2003/statosociale/articoli/eurispes.htm
Competitività del sistema Italia di Patrizio Bianchi, Marcello Messori, Paolo Onofri
Da quasi un quinquennio il sistema economico italiano sta affrontando il
«cambiamento di regime», indotto dalla partecipazione all'Unione mone-taria europea e dalla conseguente crescita nell'integrazione dei mercati continentali. Tra pochi anni questo processo di cambiamento subirà una nuova accelerazione, grazie al progressivo allargamento dell'Unione eu-ropea a molti paesi dell'Europa orientale, usciti in tempi recenti dalla fase di transizione da economie pianificate a economie di mercato. È quindi utile tentare un primo e sommario bilancio di come l'economia italiana abbia reagito a tali mutamenti strutturali, e di come si stia attrezzando per fronteggiare le prossime novità. La risposta più ovvia, ma anche più rispondente alla realtà, sembra es-sere: con difficoltà evidenti. Sul piano macroeconomico, tali difficoltà hanno incominciato a manifestarsi fin dall'inizio degli anni novanta. Il processo di rientro dal debito pubblico, avviato dal governo Amato nel 1992 e (almeno parzia
lmente) concluso dal governo Prodi nel 1998 con la partecipazione al varo
dell'euro, ha avuto l'enorme merito di correggere strutturali disequilibri nei fondamentali della nostra economia e di mante-nere l'Italia nel cuore dell'evoluzione europea. Ciò ha consentito al no-stro paese di evitare il ripudio del debito pubblico - che nel 1994 illustri economisti americani consideravano l'unico rimedio possibile -, di af-frontare negli anni più recenti situazioni di crisi internazionale senza riflessi finanziari significativi, di assorbire - senza ulteriori oneri da inte-ressi per i nostri conti pubblici - la linea di finanza pubblica creativa che si sta attualmente adottando.
ARTICOLO INTEGRALE:
http://www.rassegna.it/2003/granditemi/articoli/bianchi-messori-onofri.htm
Ires congiuntura flash / A cura di Aldo Eduardo Carra
Niente luce in fondo al tunnel di Marigia Maulucci
E la crisi continua: il grafico 3 mostra la relazione tra la crisi
attuale e quella del 1992-93. Dieci anni fa, dopo 23 mesi di difficoltà, iniziò la risalita. Oggi, siamo al 28° mese di andamenti negativi e ancora non si vede "la luce in fondo al tunnel". La recessione combina più fattori negativi: la crescita ferma, intorno allo 0,4%, e la produzione industriale (come si vede dal grafico) in caduta costante, una caduta che coinvolge quasi tutti i settori. Particolarmente delicata la situazione nei settori meccanico, elettronico, tessile, pelli, in quelli della gomma e del legno. L'inflazione stabile intorno al 2,7%, in questo contesto, è un dato negativo perché troppo alta rispetto a quella europea (il confronto Italia-Europa, vedi grafico 1, viene fatto con indici "armonizzati" e quindi l'inflazione italiana risulta un po' più alta del dato diffuso dall'Istat, ndr) . Siamo a ben otto decimi di punto di distanza e questo, con l'euro forte e la difficoltà della nostra bilancia d
ei pagamenti, renderà ancora meno competitiva la nostra economia e ancora
più penalizzato il reddito e le stesse condizioni di vita dei lavoratori dipendenti. L'attuale inflazione, com'è noto, è pari a quasi il doppio di quella programmata in Finanziaria 2003.
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http://www.rassegna.it/2003/attualita/articoli/economia/maulucci2.htm
Sicilia / Economia e occupazione ferme, e i guai giudiziari del presidente
La crisi del modello Cuffaro di Stefano Iucci
Chi bacerà più Cuffaro, il popolare "vasa vasa" da due anni al governo
della Sicilia? Gli elettori cominciano ad abbandonare il centro-destra: dal dorato 61 a 0 delle scorse politiche al ben più misero raccolto della tornata amministrativa di giugno; gli imprenditori protestano per i ritardi della Regione nei pagamenti dei mandati e per gli scarsi investimenti nei lavori pubblici (sono dati da un'indagine recente Isae-Banca d'Italia); l'Istat, poi, gli gioca un altro brutto tiro: annuncia un aumento occupazionale per il 2002 dello 0,9 per cento, che è pur sempre poca cosa rispetto all'1,5 nazionale, ma l'ossigeno artificiale si spegne presto, quando si scopre che un errore di rilevazione ha "regalato" a Ragusa 5.000 occupati in più. Come se non bastasse, ci si mette anche la magistratura che il 26 giugno consegna a Cuffaro un avviso di garanzia per concorso in associazione mafiosa. I destini delle ricorrenze: quasi esattamente due anni prima, il 25 giugno del 2001, Cuffaro trionfava
alle elezioni regionali su Orlando, con il 60 per cento di voti.
Cala il sipario sul volto vincente del centro-destra meridionale? È presto
per dirlo. Ma certo a fare giustizia, a metà mandato, del sistema Cuffaro non sono i colpi della magistratura, ma quelli più sottili e acuminati dei numeri. Che parlano chiaro e indicano, spiega Carmelo Diliberto, segretario della Cgil siciliana, "del fallimento di un sistema fatto di clientele, assistenzialismo e mancanza di progettualità".
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Sicilia
Artioli (industriali): più risorse per lo sviluppo
Pronti al tavolo. La Confindustria siciliana accetta la proposta della
Cgil di costruire un luogo di confronto e impegno per affrontare la crisi di sviluppo della Regione. "Nel momento in cui il Sud sembra finalmente tornato a imporsi come tema nazionale è indispensabile che trovi come protagonisti d'azione anche i destinatari di questo interesse", dice Ettore Artioli, presidente degli industriali isolani.
Rassegna Condividete anche voi il giudizio fortemente negativo che la
Cgil dà del governo regionale?
Artioli Più che sull'azione del governo i giudizi vanno espressi sui
dati. Rallenta l'economia generale e un territorio debole come il nostro risente della crisi più degli altri.
Rassegna Le imprese hanno qualche responsabilità di questa debolezza?
Artioli Certamente. Il sistema si è affidato per troppi anni alle
committenze locali, in forme improprie di mercato che tolgono energia per affrontare i mercati più ampi. In questo, il governo regionale dovrebbe cambiare rotta: meno spesa assistenziale e più risorse per lo sviluppo.
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http://www.rassegna.it/2003/attualita/articoli/sicilia2.htm
Pubblico impiego / Il rinnovo dei contratti
Salta l'incontro tra il ministro e i sindacati
L'incontro tra i sindacati e il ministro Mazzella è saltato. La trattativa
per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego, che riguardano un milione e mezzo di dipendenti tra Sanità ed Enti locali, è stata rinviata. Inevitabile, e preannunciata, la reazione dei sindacati: martedì i gruppi dirigenti confederali e di categoria di Cgil Cisl e Uil si incontreranno per decidere nuove iniziative di mobilitazione. Per Cgil, Cisl e Uil questo rinvio "sta a significare che, dopo quasi due anni, il governo continua a non essere in grado di garantire il rispetto degli impegni assunti per tutti i contratti pubblici contenuti nel protocollo del 4 febbraio 2002". Questo il commento unitario dei segretari confederali Gian Paolo Patta, Antonino Sorgi e Antonio Foccillo, 'Cgil, Cisl e Uil, e le categorie del pubblico impiego - affermano in una nota congiunta - riuniranno martedì prossimo i gruppi dirigenti per decidere le ulteriori iniziative di mobilitazione e lotta generali per il rinnovo dei c
ontratti di lavoro della Sanità, degli Enti locali, della Presidenza del
Consiglio, delle Agenzie Fiscali. Il Governo, negando il diritto al contratto per un milione e mezzo di persone - concludono - mette in discussione pesantemente l'intero sistema delle relazioni sindacali di questo Paese'.
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Metalmeccanici / Le vertenze pre-contrattuali della Fiom
Già 27 accordi
Già 27 accordi, gli ultimi dei quali a Bologna firmati con le aziende
Caterpillar Mec-Track, Cmp elettronicame e Bmb srl. 6500 i lavoratori 'coperti' dalle intese. Questi i primi dati di sintesi forniti dalla Fiom riguardo l'apertura di vertenze aziendali pre-contrattuali finalizzate al rinnovo del Contratto nazionale dei metalmeccanici e alla riapertura del tavolo di confronto. Alla firma dell'accordo separato due mesi fa da parte di Federmeccanica, Fim e Uilm, la Fiom ha risposto avviando in ogni azienda una serie di vertenze che 'hanno lo scopo di raggiungere accordi funzionali alla riapertura del tavolo nazionale e si sviluppano a partire da una serie di proposte - sul salario, sui diritti, sulla continuità delle parti normative del Contratto del luglio 1999 - che vengono presentate allo stesso modo in tutte le aziende interessate dall'iniziativa. Accanto a questi temi - si legge in una nota della Fiom -, si chiede alle aziende un impegno per un accordo nazionale sottoscritto da
tutte le organizzazioni sindacali'. ARTICOLO INTEGRALE:
http://www.rassegna.it/2003/vertenze/articoli/metalmeccanici/precontratti.ht...
Cooperative: la Fiom non firma /
http://www.rassegna.it/2003/contratti/articoli/metalmeccanici/coop.htm
Telecomunicazioni / Secondo biennio economico
Il primo accordo per il settore
E' stata siglata l'intesa per il rinnovo della parte economica del
contratto di settore delle telecomunicazioni. Il contratto interessa il periodo che va dal 1 gennaio 2003 al 31 dicembre 2004, ed è il primo rinnovo a due anni dall'istituzione del settore contrattuale unificato delle tlc. I sindacati Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil, firmatari con Asstel dell'ipotesi di intesa, lo definiscono 'un primo accordo importante dopo la firma di due anni fa. L'ipotesi si rivolge ad un settore già oggi di oltre 110.000 lavoratori, comprendente tutte le maggiori imprese (Telecom, Tim, Omnitel, H3G, Wind, Cosmed, Albacom, ecc.), imprese non aderenti ad Asstel ma che già applicano questo contratto e tutte le piccole e medie imprese del settore'. L'intesa raggiunta prevede un aumento al quinto livello di 91 euro, con un incremento percentuale sullo scorso contratto del 6,4%, comprensivo del recupero sul biennio precedente del 2,3%. Gli scaglioni di aumento sono previsti in 47 euro dal 1 luglio
2003 e 44 euro dal 1 luglio 2004. E' prevista inoltre una 'una tantum'
pari a 250 euro. Slc, Fistel e Uilcom sottolineano come 'le parti abbiano convenuto che gli incrementi concordati, significativamente superiori al tasso di inflazione programmato, sono stati determinati secondo i criteri del Protocollo del 23 luglio 1993, confermando così una impostazione contrattuale legata al recupero dell'inflazione prevista'.
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http://www.rassegna.it/2003/contratti/articoli/telecom3.htm
Anche le Poste rinnovano il contratto:
http://www.rassegna.it/2003/contratti/articoli/poste.htm
Giornalisti / Biennio economico
Intesa tra editori e sindacato
E' stato raggiunto l'accordo tra Fnsi e Fieg per il rinnovo biennale della
parte economica del contratto nazionale dei giornalisti. L'intesa tra federazione della stampa ed editori è stata siglata nella notte. Tra le novità, più 180.000 di vecchie lire al mese per il redattore ordinario in due anni (parametrate secondo le qualifiche), e un maggior sostegno degli editori agli istituti di categoria. L'aumento complessivo (che sfiora i 6 punti percentuali) supera l'inflazione reale prevista nel biennio. Il trattamento minimo tabellare del redattore ordinario è stato incrementato di 93 Euro, pari a £ 180.073, suddiviso in tre tranche: la prima, di 46 Euro, entrerà in busta paga con la retribuzione del corrente mese di luglio. La seconda, di 21 Euro, partirà dalla retribuzione di aprile 2004. La terza, di 26 Euro, da settembre 2004. L'aumento tabellare per il redattore ordinario è riparametrato per le qualifiche superiori: l'aumento per il capo redattore sarà di 118,13 Euro pari a £. 228
- Sulla base degli aumenti tabellari saranno rivalutati tutti gli
istituti economici contrattuali (aumenti biennali di anzianità, indennità per lavoro straordinario, notturno, festivo, ecc.). Con le stesse percentuali di aumento e con le stesse scadenze sono stati incrementati i trattamenti tabellari minimi per i collaboratori fissi (art. 2), i corrispondenti (art. 12) e i pubblicisti part time (art. 36).
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http://www.rassegna.it/2003/contratti/articoli/giornalisti.htm
Informazione / La "Gasparri" in aula al Senato
Un'altra legge su misura di Fulvio Fammoni Segretario generale Slc Cgil
Avevamo chiesto al governo e alla sua maggioranza un atto di
responsabilità sulla legge di riforma del sistema di comunicazione. L'ottava commissione del Senato ha invece ripristinato, peggiorando ulteriormente i punti relativi a Rai e pubblicità, il testo originario che tante critiche aveva sollevato, non solo nostre ma dell'opposizione, dell'associazione degli editori, di esperti, di commentatori internazionali. Questa arroganza, anche dopo il pronunciamento della Corte Costituzionale e le non smentite indiscrezioni su valutazioni attribuite alle più alte cariche istituzionali di incostituzionalità della legge, conferma e rafforza il problema e il giudizio di fondo. Il problema è rappresentato dal conflitto d'interessi del presidente del Consiglio, sempre più evidente e pericoloso.
ARTICOLO
INTEGRALE:http://www.rassegna.it/2003/attualita/articoli/leggegasparri.htm
Settore tessile / La crisi del sistema moda
Svaluta il dollaro, paga il lavoro di Marco Togna
Ma è possibile che se cade un vaso di fiori qui, dove siamo adesso, il
braccio che l'ha urtato sta migliaia di chilometri lontano? È possibile: anzi, è sicuro. Il tessile italiano ha perso negli ultimi due anni 38 mila posti di lavoro (come se a Nuoro o Gorizia o Vibo Valentia si ritrovassero tutti "a spasso", vecchi e bambini compresi). A dirlo è uno studio della Hermes Lab (società di ricerche economiche), presentato nei giorni scorsi a Milano. Il braccio, cioè: la causa? È a Washington: è il dollaro, la sua debolezza. "C'è innanzitutto una coincidenza dei tempi - spiega Marco Ricchetti, amministratore delegato della Hermes - tra gli inizi delle difficoltà italiane e le forti oscillazioni della moneta americana, entrambi databili nella seconda metà del 2001. La svalutazione del dollaro ha provocato la crisi della fiducia dei consumatori e il crollo delle esportazioni: le imprese, per reazione, hanno accelerato i processi di delocalizzazione, spostando i posti di lavoro dall'Italia
in altre parti del mondo". A dimostrare la tesi, intervengono le cifre:
"Nel 2002 la produzione italiana è scesa dell'8,7 per cento, mentre il fatturato è addirittura aumentato di 1.264 milioni di euro. Questo vuol dire che le aziende hanno venduto, ma l'approvvigionamento dei prodotti è stato fatto all'estero".
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Edilizia e immigrazione / Rapporto della Fillea-Cgil
I cantieri degli immigrati
Rappresentano il 12 per cento della forza lavoro nel settore e la loro
presenza è cresciuta con la sanatoria prevista dalla legge Bossi-Fini. Sono ormai 140.000 i lavoratori immigrati impiegati nel settore edile, ma a una presenza così diffusa non corrisponde un adeguato riconoscimento professionale né adeguati diritti: la maggior parte di loro, infatti, è impiegata nelle mansioni più "basse" (apprendisti e operai generici) e una reale tutela in materia di sicurezza è ancora lontana. I dati emergono dal rapporto della Fillea Cgil "Edilizia e immigrazione", presentato il "8 giugno a Bologna in occasione dell¹attivo dei lavoratori immigrati. La presenza di addetti extracomunitari nel comparto tocca punte anche del 30 per cento in alcune grandi città come Roma, Genova e Milano. A livello di macro regioni, nel 2002 questa presenza ha raggiunto il 18% nel Nord Ovest e il 14% nel Nord Est. I dati sull¹occupazione in edilizia elaborati dall¹Istat nel mese di aprile 2003 sullo stesso mese de
ll¹anno precedente rilevano una crescita di 112 mila occupati (+6,5%). Un
dato, questo, che risente ovviamente dell¹effetto sanatoria: le domande di regolarizzazione sono state ben 43.324. Sono in particolare gli ultimi mesi del 2002, a seguito dell¹introduzione della Legge Bossi Fini sull¹immigrazione, ad aver fatto registrare un vertiginoso aumento delle iscrizioni alle Casse Edili di lavoratori stranieri.
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Stati Uniti / La crisi colpisce anche il mercato del lavoro qualificato
Precarietà senza frontiere di Ornella Cilona
La lotta allo sfruttamento dei lavoratori si tinge negli Stati Uniti di
nuovi colori. L'avvento della globalizzazione e lo sviluppo delle tecnologie informatiche hanno creato un mercato del lavoro qualificato che ha ormai dimensione planetaria e che è sempre più a uso e consumo dei grandi gruppi multinazionali. Cresce la domanda di giovani tecnici e laureati dell'Est europeo e dell'Asia, sia che lavorino nei call center in India o in Ungheria, sia che si trovino negli Usa con un regolare visto di lavoro. Il motivo è sempre lo stesso: a parità di specializzazione costano molto meno di un lavoratore statunitense, senza contare il fatto che non hanno alle loro spalle un sindacato che li protegga. Quando si parla di immigrati negli Stati Uniti il pensiero corre ai clandestini latino americani, che costituiscono l'esercito invisibile degli addetti meno qualificati nei cantieri o negli alberghi. In realtà, a partire dalla metà degli anni 90, sono approdati sulle coste degli States un milio
ne di informatici, medici e ingegneri, in possesso di un regolare visto di
lavoro. La maggior parte di loro proviene dai paesi europei al di là dell'ex cortina di ferro o da uno dei paesi asiatici più avanzati sul piano delle nuove tecnologie (India, Malesia, Corea del Sud). Ad attrarli erano il mito di Internet e la crescita a due cifre dell'economia statunitense. Accolti a braccia aperte dalle aziende hi-tech, che lamentavano penuria di personale qualificato, per loro non è stato difficile trovare un lavoro nella Silicon Valley o in qualche clinica per ricchi in Florida. La parola magica che ha schiuso per questi lavoratori le porte di un ufficio o di un laboratorio ha un suono un po' misterioso: H1-B. È il visto speciale che il governo statunitense accorda agli immigrati in possesso di un titolo di studi universitario e di un'esperienza professionale nei settori avanzati.
ARTICOLO INTEGRALE: http://www.rassegna.it/2003/lavoro/articoli/usa2.htm
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