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Sparare Nella Storia
Gerardo Monizza
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Chi voleva la guerra ha ragione: è meglio stare nella storia, magari sparando e mettersi dalla parte del potente. Infatti, una guerra è sempre un vantaggio, soprattutto per chi la vince e l'Italia, non potendola guerreggiare direttamente (non avendone motivi) l'affianca; anche credendola - sciaguratamente - economicamente interessante.
L'affare è particolarmente redditizio per l'universo mediatico che sparando solo parole (spesso in eccesso) e ore di immagini (non sempre veritiere) attira l'attenzione di tutti: attaccanti, attaccati e pacifisti, con gran soddisfazione degli sponsor. I fatti, di questi primi giorni di conflitto, ben documentano che sarebbe stato sciocco starne fuori, naturalmente secondo l'opinione dei belligeranti.
Diventato inutile, per i mutati equilibri nel Medio oriente, il regime di Saddam Hussein andava cancellato. Era possibile farlo, da anni, con i mille modi leciti e illeciti che la prima potenza del mondo aveva sperimentato e praticato in molte precedenti situazioni. Questa volta no. Ci voleva una dimostrazione, ma non agli iracheni né tanto meno al loro affaticato dittatore; ci voleva una dimostrazione al mondo.
Tale è il senso di questa guerra sproporzionata, illegittima e costosa. A 75 miliardi di dollari ammonta la previsione con un costo stimato in circa 300mila dollari al giorno. Nonostante la smisurata ampiezza del bilancio economico è una guerra inutile perché non punta né a cancellare Saddam Hussein, né Osama Bin Laden, né il terrorismo internazionale. La guerra in corso è un gioco dimostrativo che tende a confermare il livello (irraggiungibile) della forza armata americana e la capacità immaginativa delle sue innumerevoli intelligenze strategiche.
Chi voleva la guerra sa bene da che parte stare. Aveva intuito che in gioco c'erano questioni militari (dunque tecnologiche, produttive ed economiche) e affari che non direttamente l'avrebbero coinvolto, ma dai quali - prima o poi - poteva trarre qualche fortuna. È come la bùfaga parassita che sta vigile sulla gobba del rinoceronte. Deve aver pensato: un vermetto schifoso oggi, grattato sotto la corazza, è sempre meglio della pancia vuota sempre.
Chi voleva la guerra si era lanciato in proclami colmi d'entusiasmo ufficiale trascinando nel gorgo fetente centinaia d'altri vivaci pensatori, buoni cittadini costretti a trovare (e trovarsi) mille giustificazioni per sostenere un conflitto impopolare, faticoso e difficile, che finirà comunque male. Questa assurdità, nella quale siamo tutti coinvolti, trascinati dalla follia del potere e dalla superficialità dei gregari, se non fermata in tempo porterà alla rovina totale.
Il mondo che guarda la televisione non capisce che cosa sta succedendo: perché se l'intervento non è d'appoggio ad una lotta di liberazione interna (che non c'è); se non è per eliminare Saddam Hussein (che si poteva fare in modo meno costoso di uomini e mezzi); se non è (solo) per il petrolio (che comunque è sempre utile e importante); se non è per Dio, allora perché combattere?
Considerando che per fare una guerra - diceva un esperto - bisogna essere almeno in due, dov'è il vero nemico? A parte i proclami patetici di Saddam Hussein e la forza della disperazione umana del suo debole esercito, l'Iraq dispone - come si è visto - solo di cianfrusaglie belliche; poco più di polveroso modernariato.
La strapotenza americana aveva bisogno di una verifica: dopo tanti anni di "laboratorio creativo segreto" era indispensabile confrontarsi con la realtà. L'Iraq è questo: una zona sperimentale nella quale controllare i prototipi a lungo collaudati nelle simulazioni. Poi, sarà tutto materiale "testato" secondo le severe norme in vigore. Materiale che acquistato e usato da (o su) altri non deluderà.
Chi voleva la guerra ha scelto bene perché - in fondo - tutta quest'impresa è una normale operazione di marketing globale (bellico o pacifico, di prodotto si tratta) che darà buoni frutti commerciali. Chi voleva la guerra ha fiutato l'affare, ma per fortuna ha quasi sempre anche dei figli che crescono - almeno loro - in sapienza e saggezza. Chissà se sono d'accordo.
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