----- Original Message ----- From: ICS - network asilo To: Undisclosed-Recipient:; Sent: Thursday, October 31, 2002 1:01 PM Subject: (ICS news asilo - 31/10/2002) - Documento Tavolo Migranti
Carissimi,
vi inoltriamo il testo del documento del tavolo migranti dei Social Forum Italiani, preparatorio all'assemblea europea dei migranti che si terra' a Firenze in occasione del Forum Sociale Europeo. Ringraziamo Grazia Naletto di Lunaria per avercelo inviato.
Cordiali saluti
Maria Silvia Olivieri
Forum Sociale Europeo Assemblea europea dei migranti Firenze, Fortezza da Basso, 8 novembre 2002 h. 18.00-20.30 Documento preparatorio del Tavolo migranti dei Social Forum Italiani
In Italia, come in molti altri paesi europei, come in Australia e negli Stati Uniti, i governi hanno assunto ormai da tempo come priorità la predisposizione, l'affinamento e l'armonizzazione di politiche nazionali e regionali di chiusura delle frontiere e di lotta alla "immigrazione clandestina". Il superamento del modello "fordista" di produzione, la riduzione dell'offerta di lavoro nel settore industriale tradizionale, il rallentamento dei processi di crescita delle principali economie, il conseguente aumento della disoccupazione all'interno degli stessi paesi del cosiddetto Primo mondo spingono gli Stati economicamente più forti a controllare e limitare la circolazione di lavoratori. Oltre a queste ragioni strutturali, va considerata la tendenza ormai consolidata nella gran parte dei paesi europei a fare un uso politico e ideologico del tema del controllo e della limitazione dell'immigrazione: i topoi razzisti dell' "invasione", degli immigrati come fonte di insicurezza per i nazionali, della "clandestinità" come sinonimo di criminalità sono abitualmente adoperati come "moneta" da spendere sul mercato elettorale, utilizzata a piene mani dai partiti di destra, ma contesa anche da partiti di sinistra. Tutto ciò avviene mentre nei tanti Sud ed Est del mondo il processo di globalizzazione ha favorito e continua a determinare la crisi e l'indebolimento delle economie locali, l'aumento dei tassi di povertà, con la conseguente moltiplicazione dei cosiddetti effetti di "spinta" alle migrazioni, nonché con l'aumento del numero dei paesi di emigrazione. Non solo. Al tempo stesso, i movimenti migratori degli ultimi anni mostrano un grado crescente di relativa autonomia, configurandosi spesso come una vera e propria strategia di organizzazione "dal basso", in una dimensione "transnazionale", della riproduzione sociale di ampi settori "subalterni" in paesi che il comando capitalistico continua a confinare alla periferia del sistema globale. La contraddizione esistente tra il carattere strutturale del fenomeno migratorio (prodotto proprio dall'attuale modello di sviluppo) e le politiche di chiusura adottate dai governi dei paesi più ricchi è accentuata dal processo di segmentazione della domanda di lavoro: anche in presenza di disoccupazione, permane nei paesi "ricchi" del pianeta uno squilibrio tra domanda e offerta di lavoro locale soprattutto nelle fasce più instabili, precarie e a bassa qualificazione del mercato del lavoro. In Malesia, in Europa, in Argentina come negli Stati Uniti, i migranti sono prevalentemente chiamati ad occupare l'area di quella che in modo elegante viene definita "economia informale", ma che molto spesso coincide con il mondo del lavoro nero o tutt'al più precario, caratterizzato dall'assenza di una formalizzazione del rapporto di lavoro e delle "garanzie" che ne derivano. E' proprio per queste ragioni che, dal punto di vista della globalizzazione capitalistica, non vi è contraddizione tra l'adozione di politiche di chiusura all'immigrazione e la persistenza di una domanda di lavoro non soddisfatta dall'offerta interna. Le politiche di chiusura delle frontiere, la restrizione dei canali di ingresso regolare, la precarizzazione della condizione giuridica degli stranieri attraverso l'irrigidimento delle norme sul soggiorno, il mancato riconoscimento dei diritti di cittadinanza, sono funzionali all'utilizzo dei migranti come manodopera a basso costo, altamente ricattabile e dunque più "flessibile" e facilmente "espellibile". Presentate come lo strumento principale per combattere l'immigrazione irregolare, le politiche anti-immigrazione dei governi mondiali non fanno altro che alimentarla. Occorre dunque prendere atto che le migrazioni internazionali hanno assunto un carattere strutturale e sono parte integrante dell'attuale modello di sviluppo economico e allo stesso tempo ribadire che è sbagliato parlare di una loro esplosione. I governi del mondo ne sono ben consapevoli ma hanno tutto l'interesse ad adottare politiche restrittive perché vogliono mantenere la libertà di assorbire o espellere manodopera straniera a basso costo e ciò è più facile impedendo agli immigrati di entrare legalmente sul proprio territorio e negando loro uno status giuridico certo. L'illegalità costringe i migranti ad accettare qualsiasi lavoro, a qualsiasi condizione, permette di escluderli dai sistemi di protezione sociale e di negare politiche di integrazione. Le politiche migratorie a livello globale sono dunque caratterizzate da una limitazione (totale o parziale) delle migrazioni economiche legali, dalla moltiplicazione delle cause di respingimento alla frontiera e di espulsione, dalla negazione sostanziale del diritto di asilo riconosciuto dalla Convenzione di Ginevra del 1951, dalla concentrazione di risorse pubbliche nel rafforzamento delle forze di polizia alle frontiere, dalla carenza di politiche pubbliche di accoglienza e di integrazione e dallo smantellamento di quelle esistenti, dalla costruzione di quelli che in Italia si chiamano centri di permanenza temporanea, ma in Australia e in Gran Bretagna sono più esplicitamente definiti "centri di detenzione": veri e propri campi, in cui vengono detenuti immigrati, ma anche richiedenti asilo, che non hanno commesso nessun reato ma hanno l'unica "colpa" di non avere il permesso di soggiorno.
Le politiche europee L'impegno a "comunitarizzare" le politiche in materia di immigrazione e asilo nell'arco di cinque anni risale all'entrata in vigore del Trattato di Amsterdam (maggio 1999). Ma l'unico versante su cui i governi dell'Unione Europea sembrano agire in sintonia, sia a livello politico che tecnico, e ancora prima di una effettiva armonizzazione delle politiche a livello formale, è quello delle politiche di ammissione e di "lotta all'immigrazione illegale". Da Tampere a Siviglia questa è stata, senza soluzione di continuità, l'ossessione dell'Europa, secondo un approccio che non coglie (o non vuole cogliere) il nesso esistente tra le politiche migratorie e lo squilibrio crescente, prodotto dal processo di globalizzazione, tra i Nord e i Sud del mondo e che, soprattutto, sceglie di subordinare i diritti umani fondamentali delle persone alle esigenze del mercato del lavoro e agli interessi economici. Sebbene siano state presentate diverse proposte di direttiva in materia di integrazione dei migranti e di asilo, le sole misure adottate in via definitiva sono quelle destinate a rafforzare la Fortezza Europa e ad attuare le politiche repressive, presentate in modo pretestuoso come il principale strumento di lotta all'immigrazione illegale e di gestione delle migrazioni. Come appare del tutto evidente, in questo contesto, la garanzia dei diritti di cittadinanza degli stranieri, anche di quelli regolarmente presenti sul suo territorio, costituisce l'ultima delle preoccupazioni dell'Europa. La cittadinanza europea, proposta nella Carta europea dei diritti è una cittadinanza escludente, riconosciuta solo ai cittadini autoctoni. I milioni di migranti che risiedono in Europa stabilmente e contribuiscono alla sua ricchezza economica e culturale sono destinati a rimanere privi di diritti: tutt'al più, in alcuni paesi, beneficiano della "concessione" del godimento, limitato e condizionato, di alcuni diritti civili e sociali.
Il ruolo dei movimenti Il movimento dei migranti italiano ha saputo intrecciare nell'ultimo anno la protesta contro la logica segregazionista del governo Berlusconi, che propone l'apartheid giuridico, sociale, civile e politico dei migranti, con il no ad ogni tipo di guerra; il rifiuto della riduzione dei migranti a merce-lavoro con la difesa dei diritti dei lavoratori italiani e stranieri facendo propria la battaglia per la difesa dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori; la lotta contro la globalizzazione neoliberista e la richiesta della libera circolazione delle persone; la rivendicazione di un sistema diverso di ripartizione delle ricchezze del pianeta con la difesa dei diritti umani fondamentali. Proprio la capacità di contestualizzare il tema dei diritti di cittadinanza e dei diritti dei migranti nel quadro del movimento contro la globalizzazione capitalistica costituisce la novità più rilevante: il tema delle migrazioni è finalmente assunto dal movimento come una questione trasversale, connessa ai processi di ristrutturazione e destrutturazione del mercato del lavoro e alle politiche di abbattimento del welfare. Il Forum Sociale Europeo consente oggi di compiere un ulteriore e ormai improrogabile salto di qualità: la costruzione di un movimento europeo dei migranti e per i diritti dei migranti, capace di contrapporre all'Europa escludente dei governi un'Europa alternativa aperta, pluriculturale, "meticcia" fondata su principi radicalmente diversi, quali ad esempio: - la garanzia del diritto a migrare e a entrare in Europa; - la libera circolazione per tutti, compresi i cittadini di "paesi terzi"; - la regolarizzazione a regime di tutti i sans-papiers - l'idea di una cittadinanza inclusiva, non solo formale, ma civile e sociale capace di garantire a tutti coloro che risiedono stabilmente in un determinato territorio pieni diritti politici, sociali, civili; - la garanzia di uguali diritti per tutti i lavoratori e l'introduzione di misure che tutelino dallo sfruttamento i lavoratori stranieri, compresi quelli precari e senza contratto di lavoro; - la garanzia piena del diritto di asilo.
La nostra discussione a Firenze dovrebbe a nostro avviso concentrarsi in particolare, dal punto di vista analitico su tre grandi temi: in primo luogo sul nuovo regime di frontiera che si è andato affermando in Europa nell'ultimo decennio, di cui dovranno essere indagate le ripercussioni sia verso l'esterno (il cosiddetto effetto domino, attraverso il quale esso si irradia verso est e verso sud, coinvolgendo in primo luogo i paesi candidati a entrare nell'Unione europea) sia verso l'interno (proliferazione dei centri di detenzione, sistemi di espulsione, ma anche tendenza a introdurre stratificazioni gerarchiche all'interno della cittadinanza nei singoli paesi europei); in secondo luogo sui movimenti dei migranti e per i diritti dei migranti che si esprimono in Europa, di cui si dovranno censire le caratteristiche, lo spettro d'azione e le forme di mobilitazione; infine sul lavoro migrante, di cui riteniamo dovranno essere discusse sia la rilevanza crescente all'interno della composizione della forza lavoro europea sia le esperienze di mobilitazione e di lotta che cominciano ad accumularsi, dalla Spagna all'Italia.
Proponiamo a coloro che parteciperanno all'assemblea di Firenze di ragionare insieme intorno alla necessità di costruire un movimento europeo per i diritti dei migranti che veda nel prossimo anno la promozione di iniziative, mobilitazioni e campagne comuni: non una nuova rete, formalmente organizzata, ma prima di tutto un canale reale di comunicazione politica, di circolazione dei saperi, delle esperienze e delle lotte. Per parte nostra, indichiamo tre punti fondamentali attorno a cui il movimento dovrebbe esprimersi in Europa:
Il diritto a migrare Nessuna ragione economica, politica o sociale può giustificare la privazione della libertà di emigrare, diritto riconosciuto a tutti gli uomini e le donne dall'art. 13 e 14 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo. Una campagna che mettesse all'ordine del giorno l'introduzione di meccanismi di regolarizzazione permanente per coloro che riescono a costruire percorsi di integrazione lavorativa e sociale ribalterebbe l'ordine di priorità dell'agenda europea: i diritti dei migranti non possono essere subordinati agli interessi dei datori di lavoro, le politiche di ingresso contingentate e la militarizzazione delle frontiere alimentano il traffico di esseri umani, l'immigrazione irregolare e il lavoro nero, anziché combatterli.
No detention I centri di detenzione sono il simbolo della politica neoliberista di criminalizzazione dei migranti: a Woomera (Australia) come a Sangatte (Francia), a Ponte Galeria come a Malaga, a Manchester come a Zurigo sono luoghi di sospensione del diritto e uno dei principali strumenti di attuazione delle politiche repressive nei confronti dei migranti. Donne e uomini vengono trattenuti per mesi in vere e proprie prigioni, difese da militari armati e da reti di filo spinato, con la sola colpa di aver osato cercare una vita migliore. Proponiamo di lanciare a livello europeo una campagna per la loro chiusura e per bloccare la costruzione di nuove strutture (a Torino, il 30 novembre 2002 si svolgerà una manifestazione proprio contro uno di questi centri).
Il diritto di asilo Dalla guerra del Golfo in poi i governi mondiali hanno scelto di rilegittimare l'uso della guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali, con l'intervento in Kossovo hanno inventato la "guerra umanitaria", dopo l'attacco dell'11 settembre hanno trovato nella "guerra al terrorismo" un escamotage per giustificare una volta per tutte l'uso indiscriminato delle armi contro le popolazioni civili con la cosiddetta "guerra preventiva". Ma i profughi e i richiedenti asilo, che in buona parte, di quelle e di molte altre guerre sono la diretta conseguenza, vedono negato ogni giorno il diritto di asilo. Proponiamo il lancio di una campagna europea per l'effettiva garanzia del diritto di asilo a qualsiasi persona perseguitata per motivi politici, anche da soggetti non statali e per chiedere all'Unione Europea l'adozione in tempi brevi di direttive che vincolino gli stati membri ad uniformare, al livello più alto, i propri sistemi di accoglienza e le politiche di integrazione dei richiedenti asilo e dei rifugiati.
Invitiamo tutte le organizzazioni e i movimenti europei interessati a partecipare all'Assemblea di Firenze che si svolgerà l'8 novembre (dalle 18 alle 21) all'interno della Fortezza da Basso, a inviarci i loro contributi. In una riunione preparatoria, che si svolgerà il 7 novembre presso la sede dell'Arci, piazza dei Ciompi 11 alle ore 12.00, ci ritroveremo per conoscerci e organizzeremo insieme questo appuntamento. Riteniamo intanto utile che comincino a circolare testi e documenti, sia nella forma di commenti e critiche alla nostra proposta sia nella forma di sintetiche schede informative sulle singole situazioni "locali".
Forum Social Européen Assemblée européenne des migrants Florence, Fortezza da Basso, 8 novembre 2002 18.00-20.30 h
Document préparatoire de la Table migrants des Forums Sociaux Italiens
En Italie, ainsi que dans la plupart des pays européens, mais aussi en Australie comme dans les Etats-Unis, les gouvernements ont depuis longtemps pris la même direction: le perfectionnement et l'harmonisation des politiques nationales et régionales de fermeture des frontières et la lutte contre "l'immigration clandestine". Le dépassement du modèle "fordiste" de production, la réduction de l'offre d'emplois dans le secteur industriel traditionnel, le rallentissement des processus de croissance des principales économies, l'augmentation conséquente du chomage au sein des pays du Premier monde poussent les Etats économiquement plus puissants à contrôler et à limiter la circulation des travailleurs. Outre ces raisons structurelles, il faut considérer la tendance désormais consolidée dans la plupart des pays européens à faire un usage politique et idéologique du thème du contrôle et de la limitation de l'immigration: les topoi racistes de "l'invasion", des immigrés considérés comme source d'insécurité pour les nationaux, de la "clandestinité" comme synonime de criminalité sont fortement utilisés par les partis de droite sur le marché électoral, mais également par certains partis de gauche. Tout cela a lieu tandis que dans les nombreux Sud et Est du monde le processus de globalisation a favorisé et continue à déterminer la crise et l'affaiblissement des économies locales, l'augmentation des taux de pauvreté, et la conséquente "poussée" des migrations ainsi que l'augmentation du nombre des pays d'où partent les migrants. En même temps, les mouvements migratoires de ces dernières années montrent un niveau croissant d'autonomie, et révèlent une véritable stratégie d'organisation à partir "du bas", dans une dimension "transnationale", de la reproduction sociale de nombreux secteurs "subalternes" dans des pays qui restent relégués dans la grande banlieue du système global. La contradiction existante entre le caractère structurel du phénomène migratoire (produit par le modèle actuel de developpement) et les politiques de fermeture adoptées par les gouvernements des pays plus riches est accentuée par le processus de segmentation de la demande d'emploi: la présence du chomage dans les pays riches n'évite pas le déséquilibre entre la demande et l'offre sur la marché du travail local, surtout pour les emplois plus instables, précaires et sans qualification. En Malaisie, en Europe, en Argentine comme dans les Etats-Unis, les migrants sont appelés surtout à occuper le secteur que l'on définit de façon élégante "économie informelle", mais qui souvent correspond au monde du travail au noir ou précaire, c'est à dire sans garanties. C'est pour ces raisons que, du point de vue de la globalisation capitaliste, il n'y a pas de contradictions entre l'adoption de politiques de fermeture face à l'immigration et la persistance d'une demande d'emplois insatisfaite par l'offre interne. Les politiques de fermeture des frontières, la restriction des possibilités d'entrée régulière, la précarisation de la condition juridique des étrangers par le biais du durcissement des normes sur le séjour, l'absence de reconnaissance des droits de citoyenneté sont fonctionnels à l'utilisation des migrants comme main-d'oeuvre à bas prix, fortement "flexible" et que l'on peut facilement expulser. Ainsi les politiques anti-immigration présentées par les gouvernements mondiaux comme étant l'instrument principal contre l'immigration illégale ne font en réalité que l'alimenter. Il faut donc prendre acte que les migrations internationales ont assumé un caractère structurel et sont partie intégrante du modèle actuel de développement économique et que ce phénomène n'est pas en train d'exploser. Les gouvernements du monde en sont tout à fait conscients mais leur intérêt est celui d'adopter des politiques restrictives pour maintenir la liberté d'absorber ou d'expulser une main-d'oeuvre étrangère à bas prix, privée de ses droits. L'illégalité oblige les migrants à accepter n'importe quel emploi, à n'importe quelles conditions et permet de les exclure des systèmes de protection sociale et de nier toute politique d'intégration. Au niveau global les politiques migratoires sont donc caractérisées par une limitation (totale ou partielle) des migrations économiques légales, par une multiplication des causes de refoulement à la frontière et de successive expulsion, par la négation du droit d'asile reconnu par la Convention de Genève de 1951, par la concentration des ressources publiques pour le renforcement des contrôles au frontière, par le manque de politiques publiques d'accueil et d'intégration et le démantellement de celles existantes, par la construction en Italie de centres de permanence temporaire, que l'on définit en Australie et en Grande Bretagne de façon plus explicite "centres de détention": de véritables camps dans lesquels les immigrés y sont détenus, y compris les demandeurs d'asile, sans avoir commis aucun délit mais "coupables" de pas avoir de permis de séjour.
Les politiques européennes L'engagement pour"harmoniser" les politiques en matière d'immigration et d'asile dans une période de cinq ans commence avec l'entrée en vigueur du Traité de Amsterdam (1999). Mais le seul versant sur lequel les gouvernements de l'Union Européenne semblent avoir trouvé un véritable accord, soit au niveau politique que technique, est celui des politiques de "lutte contre l'immigration illégale". De Tampere à Séville on retrouve cette même obsession de l'Europe, suivant une approche qui ne saisit pas (ou ne veut pas saisir) le lien existant entre les politiques migratoires et le déséquilibre croissant, produit par le processus de globalisation, entre les Nord et les Sud du monde et qui choisit de subordonner les droits fondamentaux des personnes aux exigences du marché du travail et aux intérêts économiques. Bien que différentes propositions en matière d'asile et d'intégration des migrants aient été présentées, les seules mesures jusqu'içi adoptées de façon définitive sont celles destinées à renforcer la Forteresse Europe et à réaliser les politiques répréssives définies comme l'instrument principal de lutte contre l'immigration illégale et de gestion des migrations. Dans ce contexte il paraît évident que la garantie des droits de citoyenneté des étrangers, même de ceux qui ont une position régulière, ne représente pas une priorité pour l'Europe. La citoyenneté européenne, proposée dans la Carte européenne des droits, est en fait une citoyenneté excluante, réservée aux autochtones. Les millions de migrants qui vivent de façon stable en Europe et qui contribuent à sa richesse économique et culturelle sont destinés à rester privés de droits: ils bénéficient tout au plus dans certains pays de la "concession" limitée et conditionnée de quelques droits civils et sociaux.
Le rôle des mouvements Au cours de cette année, le mouvement des migrants italien a su tenir ensemble la protestation contre la logique ségrégationniste du gouvernement de Berlusconi, qui propose l'apartheid juridique, social, civil et politique des migrants, et le refus à tout type de guerre; la défense des droits des travailleurs italiens et étrangers et celle de l'article 18 du Statut des travailleurs; la lutte contre la globalisation néolibériste et la promotion de la libre circulation des personnes; la revendication d'un nouveau système de répartition des richesses sur la planète et la défense des droits humains. La capacité de contextualiser le thème des droits de citoyenneté et des droits des migrants dans le cadre du mouvement contre la globalisation capitaliste constitue la véritable nouveauté: la question des migrations est devenu un thème transversal, lié aux processus de restructuration et de déstructuration du marché du travail et aux politiques de démolition du welfare. Le Forum Social Européen permet aujourd'hui de faire un pas ultérieur et nécessaire: la construction d'un mouvement européen des migrants et pour les droits des migrants, capable d'opposer à une Europe excluante une autre Europe, ouverte, pluriculturelle, "métisse", fondée sur des principes radicalement différents, tels que: - la garantie du droit à la migration et à l'entrée en Europe; - la libre circulation pour tous, y compris les citoyens des "pays tiers"; - la régularisation de tous les sans-papiers; - l'idée d'une citoyenneté incluante, non seulement formelle, mais civile et sociale capable de garantir les droits politiques, sociaux et civils à tous ceux qui vivent de façon stable sur un territoire; - la garantie des mêmes droits pour tous les travailleurs et l'introduction de mesures de protection contre l'exploitation des travailleurs étrangers, y compris les précaires et ceux qui n'ont pas de contrat de travail; - la pleine garantie du droit d'asil.
Notre discussion à Florence devrait à notre avis se concentrer sur trois grands thèmes: en premier lieu sur le nouveau régime de frontière qui s'est affirmé en Europe cette dernière décennie, analysant soit les répercussions vers l'extérieur (l'effet domino vers l'est et le sud, et en particulier vers les pays candidats pour entrer dans l'Union européenne) soit vers l'intérieur (prolifération des centres de détention, systèmes d'expulsion, mais également la tendance à introduire des stratifications hiérarchiques au sein de la citoyenneté dans les différents pays européens); deuxièmement sur les mouvements des migrants et pour les droits des migrants qui s'expriment en Europe, leurs caractéristiques, leur rayon d'action et les différentes formes de mobilisation; et enfin sur le travail migrant dont il faudrait à notre avis analyser l'importance croissante qu'il assume au sein du monde du travail européen ainsi que les expériences de mobilisation et de lutte qui commencent à s'accumuler, de l'Espagne à l'Italie.
Nous proposons à tous ceux qui participeront à l'assemblée de Florence de raisonner ensemble sur la nécessité de construire un mouvement européen pour les droits des migrants qui soit capable l'année prochaine de promouvoir des initiatives, des mobilisations et des campagnes comunes: non pas un nouveau réseau, avec une organisation formelle, mais plutôt une voie de communication politique, de circulation des savoirs, des expériences et des luttes. Pour ce qui nous concerne nous indiquons trois points fondamentaux sur lesquels le mouvement devrait s'exprimer en Europe:
Le droit à la migration Aucune raison économique, politique ou sociale peut justifier la privation de la liberté d'émigrer, droit reconnu à toutes les femmes et les hommes par les articles 13 et 14 de la Déclaration Universelle des Droits de l'Homme. Une campagne qui soutiendrait l'introduction de mécanismes de régularisation permanente pour tous ceux qui réussissent à construire un parcours d'intégration dans la société d'accueil renverserait les priorités de l'agenda européenne: les droits des migrants ne peuvent pas être subordonnés aux intérêts des entreprises; les politiques des quotas strictes et la militarisation des frontières alimentent le traffic d'êtres humains, l'immigration irrégulière et le travail au noir, au lieu de le combattre.
No detention Les centres de détention sont le symbole de la politique néolibériste de criminilisation des migrants: à Womera (Australie) comme à Sangatte (France), à Ponte Galleria (Italie) comme à Malaga, à Manchester comme à Zurich ce sont des lieux de suspension du droit et instrument principal des politiques répressives vis à vis des migrants. Femmes et hommes sont souvent gardés pendant des mois dans de véritables prisons, munies de barbelés et contrôlées par des militaires armés. Nous proposons de lancer une campagne européenne pour la fermeture de ces centres et pour bloquer la construction de nouvelles structures de ce genre (A Turin, le 30 novembre 2002 il y aura lieu une manifestation contre un de ces centres).
Le droit d'asile A partir de la guerre du Golfe les gouvernements mondiaux ont choisi de donner une nouvelle légitimité à l'utilisation de la guerre comme instrument de résolution des conflits internationaux, avec l'intervention au Kossovo ils ont inventé la "guerre humanitaire", après l'attaque du 11 septembre ils ont trouvé dans la "guerre au terrorisme" l'escamotage pour justifier définitivement l'utilisation des armes contre la population civile avec la soi-disant "guerre préventive". Mais les réfugiés et les demandeurs d'asile, qui sont en partie la conséquence de ces guerres et de beaucoup d'autres, bénéficient rarement du droit d'asile. Nous proposons d'organiser une campagne européenne pour une garantie certaine du droit d'asile à toute personne persécutée pour des raisons politiques, même par un sujet non étatique, et pour demander à l'Union Européenne l'adoption rapide d'une résolution qui engage les Etats membres à uniformiser les propres systèmes d'accueil et les politiques d'intégration des demandeurs d'asile et des réfugiés.
Nous invitons toutes les organisations et les mouvements européens intéressés à participer à l'Assemblée de Florence qui se déroulera le 8 novembre (de 18 à 21 h) à l'intérieur de la Fortezza da Basso, à nous faire parvenir leurs documents. Au cours d'une réunion préparatoire, qui se déroulera le 7 novembre au siège de l'ARCI, 11 piazza dei Ciompi, à 12 heures, nous nous retrouverons pour nous connaître et organiser ensemble cet évennement. Nous pensons qu'il puisse être utile faire circuler dès maintenant des textes et des documents, soit sous forme de commentaires et de critiques à notre proposition, soit sous forme de données sur les situations "locales".
Migrants European Assembly Florence November the 8th 2002 6-8.30 p.m. Draft by the Table of migrants of the Italian Social Forum
In Italy, as in other European countries, Australia and the USA, the governments have assumed the national and regional policies of closing borders and fight against 'clandestine immigration' as priorities. The overcoming of Fordist model of production, the cut of labour-supply in the traditional manufacture sector, the slow-down of the growth in the main economies, the consequent increase of the unemployment within the countries belonging to the so-called First World; all these factors push the most powerful States to control and limit the circulation of the workers. Beyond such structural reasons, one has to consider also the consolidate tendency in western societies to make a political and ideological use of the theme of the control and limitation of immigration: the ordinary racist view of immigration as 'invasion', of the immigrant as a source of danger and of clandestinity as synonymous of criminality, is often used as a convenient tool for electioneering. All this happens while in the south and east of the world the process of globalisation determines the crisis of the local economies and the increase of the poverty rate: the consequences are the multiplication of the migratory fluxes and of the number of countries they originate from. At the same time the migratory movements in recent years have shown an increasing degree of autonomy, becoming a form of organization 'from below'. That is, a trans-national mechanism which fosters sociality exactly where it is put aside by the capitalistic powers. The existing contradiction between the structural dimension of the migration phenomenon (produced by the present model of development) and the policies of closing borders adopted by the governments of the richest countries are fostered by the segmentation process of labour-demand: even in the presence of unemployment, a trade off between the local supply and demand of labour still exists in the richest countries, especially as regards the most vulnerable, less qualified and more precarious people. In Malaysia, Europe, Argentina and the USA, the migrants are mostly asked to work in the area which is defined most elegantly as 'informal economy', an area that, indeed, often overlaps with moonlighting or, at most, casual labour, characterised by the absence of a contract and its guaranties. For this very reasons, from the point of view of the capitalistic globalisation, there is no contradiction between the adoption of policies of restriction of immigration and the persistency of a labour demand not covered by the internal supply. The policies of closing borders, the restriction of the regular entry channels, the dismantlement of the judicial status of foreigners by means of the adoption of stricter rules, the lack of acknowledgment of the rights of citizenship: all this is functional to utilising migrants as low-cost workers, highly subject to blackmail and, hence, more 'flexible' and more viable to be expelled. Therefore, the policies on immigration, usually presented as the best instrument for fighting the irregular immigration, are indeed the very first cause that fosters immigration. So we have to take note that international migrations have assumed a structural dimension and have become an integral part in the actual model of economic development (even though we have to reaffirm that speaking of a very explosion of them is wrong). The governments are perfectly aware of such facts but they have also an interest to adopt restrictive policies: what they truly want is to maintain the liberty to absorb or expel low cost workforce as they like and this happens to be easier by forbidding the migrants to come legally in our territories and by denying them any precise judicial status. The illegality forces migrants to accept any job at any condition, and allows governments to exclude them from the social security systems and policies of integration. The migration policies at a global level are then characterised by a limitation (total or partial) of the legal economic migrations; by the multiplication of the excuses of the turning down of people at the frontiers; by the denial of the substantial right of asylum (envisaged by the Geneve Convention of 1951); by the concentration of public funding in the reinforcement of the police armies guarding the frontiers; by the lack of public policies of hospitality and integration (and by the abandonment of the few existing ones); by the construction of those which are called 'temporary permanence centres' in Italy and but that in Australia and UK, more truly, 'detention centres'. These are genuine camps in which not only immigrants are detained, but also people just asking for asylum, who haven't committed anything wrong but whose unique 'fault' is not having the residence permit.
The European policies
The commitment of 'rendering communitarian' the policies regarding immigration and asylum within the next five years, was taken with the coming into force of the Amsterdam Treaty (May 1999). But the sole theme as regard to which the European countries have appeared as capable to act harmoniously both at a political and a technical level (and even before an effective harmonisation of the policies at the formal level), has been the one concerning the policies of admission and fight against illegal immigration.