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Da: Enrico Pieroni ep@crs4.it A: walter.federica@tiscalinet.it Cc: ep@crs4.it Oggetto: [Fwd: social forum Brescia] Data: venerdì 12 aprile 2002 12.53
Caro Walter,
Mariella CAO del Comitato Gettiamo le Basi, che fa parte del CASF, mi ha inviato questo documento, che ti passo per una diffusione sia elettronica che, se c'e' spazio, interesse e possibilita', "cartaceamente" durante il convegno. Ciao, a presto e grazie
Enrico
-------- Original Message -------- Subject: social forum Brescia Date: Fri, 12 Apr 2002 11:05:02 +0200 From: "Marcao" caomar@tiscalinet.it
SARDEGNA: basi militari, mercato di armi, leucemie, alterazioni genetiche
L'industria della guerra gestita dalla Nato con il supporto delle grandi imprese private produttrici/trafficanti di sofisticati sistemi d'arma, fin dal suo insediamento in Sardegna negli anni '50, ha previsto l'installazione di una immensa fiera-mercato permanente ad incremento del giro d'affari che alimenta la sua stessa ragione d'essere: le armi e la guerra.
Il POLIGONO INTERFORZE SALTO DI QUIRRA-CAPO SAN LORENZO è utilizzato, sia dalle Forze Armate Italia-Nato per attività sperimentali e addestrative, sia dalle multinazionali fabbricanti di ordigni bellici ( Alenia, Fiat, Melara, Dalmine, Eurosam, Aerospatiale, Thomson ecc). Funziona come grande shopping center dove industrie private effettuano prove, sperimentano, collaudano missili, razzi, armamenti, materiali da guerra e dove conducono organismi militari stranieri, i potenziali clienti, per le dimostrazioni promozionali prima degli acquisti. Nel prezzo, circa 60-80 milioni il giorno (cifra "ufficiosa", approssimativa per difetto), è incluso il diritto all'uso del mare sardo come bersaglio e discarica di missili e razzi di vecchia e nuova generazione.
E' il più vasto poligono d'Italia e d'Europa. Si estende per 11.600 ettari nell'entroterra e per 1.100 ettari lungo la costa (San Lorenzo); una fascia di 3.500 ettari sottoposta a servitù collega le due aree. Le zone interdette o pericolose per la navigazione, annesse alla base militare, oltrepassano le acque territoriali e si estendono in acque internazionali impegnando oltre 3.000.000 ettari di superficie, un'area che supera quella dell'intera Sardegna (kmq 23.821). Alla militarizzazione dello sterminato tratto di mare corrisponde la militarizzazione dello spazio aereo. Per meglio valutare le dimensioni del poligono è opportuno ricordare che, in Sardegna, il demanio militare a terra ammonta a 24.000 ettari a fronte dei 16.000 di tutto il restante territorio della penisola. Pertanto, il poligono di Quirra corrisponde alla quasi totalità del demanio militare sparso nelle altre regioni, dal Friuli alla Sicilia. Per quanto concerne gli sterminati spazi di mare "asserviti" non esiste un raffronto possibile con le altre regioni d'Italia.
Le cupe dicerie che hanno sempre aleggiato intorno al poligono "protetto" dal segreto militare e dal segreto industriale sono state superate in orrore dalla realtà lentamente emersa negli ultimi due anni e, in particolare, nel febbraio-marzo 2002. Ad oggi i dati accertati e documentati sono i seguenti: un generale e tre militari di leva uccisi dalla leucemia, un'altro in lotta contro il male; Quirra - frazione di Villaputzu- 150 abitanti, 13 persone divorate da tumori al sistema emolinfatico; Escalaplano, 2.600 abitanti, 11 bambini nati con gravi malformazioni genetiche.
Nel luglio 2002 è intervenuta la magistratura e ha pronunciato la sentenza definitiva: il poligono Salto di Quirra uccide.
Inquieta il sospetto/certezza che l'abnorme percentuale di neoplasie e alterazioni genetiche che devasta le due comunità a ridosso della base militare sia solo la punta dell'iceberg e basti indagare anche negli altri paesi per vedere riemergere sinistri fenomeni, strani episodi, finora attribuiti alla fatalità, che hanno il loro epicentro nei poligoni Nato. I sospetti vanno dai depositi di armi e scorie radioattive o altamente inquinanti all'emissione di onde elettromagnetiche delle potenti installazioni radar che incombono sul territorio e, sopratutto, investono l'uso di uranio impoverito/arricchito al plutonio nel corso delle "normali" attività addestrative e sperimentali.
La lotta della Sardegna contro l'URANIO IMPOVERITO
Nel settembre 1999, la leucemia che ha ucciso Salvatore Vacca, in servizio in Bosnia, e Giuseppe Pintus, in servizio nel poligono di Capo Teulada, ha spinto la Sardegna a interrogarsi e chiedere chiarezza sull'utilizzo di uranio impoverito, sia nelle zone teatro di massacri "umanitari", sia negli immensi poligoni che l'isola è costretta a mettere a disposizione della Nato.
Il comitato sardo Gettiamo le Basi ostacola la rimozione della "strana" morte dei due militari sardi denunciando ripetutamente che l' uranio, non solo uccide indiscriminatamente irakeni, somali, bosniaci, serbi, kosovari, afgani e militari italiani, ma espone ad alto rischio anche le popolazioni residenti nei pressi degli sterminati poligoni terrestri, aerei e navali che mortificano la Sardegna. Con lavoro da formica e insistenza da zanzara, raccoglie indizi e prove, promuove convegni e petizioni popolari, organizza manifestazioni di piazza e volantinaggi davanti alle caserme, "perseguita" giornalisti, parlamentari, "autorità competenti" e organi scientifici. L'attenzione si mantiene alta.
Teulada, impegnata da tempo immemorabile in una dura vertenza per ottenere un monitoraggio sanitario e ambientale della base militare, la più vasta d'Europa dopo quella di Salto di Quirra, acuisce la conflittualità permanente contro le FFAA accusate, ormai apertamente, di contaminazione radioattiva. Nel settembre 2000, quando in Italia quasi nessuno parlava di U-238, interroga formalmente i vertici delle FF.AA. sull'uso dell'uranio impoverito nei 7.200 ettari del suo territorio espropriato e nei 50.000 ettari del suo mare sottoposto a schiavitù militare. L'esigenza di un monitoraggio ambientale e sanitario si lega strettamente alla denuncia della riduzione del lavoro e dei danni all'economia locale causati dalle attività di guerra.
Le paradossali "rassicurazioni" di generali e ministri e sottosegretari producono l'effetto boomerang: l'allarme si generalizza e si acuisce l'attenzione delle popolazioni residenti nelle vicinanze delle zone militarizzate dell'isola. L' inquietudine non si è mai placata. Nel febbraio scorso la stampa registra per l'ennesima volta: "Allarme uranio, preoccupazione nel Sulcis", e il Sulcis estende la richiesta di indagini "super partes" e monitoraggio permanente a TUTTI i siti della Sardegna coinvolti dalle attività militari.
Nel dicembre 2000, nonostante la cronica latitanza dei parlamentari sardi, del consiglio e della giunta regionale, la Sardegna infrange definitivamente la coltre del silenzio sul "metallo del disonore" e imporre la discussione a livello nazionale e internazionale. La stampa locale (L'Unione Sarda) trascina tutti i media nazionali nella ricerca di chiarezza sul DU.
La "sindrome Quirra" si delinea contemporaneamente all'emergere della "sindrome dei Balcani" e alle "ammissioni" sul criminale uso di DU da parte della Nato, sia nelle zone teatro di guerra, sia nei "normali" addestramenti nei poligoni di Francia, Gran Bretagna, Germania, Grecia, Spagna.
Le coraggiose denunce del sindaco di Villaputzu (Polo) sull'inquietante percentuale di tumori non producono conseguenze per un intero anno. Sono ancora inascoltate le denunce di un medico del pronto soccorso sulle anomale percentuali di focomelia e tumori ipofisari a La Maddalena (Liberazione 9 aprile 2001).
Il verdetto d'innocenza del DU emesso dalla commissione Mandelli fa calare di nuovo a livello nazionale il silenzio-stampa ma, in Sardegna, non riesce né a distrarre né, tanto meno, a convincere. I sei soldati morti di poligono sardo sono troppi, troppe le leucemie a Quirra. Indagini "clandestine" rilevano un'anomala concentrazione di cesio 134-137. Nel novembre 2001 l'accurata inchiesta di una TV locale riapre il caso Quirra e lo fa rimbalzare in Parlamento. Nel febbraio 2002 la Nuova Sardegna intraprende una decisa campagna stampa, tuttora in corso, che spinge numerosi paesi a rivendicare il diritto di controllo delle attività di guerra. Le sonnolente istituzioni isolane sembrano scuotersi dal letargo.
Il ministro della Difesa, costretto ad intervenire, si appropria del ritornello del suo predecessore ulivista: "non è mai stato usato uranio", si appropria del copione della farsa messa in scena dall'ex ministro Mattarella con la commissione Mandelli: risibili indagini sedicenti scientifiche per tacitare l'indignazione popolare. L'obiettivo è quello di allontanare qualsiasi sospetto dalle attività del poligono e proclamare l'inesistenza e l'innocuità del DU.
Un adagio popolare recita: "chi non vuol trovare non trova". Infatti, le "approfondite" indagini svolte dai reparti NBC in Bosnia e Kosovo non hanno trovato traccia dell'uranio sparso a tonnellate dagli Usa. Le indagini-truffa in corso nell'area di Quirra, coordinate dal sottosegretario della DifesaCicu e affidate ad un unico "superesperto volontario", ne troveranno ancor meno, come d'altronde già ampiamente anticipato dallo stesso Cicu e dal manager dell'Asl 8 di Cagliari, Efisio Aste. Il risultato ufficiale -scontato- sarà presto noto e, dato che qualche spiegazione dovra. Il tandem Cicu-Aste ha prontamente depistato su un inverosimile e ascientifico inquinamento d'arsenico.
Eppure, i comandi militari spiegano chiaramente: "inalazioni di polvere insolubile UI sono associate nel tempo con effetti negativi sulla salute quali il tumore e disfunzioni nei neonati" ( K-FOR Multinational Brigade West G3-Nbc 22/11/1999). Però, l'agente killer individuato dalla K-FOR mette in discussione pesanti responsabilità dei vertici militari e politici, innesca cause miliardarie di risarcimento danni e bonifica ambientale, colpisce gli interessi dell'immenso impero economico costruito sull'uranio e delle imprese produttrici di sofisticati sistemi d'arma insediate nel poligono di Quirra. L'utilizzo di uranio nell'isola-paradiso-vacanziero, inoltre, mette in discussione anche i profitti della non meno potente industria turistica e ha pesanti ripercussioni negative sulla debole economia agroalimentare che punta sulla genuinità e qualità dei prodotti.
Considerata la portata degli interessi in gioco, non stupisce che sia rimasta confinata nell'isola la lotta contro l'uranio impoverito e per il diritto di sapere quale uso hanno fatto della terra e del mare della Sardegna la Nato e le multinazionali produttrici/trafficanti di ordigni bellici. Non è casuale il gelido e indifferente silenzio da parte di quasi tutti i media a diffusione nazionale sui "morti di poligono" e sulla "sindrome Balcani-Quirra" che devasta due paesi di un remoto angolo di Sardegna adiacente alla più grande base militare d'Europa, alla più efficiente fiera-mercato di sistemi missilistici.
Dispiace constatarlo, anche "il movimento" appare poco interessato ad occuparsi dei crimini Nato in tempo di pace contro il popolo sardo: è facile e "opportuno" rimuovere gli orrori che si perpetrano nella colonia interna dell'Italia. Ma, forse, più semplicemente, ha ragione un pastore di Quirra condannato a morte dalle attività Nato che con dolorosa rassegnazione ci chiede: "A chi interessa se uno di noi si ammala e muore? Chi ci difende? Meno siamo, più possibilità hanno di fare ciò che vogliono." Gli zapatisti confermano che dovunque "la sangre de un pollo vale mas que la sangre de un indio", sia questo sardo o chiapaneco.
Nonostante la nostra lotta stenti a superare il mare che ci isola, sappiamo bene che che i crimini Nato in tempo di pace non conoscono confini. I forti sospetti di contaminazione da DU gravano, non solo nei poligoni sardi di Capo Teulada, Salto di Quirra, La Maddalena, ma anche sulle basi del Triveneneto, Puglia, Nettuno, Cecina. Come insegnano le tragedie del Cermis, Casalecchio, Ustica, Okinawa, Vieques ecc ecc. le attività dell'industria della guerra espongono ad alto rischio tutte le popolazioni costrette ad "ospitarle", spesso a loro insaputa come nel caso delle 12 città italiane i cui porti militari sono classificati a rischio nucleare, spesso con il ricatto di qualche posto di lavoro.
Per quanto potente sia la Nato, i suoi crimini non possono restare a lungo impuniti, un modello di difesa meno irrazionale è possibile e un mondo diverso è necessario. Marginalizzazione, depistaggi, tentativi d'imbavagliamento non possono frenare la lotta di un'isola
CONTRO
le attività belliche dei poligoni finalizzate ad esportare guerra presso altri popoli e che, come effetto collaterale, seminano morte e sofferenza in terra sarda
PER
La messa al bando dell'uranio impoverito;
Un serio monitoraggio sanitario e ambientale controllabile dal basso in tutte le zone coinvolte dalle devastanti attività militari
L' estensione a tutte le zone coinvolte da poligoni delle norme cautelative impartite ai reparti impegnati in kosovo
La MORATORIA in TUTTI i poligoni di TUTTE le attività esercitative e sperimentali fino a quando non sarà trovata una spiegazione convincente e plausibile alle troppe anomalie.
Comitato sardo GETTIAMO le BASI
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