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Lettera aperta
agli amici e alle amiche del popolo kurdo in Italia
Roma, 23 febbraio 2002
Cari amici e amiche,
si è tenuta, recentemente la V Assemblea del PKK, cogliamo l'occasione, nel presentarvi il documento finale, di esporvi a nostro modo il senso delle decisioni prese dal Partito dei Lavoratori del Kurdistan, cui anche voi, come noi, siete legati e per il quale avete da sempre prestato attenzione. Come saprete, avendone data notizia anche la stampa italiana, il PKK ha posto fine ad ogni sua attività in Turchia e in Europa. Questo non significa il dissolvimento del movimento democratico kurdo, né dell'organizzazione politica dello stesso. Negli anni Ottanta l'organizzazione, che era stata data al movimento, era consona alle prospettive strategiche dell'epoca. Si trattava di riscattare il popolo kurdo dall'ombra in cui era stato relegato da anni di colonizzazione e assimilazione. Il Presidente del PKK, Abdullah Ocalan per molti anni ha tentato di farlo comprendere all'opinione pubblica, l'ultima volta personalmente venendo in Europa, in Italia.
La strategia del presente, invece, ha bisogno di un altro tipo di organizzazione, altri obiettivi, un altro programma. Per questo si sta discutendo delle sorti del PKK e del cambiamento del suo nome, a livello di direzione del partito, in vista dell'VIII Congresso. Ma, attenzione, il cambiamento del nome può essere visto come qualcosa di superficiale, di facciata. La questione non è riducibile a questo, se il PKK cambia, non si tratta di una semplice modifica, parliamo di una vera e propria trasformazione. Infatti, visti i cambiamenti e le evoluzioni in molti settori della realtà sociale e politica regionale e mondiale, anche il popolo kurdo e il suo movimento democratico si trovano sollecitati a dar vita ad una nuova struttura di lotta per il riconoscimento dei diritti, delle libertà, dell'identità fin'ora negate. Forse sarebbe più giusto e chiaro dire che il PKK ha esaurito il suo compito, quello che doveva creare è stato creato, ha condotto una storica lotta da partito strutturato secondo la strategia di quell'epoca. Ma, proprio per questo è necessaria oggi una ristrutturazione che rispecchi la strategia attuale, che è stata avviata proprio con il VII Congresso straordinario del 2000. Il Partito dei Lavoratori del Kurdistan, secondo la vecchia concezione, sarebbe in contraddizione con la nuova strategia. Il partito è diventato un fatto storico, a suo nome 10mila martiri sono caduti. Si tratta di un partito che ha riscattato l'identità di un popolo e ne è stato il simbolo. È un pezzo di storia, che ha dato vita a numerosi importanti risultati e compiuto il suo dovere. Come tale va considerato e così i kurdi lo considerano: nella sua giusta collocazione storica.
È giunto il momento di dar vita al nuovo, a nuove realtà, i tempi sono maturi per il popolo kurdo, per i suoi militanti, per i suoi sostenitori e amici, nuovi e di sempre, in tutto il mondo. Senza negarla e basandosi sull'esperienza del passato, si deve poter uscire con qualcosa di nuovo, strutturandosi in altro modo. Il come è ancora in fase di discussione. Si tratta di una nuova concezione di costruzione della democrazia e della pace fra i kurdi, del ruolo dei kurdi che vivono all'estero e del loro coinvolgimento. Tutto questo è stato già analizzato nel corso del tempo, se ne è fatta esperienza, e va riconosciuto.
Mentre la strategia, che come scopo principale aveva quello di evidenziare il problema, prevedeva, all'epoca, la lotta armata, oggi, vista l'evoluzione di questa lotta, che ha portato proprio alla giusta delineazione della questione kurda, si da un nuovo significato al movimento di liberazione. È un punto di partenza per l'elaborazione delle eventuali proposte di soluzione, si tratta di proposte politiche e tangibili. La strategia passata, ripetiamo, era di far emergere il problema kurdo e creare le dinamiche che potessero portare alla sua soluzione. Oggi la nuova strategia è quella della soluzione democratica, che si basa sugli ultimi tragici avvenimenti che hanno coinvolto il mondo e anche il Kurdistan.
Il nostro compito ora è quello di definire materialmente e nuovamente il problema, elaborare e presentare proposte di soluzione tangibili a seconda delle condizioni particolari. Va superata ogni forma di conservatorismo ed eliminato il legame con la vecchia prassi. Non si deve insistere su quello che è stato. Infatti, il metodo, gli obiettivi, il linguaggio del passato e relazionarsi agli altri in una maniera arretrata, non serviranno al PKK e alla sua strategia di liberazione del popolo kurdo. Solo comprendendo pienamente il significato della nuova strategia è possibile intendere a pieno il senso di questo nuovo passo.
UIKI - Onlus, Ufficio d'Informazione del Kurdistan in Italia
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