audizioni in Commissione Finanze della Camera dei Deputati sulla tobin tax
----- Original Message ----- From: "Christian Surchi" csurchi@attac.org To: lista.comitati@attac.org Sent: Saturday, July 05, 2003 2:40 PM Subject: [COMITATI] Fwd: da emiliano
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Date: Tue, 1 Jul 2003 20:01:52 +0200 From: "EMILIANO" emilbra@tin.it To: lista.cn@attac.org, "attac lista comitati" lista.comitati@attac.org
Cari,
invio in allegato la bozza corretta del mio intervento del 5 giugno scorso presso la Commisione Finanze della Camera dei Deputati, nella seduta dedicata alla nostra proposta di legge sulla Tobin tax.
Un saluto Emiliano Brancaccio
COMMISSIONI RIUNITE III (AFFARI ESTERI E COMUNITARI) E VI (FINANZE) Resoconto stenografico INDAGINE CONOSCITIVA [pic] Seduta di giovedì 5 giugno 2003 PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA VI COMMISSIONE GIORGIO LA MALFA indi DEL VICEPRESIDENTE DELLA VI COMMISSIONE ALFIERO GRANDI La seduta comincia alle 14,30. Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei
lavori
sarà assicurata anche mediante impianto audiovisivo a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
Audizione di studiosi ed esperti della materia.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine
conoscitiva
sui temi relativi all'imposizione sulle transizioni valutarie (C.
1233
Crucianelli, C. 1301 Nesi, C. 1475 Giovanni Bianchi, C. 3041
Iniziativa
popolare e C. 3048 Grandi), l'audizione di studiosi ed esperti
della
materia.
Le Commissioni riunite III e VI hanno iniziato l'esame congiunto
delle
proposte di legge a firma di vari parlamentari, di maggioranza
ed
opposizione, relative alla possibilità e al modo di introdurre la
Tobin
tax. Nell'avviare l'esame dell'insieme dei progetti di legge, si
è
stabilito di condurre un'indagine conoscitiva, ascoltando
rappresentanti
istituzionali, come il ministro dell'economia e la Banca d'Italia,
e
studiosi che si siano occupati di questa materia.
A nome delle Commissioni do il benvenuto ai professori Riccardo
Bellofiore,
Emiliano Brancaccio, Domenico Da Empoli, Franco Osculati e Felice
Pizzuti,
che ringraziamo.
[..]
EMILIANO BRANCACCIO, Professore di macroeconomia a contratto
presso
l'Università del Sannio. Vorrei provare a sgomberare il campo da
un
equivoco che mi sembra affiori, talvolta, all'interno del
dibattito
politico e, mi permetto di affermare, anche nelle relazioni di
questa
Commissione. Si tratta di un equivoco che rischia di essere, in
qualche
misura, fuorviante ai fini della comprensione del significato di
questa
tassa. Nella mia esposizione, inizierei ricordando che James Tobin,
colui
che l'ha ideata, aveva uno scopo fondamentale, quello di aumentare
i
margini di manovra sui tassi di interesse da parte delle autorità
monetarie
liberandole, almeno in parte, dalla continua minaccia proveniente
dai
movimenti di capitale ad opera degli operatori privati. Il
meccanismo,
essenzialmente, funziona in due modi: la Tobin tax creerebbe un cuneo
nelle
parità internazionali dei tassi di interesse che dovrebbe
disincentivare
gli arbitraggisti a «fuggire» non appena la banca centrale riduca i
tassi
di interesse; inoltre, poiché queste tassa costituisce, in generale,
un
disincentivo a «fuggire», a spostarsi da una valuta dall'altra,
dovrebbe
ridurre, in qualche misura, l'attività speculativa, ridurre la
volatilità
di cambi e, con essa, anche la probabilità che gli speculatori giochino
a
scommettere contro la banca centrale costringendola, il più delle volte,
ad
aumentare i tassi di interesse per evitare di perdere la partita.
In sostanza, noi siamo di fronte ad uno strumento ingegnoso di
politica
monetaria, della cui efficacia o della cui sufficienza si può
ampiamente
discutere (ed effettivamente in ambito accademico se ne discute da
tempo),
che cerca di affrontare un problema molto ben definito e molto
attuale,
quello della sovranità politica sulla moneta e sui tassi di interesse.
Si
tratta di un problema fondamentale nei paesi meno sviluppati, come
il
professor Bellofiore ha chiarito esaurientemente, ma che in una
certa
misura riguarda anche la Banca centrale europea. Vorrei citare, a
tale
proposito, alcuni articoli di Modigliani e La Malfa sull'argomento.
PRESIDENTE. Di qualche decennio fa!
EMILIANO BRANCACCIO, Professore di macroeconomia a contratto
presso
l'università del Sannio. Non in termini cronologici, forse, più in
termini
politici.
In questi articoli di qualche anno fa (Corriere della sera, 1998), gli autori chiamavano in causa la linea della politica monetaria della Banca centrale considerandola, tra l'altro, oltremodo restrittiva. Questo problema si presenta oggi molto frequentemente. Noi sappiamo che tra le variabili argomento della funzione dei tassi di interesse della Banca centrale europea ci sono i tassi correnti attesi di cambio e i tassi di interesse esteri correnti e attesi, in particolare della Federal reserve, ma non soltanto di essa. Poiché la Tobin tax, se sufficientemente elevata, dovrebbe ridimensionare l'incidenza di queste variabili sui tassi di interesse interni, all'interno del dibattito accademico si ritiene che possa favorire, proprio per questo, un ampliamento dei margini di manovra sui tassi e, quindi, un ampliamento delle possibilità, per la Banca centrale, se lo desidera (questo è da verificare, naturalmente!), di agire sui tassi in senso espansivo.
Vorrei soffermarmi su un chiarimento a mio avviso importante. Noi stiamo discutendo di una letteratura che, dal punto di vista teorico, ha una concezione convenzionalista del tasso di interesse, una concezione secondo la quale esistono ampi margini di manovra politica sui tassi di interesse, dal momento che si tratta di una variabile fortemente orientabile sul
piano
politico, sul piano delle convenzioni e sul piano della psicologia dominante degli operatori. Questo è un punto importante e non so quale sia la posizione, in merito, dei professori qui presenti. Chi sostiene la
Tobin
tax, insomma, si pone in genere in chiave antagonistica rispetto a chi fa riferimento alla letteratura che prende spunto dalla analisi di equilibrio intertemporale o al real business cycle, cioè ad un'idea dei tassi di interesse dominati da preferenze, tecnologia e dotazioni, un'idea molto stringente secondo la quale la politica può poco o nulla sui tassi. Anche in questa sede è importante precisare questo perché, ad esempio, Kenneth Rogoff, capo economista del Fondo monetario internazionale, sostiene
l'idea
che la politica nulla possa sui tassi e, anzi, è meglio che non intervenga perché causa danni. Noi invece abbiamo un'idea diversa e ci ricolleghiamo ad una letteratura che si colloca su una posizione decisamente antitetica rispetto a questa. E' utile che i responsabili della politica lo sappiamo, in quanto spetta a loro assumere le decisioni.
L'ampliamento dei margini di manovra sui tassi di interesse costituisce
un
argomento che, in molte circostanze, è stato trascurato, per non
dire
cassato, all'interno del dibattito politico. Invece, si è assegnata
la
priorità ad un altro obiettivo, quello del gettito fiscale, considerato
da
Tobin nulla più che un lieto effetto collaterale della tassa. Lieto sì,
ma
comunque collaterale. Il dibattito accademico si muove
sostanzialmente -
anche se esiste qualche eccezione - sulla stessa linea di Tobin. Questo
è
un punto importante. Oltretutto, come vedremo in seguito, tra
l'obiettivo
della conquista di autonomia monetaria e quello del gettito può
sussistere,
addirittura, un trade-off, ossia un conflitto di cui è necessario
tener
presente in sede politica.
In questi anni ho seguito sia il dibattito politico-istituzionale
sulla
Tobin tax che quello del movimento di Porto Alegre e di Seattle.
Del
movimento, in particolare, ho tratto un'esperienza diretta. Infatti,
sono
firmatario di una legge di iniziativa popolare per l'istituzione dell
Tobin
tax sostenuta dall'associazione ATTAC. Una legge depositata lo
scorso
luglio in Parlamento, per la quale sono state raccolte quasi
duecentomila
firme. Ora, nel partecipare a questi dibattiti ho sempre cercato
di
compiere uno sforzo continuo per orientare la discussione sulla
questione
della autonomia e della sovranità monetaria piuttosto che sulla
questione
del gettito. E vi assicuro, non è cosa semplice.
Come esempio evidente di ciò, cito un noto tentativo di
contrapposizione,
avanzato recentemente, tra la Tobin tax e la cosiddetta de-tax. Penso
che
si tratti di una tipica dimostrazione dell'equivoco che nasce intorno
alla
Tobin tax, dal momento che sulla de-tax si possono avere
opinioni
estremamente diverse (personalmente ne ho un'opinione negativa), ma
la
questione fondamentale è che essa non si occupa di nessuno dei problemi
di
cui si discute in ambito accademico in merito alla Tobin tax. Non
vale,
quindi, la pena portare avanti tale contrapposizione e non so per
quale
ragione essa sia stata avanzata.
Ritornando alla Tobin tax, sono fautore di un uso della tassa sulla
base
dell'obiettivo originario, la conquista di margini di manovra, cioè
della
sovranità monetaria, sui tassi di interesse. Per questo motivo mi
accodo
alla letteratura che promuove una tassa relativamente elevata, nonché
a
quella che ritiene che essa sia senz'altro uno strumento che va
nella
giusta direzione, ma che possa anche rivelarsi non sufficiente per i
fini
che intende perseguire.
Io sostengo un'aliquota relativamente elevata perché questo è il
modo
giusto per acquisire autonomia monetaria. Per chiarirlo farò alcune
ipotesi
sulle elasticità di comportamento degli operatori. Prima però
vorrei
chiarire un aspetto: la nostra analisi è puramente congetturale, poiché
non
abbiamo sufficiente esperienza. Si tratta di un punto importante.
Per
ragionare sulla tassa sarà necessario interagire tra esperti e politici:
la
normazione dovrà essere dinamica, in funzione di quelle che saranno
le
reazioni del mercato finanziario alla tassa, perché si tratterà
di
procedere per tentativi ed errori (se si deciderà di procedere su
questa
direzione). Dal punto di vista della verifica empirica, dunque,
non
possiamo dire molto. Ciò nonostante, ciò che è quasi certo
nella
letteratura sulle ipotesi di comportamento, ossia sulla elasticità
di
comportamento degli operatori, è che quanto maggiore è l'aliquota
della
tassazione, tanto minore, dopo un certo livello, è il gettito e
tanto
maggiori sono i cunei tra i tassi di interesse interni ed i
tassi
internazionali.
In sostanza esiste un trade off: se vogliamo gettito la tassa deve
essere
bassa, ma se vogliamo sovranità monetaria la tassa deve essere
piuttosto
alta e, secondo me, questa seconda opzione è molto più interessante
della
prima.
[...]
EMILIANO BRANCACCIO, Professore di macroeconomia presso l'Università
del
Sannio. In linea di principio, possiamo esonerare dal
pagamento
dell'imposta una serie di transazioni commerciali. Si può fare.
Tuttavia,
per la sua struttura e per come fu ideata da Tobin, la tassa mira
proprio
ad incidere prioritariamente su chi effettui un volume elevatissimo
di
transazioni. Quindi, sempre in linea di principio, non occorre
esonerare
determinate transazioni. Questa imposta è infatti stata ideata proprio
al
fine di evitare la necessità di distinguere tra transazioni speculative
e
non speculative. Chi conosca il dibattito accademico sa che l'esonero
di
alcuni tipi di soggetti è questione marginale e subordinata. Per ogni
data
transazione vi sarà un determinato obbligo di pagamento, il che
significa
che la tassa colpirà proprio chi effettua più transazioni, vale a dire
gli
speculatori. Del resto, tutti coloro che effettuano transazioni
per
cautelarsi contro il rischio lo fanno in subordine
all'attività
speculativa.
Vorrei aggiungere una cosa sulle possibilità di azione del politico. Siamo d'accordo, professor Da Empoli, sul fatto che stiamo parlando di equilibri di second-best ? (Second best è una espressione tecnica per intendere equilibri non ottimali, equilibri inefficienti).
[Il prof. Da Empoli annuisce]
EMILIANO BRANCACCIO, Professore di macroeconomia presso l'Università
del
Sannio. Ebbene, se è vero quanto affermato da lei - e siamo tutti
d'accordo
su questo - ciò significa che i parlamentari hanno ampi margini
manovra,
cioè possono fare, possono agire. Stiamo infatti parlando di una scelta
tra
tanti, infiniti equilibri non ottimali. Quindi, signori deputati,
potete
agire. Non credete a chi afferma che ad esempio non si può intervenire
sui
movimenti di capitale perché se voi intervenite fate solo male, nel
senso
che generate risultati inefficienti. Voi potete agire sia male che
bene,
dipende da voi. Quel che è certo è che potete agire.
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