Del Mondo Kurdo n.1 A cura dell'Ufficio d'Informazione del Kurdistan in Italia
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1. "E' un esame per l'Europa", Gli avvocati inglesi Mark Muller e Tim Otty del leader kurdo Abdullah Ocalan dopo averlo incontrato il 14 gennaio 2004 hanno sottolineato che le condizioni detentive di Ocalan sono in violazione della Convenzione europea per i diritti umani e hanno detto che è un caso giudiziario che mette alla prova la stessa Unione Europea. (Ozgur Politika, 14 gennaio 2004)
2. Gli USA aggiungono il KONGRA-GEL alla lista delle organizzazioni terroriste, (19 gennaio 2004 KONGRA-GEL, Commissione affari esteri
3. La moglie di uno "scomparso" kurdo ha ottenuto giustizia dalla Corte europea, La Corte Europea per i Diritti Umani ha stabilito che la Turchia non ha indagato sull'omicidio di un uomo kurdo. (Kurdish Human Rights Project, comunicato stampa 15 gennaio 2004 )
4. La Turchia sul cammino dell'adempimento dei criteri di Copenhagen ad Hakkari incrimina Yusuf Ciftci per aver dipinto la sua casa di rosso, giallo e verde. (Ozgur Politika, 6 gennaio 2004)
5. Ai visitatori dei detenuti un timbro di riconoscimento: "Terrore" (Ozgur Politika, 7 gennaio 2004)
6. Guai in vista dopo il sì della coalizione al mantenimento dell'autonomia dei Kurdu - The Guardian, 6 gennaio 2004 Owen Bowcott and Brian Whitaker
7. I Kurdi potrebbero far avanzare a passi rapidi la democrazia irakena -The Daily Star, 6 Gennaio 2004
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1."E' un esame per l'Europa". Gli avvocati inglesi Mark Muller e Tim Otty del leader kurdo Abdullah Ocalan dopo averlo incontrato il 14 gennaio 2004 hanno sottolineato che le condizioni detentive di Ocalan sono in violazione della Convenzione europea per i diritti umani e hanno detto che è un caso giudiziario che mette alla prova la stessa Unione Europea. (Ozgur Politika, 14 gennaio 2004)
D: Dopo un lungo periodo siete potuti andare per la prima volta sull'isola. Come avete trovato sig. Ocalan rispetto a quando lo avete visto la prima volta? Potete raccontarci le vostre sensazioni?
Mark Muller: "Dopo un anno e mezzo per la prima volta abbiamo potuto incontrare il sig. Ocalan. Questo è un periodo molto critico per la Turchia, per il sig. Ocalan e anche per l'Unione Europea. In questa fase storica abbiamo trovato il sig. Ocalan pieno di vita, benché da così lungo tempo si trovi queste condizioni. I suoi cari erano preoccupati del suo salute, però sta lottando nei confronti delle condizioni di detenzione in cui si trova. Abbiamo potuto incontrarlo per il procedimento in corso alla Corte europea per i diritti umani, vista l'attuale situazione politica. Inoltre abbiamo anche parlato delle sue condizioni di salute e detentive".
D: Se confrontate le condizioni detentive di Ocalan con la realtà europea come le definireste? Potete raccontarci quali richieste e tentativi si possono fare per migliorarne le condizioni?
Mark Muller: "Tutti devono essere equi nei confronti di questo caso. L'isolamento che applicano ad Ocalan è contro la Convenzione europea per i diritti umani. Gli standard minimi delle condizioni detentive previste dalle Nazioni Unite e della Convenzione europea per i diritti umani devono essere applicati anche in Turchia. Queste prevedono diritti ad incontrare i parenti, a usufruire dei media, a vedere la luce del sole, ad incontrare gli avvocati. Noi vorremmo che il sig. Ocalan possa beneficiare dei diritti fondamentali di tutti i detenuti. C'è la sentenza del 12 marzo emessa dalla Corte di Strasburgo. Questa faceva luce su alcuni punti che riguardano proprio le condizioni di detenzione. Abbiamo fatto anche un nuovo ricorso alla Corte, per migliorare le sue condizioni, stiamo lottando con la stessa Corte di Strasburgo. Facciamo richiesta a che anche i governanti europei riconoscano e rendano note le condizioni in cui viene detenuto il sig Ocalan dalle autorità turche".
Tim Otty: "Anche io sono tra gli avvocati che difendono Ocalan davanti la Corte. Come sapete abbiamo fatto un appello alla Corte europea su un altro punto, che forse alla fine dell'anno avrà risposta. Questo procedimento riguarda proprio l'arrivo di Ocalan a Nairobi e le condizioni del suo trasferimento".
D: durante l'incontro c'è stato un messaggio di Ocalan?
MM: "Ocalan durante questi quasi 5 anni già aveva mandato messaggi consistenti, che riguardano una soluzione democratica, pacifica di conciliazione. Il messaggio che Ocalan ha rivolto a me e all'Europa è quello del riconoscimento dei diritti fondamentali e culturali dei kurdi, inoltre, lo scorso anno nel mese di marzo alla corte di Strasburgo c'è stata il riconoscimento che il processo non è stato equo, la richiesta del sig. Ocalan è che possa venir equamente processato e poter denunciare le violazioni sistematiche dei diritti umani che vengono perpetrate contro i kurdi. Non c'è niente che possa portare la Turchia a temere Ocalan in base a queste richieste".
D: vi ha fatto una richiesta particolare?
Mark Muller: "ha chiesto di poter difendere i suoi diritti umani nell'ambito del sistema legale vigente, che è già quanto stiamo facendo. Secondo me quello che dobbiamo sottolineare a livello europeo è che questo processo come quello di Leyla Zana hanno delle comunanze di base. Quello che ho potuto capire è che i governanti europei su questo processo pensano che sia una prova per la Turchia a riguardo delle libertà ed dei diritti umani dei detenuti, questo è un processo di verifica anche per l'Unione europea. È un punto molto importante per quanto riguarda il fatto che la Turchia per poter entrare abbia o no una struttura democratica. Chiediamo di trasferire il sig Ocalan in un altro carcere dove possa stare in contatto con altri detenuti e chiediamo che la Turchia nell'ambito delle sue forme giuridiche metta in pratica le riforme. Quello che io credo è che nei prossimi due anni lo si potrebbe fare. Sono ottimista su questo".
D: Potete raccontarci che problemi avete dovuto affrontare per andare e tornare all'isola?
Mark Muller: "quello che abbiamo affrontato sono importanti problemi, abbiamo avuto problemi di tempo per effettuare il trasferimento. Abbiamo vissuto problemi a riguardo della relazione avvocato-assistito, però siamo contenti di aver visto il nostro assistito".
Tim Ottey: "c'era un sistema di protezione straordinario. Il viaggio è durato due-tre ore, l'abbiamo potuto vedere soltanto per un'ora e abbiamo visto che se si vuole si può andare con l'elicottero all'isola".
2. Gli USA aggiungono il KONGRA-GEL alla lista delle organizzazioni terroriste - 19 gennaio 2004/ KONGRA-GEL, Commissione affari esteri
Il 13 gennaio 2004 il Dipartimento di stato americano ha inserito il Congresso del Popolo del Kurdistan, anche noto come KONGRA-GEL, nella lista delle organizzazioni terroristiche estere.
Il KONGRA-GEL è stato fondato nell'ottobre 2003, per poter combattere più efficacemente per i diritti del popolo kurdo in Medioriente, dove i kurdi restano un popolo senza riconoscimento. Il KONGRA-GEL si è formalmente impegnato a lavorare interamente attraverso mezzi pacifici, in direzione di un processo di democratizzazione sia in Medioriente, che nella Diaspora, per poter così ottenere obiettivi che sono ragionevoli e legittimi secondo ogni standard.
Senza tenere minimamente conto degli impegni che le organizzazioni kurde si sono assunti, adesso gli USA dichiarano che il KONGRA-GEL, che gode di un sostegno popolare molto vasto, sarebbe semplicemente un alias del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK).
Secondo i media, la decisione significa che i membri del gruppo possono essere sottoposti a sanzioni mentre viaggiano e ogni loro bene potrebbe essere congelato da parte del Dipartimento del tesoro statunitense in quanto proprietà di terroristi.
È una coincidenza significativa che l'annuncio arrivi nel momento in cui le relazioni Turchia-USA stanno migliorando ancora una volta, a seguito, invece, delle tensioni nate dalla guerra in Iraq e che siano soltanto alcuni giorni che il Primo Ministro turco Tayyp Erdogan sta per effettuare al sua visita ufficiale a Washington. L'azione statunitense va quindi vista come una manovra politica designata principalmente a compiacere il governo turco.
L'imposizione di questa lista nera certamente non contribuirà per niente alla risoluzione delle ingiustizie all'interno della Turchia in relazione alla negazione dei diritti dei kurdi. Inoltre, il fatto che un'organizzazione kurda di guida possa essere messa al bando spietatamente fa luce sulla debolezza degli impegni statunitensi nei confronti dei kurdi a livello generale come popolo.
L'attenzione adesso cadrà su cosa l'Unione europea potrebbe fare. Seguirà ciecamente gli USA o eserciterà un giudizio sensibile che tenga conto dei sentimenti delle centinaia di migliaia di kurdi che vivono in Europa? Un qualsiasi divieto in Europa significherebbe una mossa altamente provocatoria.
I kurdi che ammontano a circa 40milioni chiedono giustizia e pace. Aggiungere il KONGRA-GEL alla lista delle organizzazioni terroriste estere non è una mossa appropriata e non serve agli sforzi in atto per la democrazia in Medioriente. Per questo chiediamo agli Stati Uniti di rivedere la decisione.
3. La moglie di uno "scomparso" kurdo ha ottenuto giustizia dalla Corte europea (Kurdish Human Rights Project, comunicato stampa 15 gennaio 2004)
La Corte Europea per i Diritti Umani ha stabilito che la Turchia non ha indagato sull'omicidio di un uomo kurdo.
La Corte europea per i diritti umani ha ancora una volta ritenuto che la Turchia abbia violato la Convenzione europea per i diritti umani nel non aver proceduto ad indagare sull'omicidio di un uomo kurdo, il sig. Ali Tekdag. [Sentenza Tekdag v. Turkey (27699/95), 15 January 2004, European Court of Human Rights: http://www.echr.coe.int/Eng/Judgments.htm]
Ali Tekdag si trovava a fare spese il 13 novembre 1994 nel villaggio di Kucukkadi. Disse alla moglie che avrebbe dovuto partecipare a qualcosa e gli chiese di attenderlo per qualche momento. Ritornò appena poco dopo, facendo finta di non riconoscerla, dicendole di non avvicinarsi a lui e si recò in una stradina nelle vicinanze. Era seguito da uomini armati con ricetrasmittenti. Si sentirono dei colpi e arrivarono poi sulla scena degli agenti di polizia in divisa che lo portarono via in un piccolo furgone bianco. Sua moglie non avendo più avuto notizie di lui da quel giorno presume che sia morto.
Il KHRP ha sottoposto il caso alla Corte a nome della moglie del defunto, la sig.ra Hatice Tekdag. Visto che il governo turco e la richiedente non erano d'accordo circa i fatti inerenti la morte, nell'ottobre del 2000 tre delegati della Corte si recarono ad Ankara per raccogliere prove nel corso delle udienze.
Nella sua sentenza del 15 gennaio 2004, la Corte ha considerato consistenti tutte le circostanze della morte e le dichiarazioni della richiedente a riguardo della scomparsa di suo marito. Comunque, in assenza di sufficienti prove corroboranti, la Corte non ha potuto concludere al di là di ogni ragionevole dubbio che Ali Tekdag sia stato arrestato da poliziotti in borghese, detenuto ed ucciso da agenti dello Stato o comunque da persone al suo servizio. Ma, si è ritenuto che il governo turco sia stato in violazione del diritto alla vita avendo mancato di svolgere un'adeguata ed efficace indagine nelle circostanze inerenti la morte (Articolo 2, Convenzione Europea per i Diritti Umani).
La Corte ha ritenuto che ci sia stata una violazione del diritto ad un giusto risarcimento perché la richiedente ha ragionevolmente reclamato la violazione dell'Art. 2 visto che non si è svolta un'adeguata indagine (Articolo 13 della Convenzione). Inoltre, la Corte ha ritenuto che il governo non abbia svolto il suo dovere nel fornire tutte le necessarie informazioni alla Corte per l'accertamento dei fatti (Articolo 38 della Convenzione).
L'avvocato Kerim Yildiz, direttore esecutivo del KHRP, ha commentato la sentenza dicendo che "Questo, in otto mesi, è il quarto caso trattato dal KHRP per il quale è stato stabilito che la Turchia non abbia garantito il diritto alla vita, uno dei più sacrosanti diritti umani. Più di 15 anni dopo la ratifica della Convenzione europea la Turchia deve affrontare casi come questo a causa di tali continue violazioni dei diritti umani"
4. La Turchia sul cammino dell'adempimento dei criteri di Copenhagen ad Hakkari incrimina Yusuf Ciftci per aver dipinto la sua casa di rosso, giallo e verde. (Ozgur Politika, 6 gennaio 2004)
La facciata della casa dipinta di rosso, giallo e verde è la causa dello stato di fermo e dell'indagine della procura avviata contro Yusuf Ciftci.
Il sig. Yusuf ha dichiarato di non dare alcun significato né importanza a tale procedimento e ha raccontato i fatti. Il 12 dicembre 2003 è stato prelevato dal suo posto di lavoro dai gendarmi della prefettura di Hakkari e trattenuto per due ore. Durante il fermo gli hanno mostrato le foto della sua casa e lo hanno interrogato. Infine, gli fu spiegato che avendo dipinto la casa in quei tre colori, che sono i colori della bandiera del KADEK, è stato trattenuto ed indagato.
"Un mese fa i militari della gendarmeria mi hanno chiesto di seguirlo per essere interrogato e mi hanno portato così alla caserma della gendarmeria. Mi hanno mostrato le foto della casa e chiesto il perché l'avessi colorata così. Io ho risposto di aver pitturato la casa in questi colori perché sono di mio gusto e mi vanno bene. Uno dei militari mi ha fatto sapere che mi si accusava per aver dipinto nei tre colori la mia casa. Io non ho certo preso sul serio tutto questo, né ci ho creduto."
Invece, dopo una settimana è stato portato dai gendarmi, a causa del procedimento in atto, di fronte alla Procura della Repubblica di Hakkari, dove lo hanno interrogato. "Il procuratore facendomi vedere le foto della casa mi ha chiesto se fosse la mia casa. Naturalmente ho risposto di sì. Mi ha chiesto perché avessi scelto proprio quei colori. Ho spiegato di non averli scelti per un motivo speciale, ma soltanto perché mi piacevano".
Il sig. Ciftci ha continuato che la sua casa è stata fotografata senza che lui ne fosse a conoscenza. "Prima di essere stato interrogato alla gendarmeria avevo visto alcune persone sconosciute intorno alla mia casa, credo che fossero degli agenti di sicurezza. Solo dopo aver visto le foto della mia casa ho capito chi veramente fossero, in realtà quello che dovrebbe denunciare qualcuno sono io perché hanno fotografato la mia casa in questo modo".
Per ora il procuratore non ha ancora completato gli interrogatori preliminari, dopo averlo fatto il caso verrà consegnato al Tribunale per la sicurezza nazionale di Van.
5. Ai visitatori dei detenuti un timbro di riconoscimento: "Terrore" (Ozgur Politika, 7 gennaio 2004)
Alì Polat che si trova detenuto nel carcere di tipo E a Mus ha ricevuto al visita dei suoi parenti, le figlie e la moglie, alle quali sul polso è stato apposto un timbro di riconoscimento con la dicitura "Terrore/Terroristi" invece che "Politici", come di consueto accade. Le ragazze e la donna si sono agitate ed hanno protestato, ma i poliziotti hanno risposto alla loro opposizione che avrebbero potuto incarcerarli tutti. Al momento delle denuncia, che i famigliari hanno poi presentato, è stato negato tutto.
Nazime Polat, la moglie di Alì con Alev e Nadire, le figlie, durante la visita aperta di Capodanno concessa dal Ministro della Giustizia per il 4 gennaio, dopo aver a lungo aspettato che la procedura d'accettazione venisse espletata, dopo la perquisizione, invece che vedersi apporre un timbro con su scritto "politici" hanno avuto apposto il ma "terrore". Il procuratore non crede che sia vero.
I famigliari al dire il vero non avevano tenuto in considerazione il timbro, era 38mi nella fila, e dopo aver avuto il timbro hanno pensato soltanto ad entrare. È stato poi durante la visita che gli altri gli hanno chiesto se avessero notato che cosa c'era scritto sul loro polso. Secondo i Polat, il cui marito e padre si trova in carcere da otto anni, hanno dichiarato che è la prima volta che succede una cosa del genere. Anche tutti gli altri parenti dei prigionieri si sono trovati in questa stessa situazione.
Il Procuratore che si trovava del comprensorio quello stesso giorno ha ascoltato il racconto dei parenti e negando il fatto ha dichiarato che un errore così non potrebbe essersi verificato.
La figlia di Polat, Nadire, parlando con i militari si è sentita rispondere che non potevano far niente perché si trattava di un ordine superiore. La ragazza infatti ha raccontato che dopo l'incontro è stata chiesta ai militari la ragione di questo atteggiamento, i militari hanno mandato via le persone e in maniera sgarbata hanno dichiarato che è stato un errore, pagando per questo con dieci gironi di consegna, gli stessi militari comunque non conoscendo bene la situazione hanno risposto di aver ricevuto un ordine.
Infine, l'altra figlia, essendo stata molto colpita da questa situazione, è rimasta psicologicamente segnata "a livello umano ci sentiamo ferite. Il comportamento del procuratore, che ha negato tutto, e la risposta dei militari, che ci hanno minacciato di essere rinchiuse, mi hanno fatto ancora più male". Il presidente dell'associazione degli avvocati di Dersim, Husseyin Aygun ha dichiarato che questa vicenda sicuramente viola i principi d'uguaglianza stabiliti dall'art. 10 della Convenzione europea per i diritti umani.
6. Guai in vista dopo il sì della coalizione al mantenimento dell'autonomia dei Kurdu - The Guardian, 6 gennaio 2004 Owen Bowcott and Brian Whitaker
I leader politici kurdi sono stati rassicurati che lo stato di parziale autonomia di cui gode la regione continuerà ad essere mantenuto anche dopo il 30 Giugno, data del passaggio dell'Iraq all'auto governo. La decisone, non ben accolta dagli Stati vicini e dagli altri irakeni, avrà probabilmente conseguenze di vasta portata per ogni futuro assetto costituzionale.
Scontri armati si sono già avuti a Kirkuk - Arabi e Turcomanni contro Kurdi - per il controllo dela città petrolifera. L'accordo circa il mantenimento dell'autonomia regionale è stato raggiunto nel fine settimana in occasione di un incontro nella città kurda di Irbil, quando il Governatore americano, Paul Bremer, e il deputato britannico, Jeremy Greenstock, hanno incontrato Jalal Talabani, leader dell'Unione Patriottica del Kurdistan (PUK) e Massoud Balzani, capo del Partito Democratico Kurdo (KDP). Quest'ultimo gruppo, in particolare, è determinato estendere il suo controllo anche su quello che era il "safe havens" e quindi sull'intera area del Kurdistan del nord, inclusa la città di Kirkuk. Consentire ai Kurdi di mantenere il governo regionale è infatti un tacito riconoscimento che la coalizione non ha né il tempo né le risorse necessarie a smantellare il già esistente Parlamento kurdo e il relativo apparato amministrativo se si considera la data finale di giugno. Questi organismi risalgono del resto alla fine della guerra del Golfo del 1991 e sono sopravvissuti anche durante il governo di Saddam grazie alla protezione degli alleati.
Americani e inglesi formalmente sostengono che il futuro dell'Iraq come stato federale, con regioni semi - autonomo o semplici governatorati locali,dipende unicamente dagli irakeni. Ma senza cambiare lo stato dei fatti, la coalizione lascerebbe i kurdi in una posizione di forza nell'ambito del dibattito costituzionale. Bremer è a favore di una costituzione federale sul modello statunitense che veda come principali protagonisti i 18 governatorati dell'Iraq. "La dichiarazione che è stata fatta è positiva e chiarisce che l'area kurda dovrebbe decidere autonomamente" ha affermato ieri Dilshad Miran, rappresentante del KDP a Londra, aggiungendo che anche i confini dovrebbero essere definiti in modo semi autonomo e non tracciati dagli americani. Sempre secondo Miran la regione kurda dovrebbe avere un'autonomia simile a quella della Scozia in Gran Bretagna, lasciando la difesa e la politica estera al governo centrale ma per raggiungere questo obiettivo si dovrebbero assicurare adeguati livelli di reddito e si dovrebbe fare marcia indietro con le politiche di arabizzazione.
Il portavoce del PUK a Londra, Howar Haji ha dichiarato che americani e inglesi sono d'accordo circa il mantenimento dell'autonomia dell'area kurda dopo il 30 giugno. L'incontro svoltosi ad Irbil ha anche consentito di giungere ad un accordo circa il ritorno nella regione dei 200.000 kurdi espulsi da Saddam. Entro poco tempo, inoltre, le amministrazioni del pUK e del KSP, prima rivali, dovrebbero unirsi.
Le ambizioni kurde preoccupano gli altri Irakeni, non ultimi i circa 2 milioni di Turcomanni che vivono nel nord est che verrebbero a trovarsi schiacciati tra la regione governata dai Kurdi e quella amministrata da Baghdad. Divisioni che però consoliderebbero i piani USA. Nonostante l'arabizzazione della regione operata da Saddam, i Turcomanni considerano Kirkuk come la loro città. I Kurdi dal canto loro, vedono la città come parte del futuro stato kurdo, per via degli oleodotti presenti. In un'intervista con un quotidiano arabo, il rappresentante al governo dei Turcomanni, Songul Chapouk ha lasciato intendere che i Turcomanni sono pronti a proclamare l'esistenza del "Turkmanistan" se i kurdi vedranno realizzare pienamente le loro ambizioni. Questo passo equivarebbe all'inizio di una Guerra civile nel nord, nella quale la vicina Turchia potrebbe sentirsi obbligata ad intervenire per l'affinità con i Turcomanni e per paura della reazione della sua minoranza kurda.
7. I Kurdi potrebbero far avanzare a passi rapidi la democrazia irakena (The Daily Star, 6 Gennaio 2004)
La crescente controversia riguardante le richieste di maggiore autonomia avanzate dai kurdi è un pezzo della storia passata del paese ma anche il suo futuro. Molti degli aspetti più problematici della moderna condizione dell'Iraq convergono infatti sulla questione dell'autonomia della regione kurda nel contesto di un Iraq unito e federale. Diversi gli elementi di complessità presenti: il colonialismo e le tensioni e le distorsioni del periodo post - coloniale, le relazioni esistenti con Israele, Iran e altri Paesi della Regione e l'interferenza nella politica globale degli Stati Uniti, il brutale regime di Bagdad e le tensioni politiche interne, senza contare i disaccordi interne tra kurdi, i cattivi rapporti con le altre minoranze e gli scontri per il controllo del petrolio. E questo solo per citare gli aspetti più evidenti. Questa lunga lista di problemi, eredità del passato, non fa altro che mettere in luce l'altra faccia della moneta: la questione dell'autonomia kurda può rappresentare, considerando l'esperienza in atto dal 1991, un potente fattore di compensazione dell'immobilità che sembra caratterizzare la ricerca di un'adeguata forma di divisione dei poteri a Baghdad.
Adnan Pachachi, presidente ad internim del Consiglio di Governo, ha invitato i Kurdi ad essere pazienti, sottolineando l'impegno per la creazione di un Iraq federale. Un altro utile consiglio potrebbe essere quello di raccomandare ai Kurdi di andare oltre le semplici rivendicazioni e di contribuire invece a dare maggiore credibilità e dinamismo al processo di ricostruzione, condividendo la loro ricca esperienza con le nascenti istituzioni statali che, in realtà, devono ancora prendere forma. Pachachi ha affermato che, in teoria, l'idea del federlaismo è stata accettata ma che, in partica, non si hanno ancora le idee chiare sul modello di federalismo da applicare.
La struttura federale deve infatti essere definita con attenzione, lasciando opportunità di auto - governo tanto ai Kurdi, quanto agli Sciiti. I Kurdi irakeni possono trarre vantaggio dall'essere pazienti ma possono contribuire ancora di più al raggiungimento dei loro scopi e degli obiettivi di tutti gli altri irakeni, applicando a livello nazionale gli insegnamenti derivanti dalla loro precedente esperienza.
I leaders Kurdi, Jalal Talabani e Massoud Barzani, hanno avanzato proposte di legge al Consiglio di Governo chiedendo la creazione di una regione autonoma allargata, senza aspettare nè la definizione della legislazione di base, nè tanto meno la promulgazione di una nuova costituzione mentre avrebbero potuto condividere con il Consiglio il loro patrimonio di conoscenze in materia di diritti dei cittadini, uguaglianza, ridistribuzione delle risorse, accordi politici avanzati ed meccanismi elettorali equi e di tutti gli altri aspetti propri di un sistema di governo democratico, rappresentativo e pluralistico.
Per decenni I kurdi hanno sofferto della terribile politica di regime che ha trasformato il nazionalismo arabo in brutale sciovinismo, così come delle ritorsioni del governo di Baghdad per le loro alleanze internazionali. I recenti scontri nel nord, ha detto Pachachi, sono quindi alimentati da settarismi e divisioni etniche che rischiano di far precipitare il Paese in un conflitto interno ed ostacolare i passi in avanti verso la ricostruzione e la democrazia, obiettivi raggiunti invece più che pienamente dai Kurdi negli anni passati. Proprio per questo è all'esperienza passata che i Kurdi dovrebbero guardare, per poi contribuire alle agitate consultazioni che si svolgono a Baghdad