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IRAQ 9/4/2003 2:42 GUERRA: SPERANDO CHE GLI AIUTI NON SIANO PEGGIO DELLE BOMBE Il popolo iracheno ha fame di solidarietà fattiva. Un aiuto che non può solo rispondere allo strazio delle immagini che ci giungono da quella terra a cavallo tra il Tigri e l´Eufrate, culla di una civiltà millenaria che la violenza delle armi ha osato cancellare. L'inerme popolazione civile, sottoposta a dura prova dall'imperversare del conflitto, invoca un´empatia per quanti si stanno prodigando, o vorrebbero farlo, in questi giorni nell'alleviare le sofferenze di persone innocenti. Se da una parte, le agenzie umanitarie internazionali stanno compiendo sul posto, malgrado gravi difficoltà, una generosa azione per gestire l'emergenza, dall´altra non pochi sciacalli guardano al `business´ della ricostruzione con l´intento di spillare quattrini. Nelle capitali dei vincitori, sono i giornali a raccontarlo, sciami d´imprenditori fanno a gara per ottenere licenze e quant´altro, ostentando un cinismo che prevarica i reali bisogni di chi in Mesopotamia c´è nato e c´è vissuto. Ben vengano, dunque, gli aiuti della Croce Rossa, dell'Alto Commissariato per i Rifugiati dell'Onu (Acnur), del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite (Pam), dell'Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) e di qualunque altro benefattore. Sappiamo anche che organizzazioni cattoliche come le varie Caritas nazionali stanno tessendo, ciascuna nell'ambito delle rispettive competenze, una capillare opera di sostegno allo scopo di venire incontro ai bisogni dei civili: assistenza negli ospedali; campi di accoglienza nei Paesi confinanti con l'Iraq; visita ai prigionieri; raccolta ed invio di generi di prima necessità. Tutto questo è necessario e davvero va incoraggiato facendo tesoro dei ripetuti appelli lanciati dal Santo Padre in queste drammatiche settimane di guerra. Ciò non toglie che occorre tenere alta la guardia perché il `dopo Saddam´ non si trasformi nel solito mercatino in cui l´impresa umanitaria diventa mestiere per chi, venendo da lontano, vuole solo sbarcare il lunario non riuscendo a farlo in patria. L´esperienza maturata da chi crede nella solidarietà esige che tutte le realtà impegnate nella ricostruzione agiscano come tessere di un unico mosaico, espressione di un concreto impegno al fianco di chi è profondamente segnato dal dolore e dal bisogno. Il popolo iracheno ha già sofferto troppo per dover patire l´ennesima umiliazione di presunti datori che lesinano offerte come se fossero elemosine per tenere a bada la coscienza. Chi è sopravvissuto alle bombe intelligenti non mendica le briciole di noi ricchi Epuloni. Chiede solo di poter vivere in Pace. (di Giulio Albanese) [GA] Copyright © MISNA - Missionary Service News Agency Riproduzione libera citando la fonte.