DOPO LE ELEZIONI IN ISRAELE
Israel Shamir, 29 gennaio 2003
Le opzioni per il futuro di Israele si sono ristrette a due: senza più vie di mezzo la scelta sarà tra il fascismo ebreo e lo stato costituzionale per tutti.
L'esito lugubre delle elezioni in Israele conferma il fallimento della sinistra ebrea tradizionale. Non sprecate troppe lacrime: i partiti Meretz e Labour facevana a gara con i partiti nazionalisti nei tornei di retorica anti-Arafat, difendendo fermamente lo stato di disuguaglianza per i non-ebrei. Essi si sono trovati scalzati dai cambiamenti demografici: il loro elettorato, ebrei Ashkenazi benestanti e colti, hanno votato con le gambe abbandonando Israele. I trentacinque percento degli aventi diritto non ha votato in quanto residenti all'estero, a Los Angeles ed Amsterdam, a Parigi e New York. I simpatizzanti con Meretz sono più numerosi all'estero che non in Israele. Mentre i dirigenti di banca e gli esperti di informatica emigrano verso l'America, i poveri e coloro con scarsa cultura rimangono in Palestina e spesso votano per fascisti o per partiti religiosi.
Ma la situazione non è del tutto buia. Le notizie più importanti riguardanti le elezioni, difficilmente approdano sulle seconde pagine dei giornali israeliani, e ciò malgrado siane atte ad accendere la spia rossa nell'osservatorio dello stato di salute del sionismo. Un paio di giorni prima delle elezioni, l'Unione Slava, un'organizzazione politica nuova di immigrati russi in Israele, aveva stretto un'alleanza strorica con i palestinesi. Si sono impegnati ad appoggiare Hadash, il blocco comunista, costituito prevalentemente di palestinesi ed adesso si accingono a stringere legami con un'altra forza radicale, il partito Balad di Azmi Bishara. Nella loro lettera agli elettori, i capi dell'Unione Slava Igor Zhemailov e Alexey Korobov non hanno usato mezzi termini. "Noi, i russi, siamo stati portati qui come forza lavoro a basso costo e come carne da macello da mettere in combattimento contro i palestinesi nativi per farli sloggiare. Ma noi non abbiamo nulla da che fare con questa storia. Dobbiamo fare causa comune con i palestinesi contro il razzismo e la povertà, per l'uguaglianza e la democrazia."
In Israele vi sono più di un milione di russi, per la maggior parte immigrati arrivati negli ultimi dieci anni. Molti di loro, probabilmente la maggioranza, non vengono considerati "ebrei" malgrado i loro cognomi lo facciano pensare. Secondo le leggi di Israele, per avere diritto alla cittadinanza, è sufficiente che uno dei nonni sia stato ebreo, ma una tale persona non viene considerata legalmente "ebrea", per cui rimane esposta a molte discriminazioni legali e illegali nello stato ebreo razzista. I coniugi non-ebrei di immigrati costituiscono un'altra categoria di cittadini discriminati. Essi vengono chiamati al servizio militare, ma non hanno diritto nemmeno ad un funerale decente. Questa gente ha forti motivi personali per appoggiare l'idea di "uno stato per tutti i suoi cittadini", contrapposto al concetto attuale di dello "stato degli ebrei e per gli ebrei dovunque essi si trovino".
Non si tratta di una divisione su base razziale: anche molti russi considerati "ebrei", appoggiano l'idea di uno stato democratico rifiutando quella della supremazia ebrea. Hanno delle buone ragioni: la supremazia ebrea in Israele si traduce in termini di supremazia di un determinato gruppo socio-economico, cioè, gli Ashkenazi benestanti. La giovane generazione di "ebrei" russi è stata profondamente "sconfessionalizzata" nell'Unione Sovietica dove ha imparato a riconoscere i valori universali dell'umanità sostituendoli a quelli particolaristi. Molti di loro sono cristiani, costretti a nascondere la loro fede in Cristo. Travolti da una massiccia campagna di propaganda, essi sono immigrati in Israele dove hanno scoperto la vera faccia dello stato ebraico. Nelle elezioni di ieri, alcuni di loro hanno votato per Scinui, il partito anti-clericale, facendolo avere 15 seggi in Parlamento. Intanto, quelli dello Scinui sono dei nazionalisti incalliti per cui non sono in grado di curare gli interessi di questo gruppo. La posizione neo-liberista dello Scinui si pone in contrasto con gli interessi oggettivi dei russi socialmente più deboli.
In realtà, gli interessi dei russi e dei palestinesi coincidono. Per ambedue le comunità, la soluzione migliore consisterebbe nella creazione di uno stato non-razzista, democratico e l'unico modo per arrivarci, sarebbe l'estensione senza riserva dei diritti di cittadinanza ai tre milioni di palestinesi, attualmente completamente privi di alcun diritto. Nello stato democraticizzato, nella nuova Palestina/Israele di nove milioni di cittadini, il concetto di uno stato ebraico condividerà la sorte del suo gemello, il concetto di uno stato ariano, scomparendo nel dimenticatoio. Ci sono stati casi di partecipazione di russi nella resistenza armata dei palestinesi, ma è dall'unione organizzata di queste due forze che verrà decretata la fine dello stato sionista. Nelle prossime elezioni, probabilmente entro un anno, questa unione avrà la capacità di cambiare la carta politica di Israele, se riceve gli appoggi ed i supporti appropriati. Molto dipenderà dalla maturità politica e dalla saggezza della classe dirigente palestinese e dei superstiti della sinistra israeliana. Tutte le forze a favore dell'uguaglianza dei diritti dovrebbero unirsi per creare la nostra versione dell'ANC del Sudafrica, formatasi per seppellire l'apartheid.
Lo stato ebraico è ormai una finzione. Profondamente diviso tra ortodossi e anti-clericali, tra Ashkenazi e Sefarditi, esso rimane un fantasma pericoloso nelle menti dei suoi ignoranti sostenitori americani. Il prediletto del quotidiano The Jerusalem Post di Conrad Black, Nathan Sharansky e suo partito nazioanlista, sono a malapena arrivati in parlamento, con soli due seggi, con un numero di voti non superiori a quello ottenuto dalla Lista per il libero consumo del Cannabis. Le opzioni per il futuro di Israele si sono ristrette a due sole che non lasciano più spazio per vie di mezzo: oppure il Fascismo Ebreo oppure lo Stato per Tutti, dal fiume Giordano al Mare Mediterraneo.
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