Caro Massimo, cari tutti, scusate se torno a scrivere, ma credo che questi argomenti siano importanti, ed un po' mi stupisce che ci sia così poca corrispondenza su questo tema.
Ho mandato un brano di Nuto Revelli, solo per dire a modo mio che è difficile sciegliere qual'è il bene ed il male, l'ho fatto attraverso le parole di una persona che ha lottato con forza con le armi e poi ha ripensato con la ragione a quel percorso importante mai ripudiato ma sempre messo in discussione.
io volevo fare un po' questo, mettere in discussione cose che per alcuni sono certe e per altri, incerte, non voglio qui discutere di pietà, sentimento soggettivo, intimo che appartiene alla sfera più segreta delle persone quindi indiscutibile, sia il provarlo che il non provarlo.
Vorrei invece dire che ciò che ho mandato era attinente alla domanda che ci si stà ponendo : se l'attacco ai carabinieri in Iraq è atto terroristico oppure atto di resistenza all'occupante.
Penso che in ogni attacco alle forze di occupazione in iraq ci siano entrambe le valenze, nel senso che colpire i militari può essere letto come atto di resistenza ma coinvolgere i civili sia atto che semina terrore. Penso anche che all'interno della resistenza irachena ci siano più posizioni da quelle più "limpide" a quelle più "torbide"( permettetemi la semplificazione), ma il problema non credo sia oggi questo. Penso infatti che la domanda più adeguta sarebbe:" è giusto resistere all'occupazione con queste modalità, oggi non ieri?" la mia risposta è NO!
ma provo a spiegarmi, azzardando un esempio, Durante la guerra di Bosnia, tre nostri amici sono stati uccisi da una unità militare dell'esercito bosniaco, il comandante è stato giudicato e messo in galera per 15 anni. ancora oggi le vere ragioni di quell'ignobile massacro non sono state chiarite. Per un momento però permettetemi di proporvi questa visuale di quella tragedia, il popolo bosniaco era attaccato da due fronti, da due esercitie milizie con forza schiacciante, serbi e croati si volevano dividere la Bosnia, L'esercito bosniaco doveva resistere e per farlo usava tutti i mezzi che riteneva possibili ed idonei compreso l'omicidio attraverso il quale si poteva sortire reazioni più amplificate,( anchio sò che probabilmente non è andata così però..), dunque quel gruppo di assasssini in divisa regolare diventano resistenti? si, se il fine giustifica i mezzi!
Ecco che allora dobbiamo discutere di fini e di mezzi, e dobbiamo discutere se siamo disposti ad accettare che chi ha ucciso i nostri amici usava mezzi sbagliati per fini presumibilmente giusti. Molti di noi sono stati segnati profondamente da quelle tre tragiche morti, io personalmente guardando negli occhi l'assassino di miei tre amici durante il processo non ho provato odio ma grande rabbia per avere perso tre persone, ho provato però pietà per i figli di quel ufficiale omicida, che per 15 anni non vedranno più il loro padre.
La conseguenza di quell'atto terribile, è aver privato tre persone ai propri cari ed un padre ai propri figli forse anche per giustificare i fini ed i mezzi, ma questo è insopportabilmente ingiusto.
Quello che voglio dire è che non possiamo ripetere od ammettere le tragedie del passato, ogni testo di testimonianze sulla resistenza, ci parla di atti compiuti nella tribolazione nel compierli, ed i testimoni ci chiedono che tutto ciò non debba più succedere, ognuno, da Revelli a Chiodi, a Fenoglio, ci ha lasciato scritto che dobbiamo impegnarci affinchè nessuno debba essere obbligato a commettere atti contro la propria intima umanità, ed è questo che noi, a mio avviso dobbiamo discutere.Dobbiamo pensare ad altre strade per non incorrere nelle tragedie di chi ci ha preceduto.
Un abbraccio Walter
-----Messaggio originale----- Da: Massimo Alberti massimoalberti@hotmail.com A: bsf@bresciasocialforum.org bsf@bresciasocialforum.org Data: giovedì 13 novembre 2003 15.05 Oggetto: Re: [Bsf] RESISTENZA-IRAQ
Ciao Walter, come sempre sei puntuale e appropriato nelle tue citazioni. Personalmete, ti dirò, nonostante ci abba provato, giuro, non riesco a provare alcun sentimento di pietà e cordoglio per quei carabinieri, che, tra l'altro, ho avuto la sfortuna di conoscere molto da vicino anche a genova, dove arrivarono con mezzi da guerra. Non ce la faccio.
Si continua anche da ambienti del movimento, con un po' di retorica credo, a incolpare il governo per aver mandato a morire dei poveri ragazzi, lo faceva anche Gino Strada stamane sul manifesto.
Eh no, stavolta non vale. La responsabilità politica, certo, ma come ricordava anche Alessandro Mantovani nell'intervista ieri in radio, questi non sono sbarbatelli di leva, ma truppe scelte, volontari professionisti con alle spalle molte missioni militari tra le più barbare, professionisti della guerra e della morte, li potremmo definire (penso solo ad uno di loro, tale Ficucello, impiegato di banca e riservista dell'esercito con "l'Hobby" ogni tanto di togliere giacca e cravatta ed indossare la divisa e girare il mondo per le missioni militari (scusate ma preferisco il calcio), e che non appena ha saputo della missione in iraq si è fatto subito avanti - i bene informati alla notizia della sua morte sono sobbalzati: diciamo per sintetizzare che lui è figlio di uno dei più noti generali dell'esercito, un figlio di papà distintosi per essere tra i più spietati pezzi di merda, per capirci).
E non ho alcuna costernazione, pensando ai refusnik israeliani che davvero mettono in gioco se stessi e pagano duramente per la loro scelta di non collaborare ad una occupazione ingiusta.
Mi spiace, forse non è politicamente giusto, ma non ce la faccio ad impietosirmi per loro. Perciò faccio mie le parole scritte a caldo da Wu Ming che qui riporto.
Massimo
BODY BAGS 0. E che s'aspettavano? D'essere accolti a refosco e polenta? Ce n'est qu'un debut. 1. I "nostri" soldati"? I "nostri" carabinieri? I *loro* carabinieri ce li ricordiamo molto bene in via Tolemaide, a Genova. Dei *loro* soldati ricordiamo le torture in Somalia, la morte di Emanuele Scieri e lo "zibaldone" del generale Enrico Celentano. 2. I *loro* soldati sono in Iraq per difendere gli yacht e le Ferrari dei petrolieri, il cancro ai polmoni, il caldo da schiattare e, non ultimo, il crocifisso sul muro della scuola. Nobili cause per le quali paghiamo le tasse. 3. i *loro* soldati continueranno a morire anche quando torneranno a casa. Quelli utilizzati in Kosovo stanno morendo come mosche. Zirconio e altri metalli pesanti nel loro sangue. I proiettili a uranio impoverito che la commissione Mandelli aveva giudicato innocui, e che in Iraq erano pioggia quotidiana. Non c'e' da attendersi che questi morituri si ribellino, sono programmati per obbedire. Comunque salutant. Bye bye.
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Caro Massimo, sono rimasto molto meravigliato dalla tua e-mail, alla quale in parte risponde Walter. Non capisco veramente perché confondere in questo modo temi diversi tra loro. Tu ne metti insieme davvero tanti: Genova, I Carabinieri, sentimenti intimi come pietà e cordoglio, la vita e la morte di persone. Non riesco nemmeno a capire bene dove ci può portare il tuo ragionamento: mi vuoi dire che a Genova, se ne avevi modo, avresti sparato a quei carabinieri che ti picchiavano?Che il movimento deve smettere di fare retorica e iniziare a usare le armi contro questi " servi del sistema" professionisti della guerra e della morte?
Non provi pietà perché se la sono voluta e si sono impegnati tutta una vita per andare in guerra adesso che ci sono e che ci lasciano la pelle ben gli sta?
Che se i fini giustificano i mezzi allora è giusto che qualcuno muoia?
Non so, fammi capire meglio cosa ti frulla in testa, perché così come l'hai scritto la cosa mi spaventa.
Io non ho provato pietà per queste persone ma dolore per la loro morte. Ho conosciuto benissimo questi carabinieri e queste truppe speciali presenti nelle zone di guerra. Conosco la loro mentalità fascista ( non tutti ovviamente), sono davvero preparati a combattere. Sono assolutamente contrario alla loro presenza in Iraq, a nessuno di loro però auguro di morire. A nessuno di loro auguro di macchiarsi della morte di un altro essere umano. Se questo avviene, se la morte ha il sopravvento questo mi addolora profondamente.
A mio avviso anche loro sono vittime. Non hanno scelto di andare in Iraq o in altre parti in conflitto, sono stati forgiati per questo. Sono stati forgiati dalla retorica delle " missioni di pace", sono stati forgiati dall'apparato militare a vedere un unico nemico, senza rendersi conto che il loro vero nemico è quello che gli ha dato la divisa.
Alle loro vite bruciate va il mio dolore, contro tutti coloro che alimentano la guerra va il mio impegno quotidiano.
Nessun criminale merita la morte, questo per me è fondamentale, poi possiamo discutere e cercare di capire cosa sta accadendo in Iraq.
Ciao Agostino ----- Original Message ----- From: Walter, Federica To: bsf@bresciasocialforum.org Sent: Thursday, November 13, 2003 8:31 PM Subject: R: [Bsf] RESISTENZA-IRAQ
Caro Massimo, cari tutti, scusate se torno a scrivere, ma credo che questi argomenti siano importanti, ed un po' mi stupisce che ci sia così poca corrispondenza su questo tema.
Ho mandato un brano di Nuto Revelli, solo per dire a modo mio che è difficile sciegliere qual'è il bene ed il male, l'ho fatto attraverso le parole di una persona che ha lottato con forza con le armi e poi ha ripensato con la ragione a quel percorso importante mai ripudiato ma sempre messo in discussione.
io volevo fare un po' questo, mettere in discussione cose che per alcuni sono certe e per altri, incerte, non voglio qui discutere di pietà, sentimento soggettivo, intimo che appartiene alla sfera più segreta delle persone quindi indiscutibile, sia il provarlo che il non provarlo.
Vorrei invece dire che ciò che ho mandato era attinente alla domanda che ci si stà ponendo : se l'attacco ai carabinieri in Iraq è atto terroristico oppure atto di resistenza all'occupante.
Penso che in ogni attacco alle forze di occupazione in iraq ci siano entrambe le valenze, nel senso che colpire i militari può essere letto come atto di resistenza ma coinvolgere i civili sia atto che semina terrore. Penso anche che all'interno della resistenza irachena ci siano più posizioni da quelle più "limpide" a quelle più "torbide"( permettetemi la semplificazione), ma il problema non credo sia oggi questo. Penso infatti che la domanda più adeguta sarebbe:" è giusto resistere all'occupazione con queste modalità, oggi non ieri?" la mia risposta è NO!
ma provo a spiegarmi, azzardando un esempio, Durante la guerra di Bosnia, tre nostri amici sono stati uccisi da una unità militare dell'esercito bosniaco, il comandante è stato giudicato e messo in galera per 15 anni. ancora oggi le vere ragioni di quell'ignobile massacro non sono state chiarite. Per un momento però permettetemi di proporvi questa visuale di quella tragedia, il popolo bosniaco era attaccato da due fronti, da due esercitie milizie con forza schiacciante, serbi e croati si volevano dividere la Bosnia, L'esercito bosniaco doveva resistere e per farlo usava tutti i mezzi che riteneva possibili ed idonei compreso l'omicidio attraverso il quale si poteva sortire reazioni più amplificate,( anchio sò che probabilmente non è andata così però..), dunque quel gruppo di assasssini in divisa regolare diventano resistenti? si, se il fine giustifica i mezzi!
Ecco che allora dobbiamo discutere di fini e di mezzi, e dobbiamo discutere se siamo disposti ad accettare che chi ha ucciso i nostri amici usava mezzi sbagliati per fini presumibilmente giusti. Molti di noi sono stati segnati profondamente da quelle tre tragiche morti, io personalmente guardando negli occhi l'assassino di miei tre amici durante il processo non ho provato odio ma grande rabbia per avere perso tre persone, ho provato però pietà per i figli di quel ufficiale omicida, che per 15 anni non vedranno più il loro padre.
La conseguenza di quell'atto terribile, è aver privato tre persone ai propri cari ed un padre ai propri figli forse anche per giustificare i fini ed i mezzi, ma questo è insopportabilmente ingiusto.
Quello che voglio dire è che non possiamo ripetere od ammettere le tragedie del passato, ogni testo di testimonianze sulla resistenza, ci parla di atti compiuti nella tribolazione nel compierli, ed i testimoni ci chiedono che tutto ciò non debba più succedere, ognuno, da Revelli a Chiodi, a Fenoglio, ci ha lasciato scritto che dobbiamo impegnarci affinchè nessuno debba essere obbligato a commettere atti contro la propria intima umanità, ed è questo che noi, a mio avviso dobbiamo discutere.Dobbiamo pensare ad altre strade per non incorrere nelle tragedie di chi ci ha preceduto.
Un abbraccio Walter
-----Messaggio originale----- Da: Massimo Alberti massimoalberti@hotmail.com A: bsf@bresciasocialforum.org bsf@bresciasocialforum.org Data: giovedì 13 novembre 2003 15.05 Oggetto: Re: [Bsf] RESISTENZA-IRAQ
Ciao Walter, come sempre sei puntuale e appropriato nelle tue citazioni. Personalmete, ti dirò, nonostante ci abba provato, giuro, non riesco a provare alcun sentimento di pietà e cordoglio per quei carabinieri, che, tra l'altro, ho avuto la sfortuna di conoscere molto da vicino anche a genova, dove arrivarono con mezzi da guerra. Non ce la faccio.
Si continua anche da ambienti del movimento, con un po' di retorica credo, a incolpare il governo per aver mandato a morire dei poveri ragazzi, lo faceva anche Gino Strada stamane sul manifesto.
Eh no, stavolta non vale. La responsabilità politica, certo, ma come ricordava anche Alessandro Mantovani nell'intervista ieri in radio, questi non sono sbarbatelli di leva, ma truppe scelte, volontari professionisti con alle spalle molte missioni militari tra le più barbare, professionisti della guerra e della morte, li potremmo definire (penso solo ad uno di loro, tale Ficucello, impiegato di banca e riservista dell'esercito con "l'Hobby" ogni tanto di togliere giacca e cravatta ed indossare la divisa e girare il mondo per le missioni militari (scusate ma preferisco il calcio), e che non appena ha saputo della missione in iraq si è fatto subito avanti - i bene informati alla notizia della sua morte sono sobbalzati: diciamo per sintetizzare che lui è figlio di uno dei più noti generali dell'esercito, un figlio di papà distintosi per essere tra i più spietati pezzi di merda, per capirci).
E non ho alcuna costernazione, pensando ai refusnik israeliani che davvero mettono in gioco se stessi e pagano duramente per la loro scelta di non collaborare ad una occupazione ingiusta.
Mi spiace, forse non è politicamente giusto, ma non ce la faccio ad impietosirmi per loro. Perciò faccio mie le parole scritte a caldo da Wu Ming che qui riporto.
Massimo
BODY BAGS 0. E che s'aspettavano? D'essere accolti a refosco e polenta? Ce n'est qu'un debut. 1. I "nostri" soldati"? I "nostri" carabinieri? I *loro* carabinieri ce li ricordiamo molto bene in via Tolemaide, a Genova. Dei *loro* soldati ricordiamo le torture in Somalia, la morte di Emanuele Scieri e lo "zibaldone" del generale Enrico Celentano. 2. I *loro* soldati sono in Iraq per difendere gli yacht e le Ferrari dei petrolieri, il cancro ai polmoni, il caldo da schiattare e, non ultimo, il crocifisso sul muro della scuola. Nobili cause per le quali paghiamo le tasse. 3. i *loro* soldati continueranno a morire anche quando torneranno a casa. Quelli utilizzati in Kosovo stanno morendo come mosche. Zirconio e altri metalli pesanti nel loro sangue. I proiettili a uranio impoverito che la commissione Mandelli aveva giudicato innocui, e che in Iraq erano pioggia quotidiana. Non c'e' da attendersi che questi morituri si ribellino, sono programmati per obbedire. Comunque salutant. Bye bye.
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