---------- Da: Marcello Storgato marcellosx@tin.it A: Walter Soresini walter.federica@tiscalinet.it; p. Beretta Giorgio berettagiorgio@tin.it Oggetto: EXA e Osservatorio: Messaggio inviato tramite AvvenireOnLine Data: domenica 2 febbraio 2003 10.24
Carissimi, caso mai vi fosse sfuggito, vi segnalo la serie di articoli apparsi su AVVENIRE di sabato 1 feb. 2003, pagina "Agorà". Oltre all'articolo principale qui sotto trascritto, c'è anche una finestra "Nella terra dei Beretta" e "La replica di Bettoni: un prodotto come altri", che potete consultare sul web qui indicato. -------------------------------- Marcello Storgato sx E-mail: marcellosx@tin.it
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SOCIETÀ E COSTUME
Fiera delle armi, a Brescia movimenti contro
Numerose realtà, anche cattoliche, criticano la mostra-mercato di aprile: «Non è una vetrina dell'attività venatoria, ma espone fucili e revolver. Chiediamo in nome dell'etica che vi siano solo quelli sportivi e da caccia»
Da Brescia Lorenzo Rosoli
Il medium è il messaggio, insegna il buon vecchio McLuhan. Ma quando i media sono le armi? Che messaggio è? Produrre e vendere armi è lo stesso che mettere sul mercato formaggi e frigoriferi? O invece qualche differenza c'è? E quale ordine di responsabilità mette in gioco sul piano etico, culturale, politico? Non sono domande per anime candide. E non ci sono risposte scontate, a meno d'accontentarsi di slogan. Lo sa bene Brescia, capitale italiana delle armi, che vive il dilemma schiacciata fra l'incudine degli interessi economici (e dei posti di lavoro) e il martello di chi, in nome magari del Vangelo, sogna un mondo senz'armi. O con qualche arma di meno. Possibilmente nelle mani giuste. Diatribe locali fra industriali e pacifisti? Mica tanto, in questi tempi di guerra annunciata, auspicata, scongiurata. Di guerra che gonfia di presagi e d'incubo i cieli di Baghdad. Di violenza - manifesta, latente - che solca l'Italia fin dentro la carne delle coscienze e delle famiglie, talvolta le più insospettabili. Ecco la querelle che fa di Brescia un caso paradigmatico. Dal 12 al 15 aprile la città lombarda ospiterà Exa 2003, la 22ª edizione della mostra internazionale delle armi sportive e degli accessori, fra le più importanti del mondo con le "sorelle" Iwa di Norimberga e Shot Show di Orlando, Florida. Solo fucili da caccia? Solo richiami, reti, riviste venatorie, abbigliamento sportivo? No. All'Exa (34mila visitatori nel 2002, incluse famigliole con tanto di bambini) è esposto «un campionario che certamente nulla ha a che fare con lo sport», denuncia il "nodo bresciano" della Rete Lilliput. «Fucili Sniper - quelli usati dai cecchini che mirano obiettivi umani -, manganelli, lacrimogeni, bersagli in forma di sagome umane, abbigliamento per corpi speciali ed anche revolver utilizzabili da privati cittadini per la difesa personale». Fino alle riproduzioni di armi da guerra. Dunque: l'Exa non è più una "vetrina" per l'attività venatoria ma una manifestazione che promuove «l'idea di un mondo armato, di una società in cui il ricorso alle armi è diventato una faccenda banale, cosa di tutti i giorni e alla portata di tutti; e non è più quindi una scelta grave di implicazioni, anche quando avvenga entro una cornice di legalità». La proposta firmata Lilliput: modificare il regolamento di Exa perché in fiera entrino solo armi da caccia, sportive e accessori. Stop. La denuncia e la proposta, in questi mesi, hanno trovato numerose adesioni: Acli, Agesci, Brescia Social Forum, Banca Etica, Camera del Lavoro, Pax Christi, Saveriani, Svi (Servizio volontario internazionale), Consulta per la pace del Comune di Brescia, Rifondazione Comunista (per ora unico partito politico) e altri ancora. Fino alla Commissione «Giustizia e Pace» della diocesi di Brescia. Mesi di dibattito. E di confronto serrato fra queste realtà e la Camera di Commercio di Brescia, il "grembo" di Exa. Risultati? Nessuna modifica al regolamento «perché, ci è stato risposto, le armi sono da considerarsi alla stregua di un qualsiasi altro prodotto, Exa è legale e di questi temi è bene che ne parlino gli esperti», hanno lamentato nei giorni scorsi i contestatori di Exa. Un dibattito non privo di toni duri. Come l'accusa a certo mondo cattolico - formulata dal presidente della Camera di Commercio, Francesco Bettoni (si veda l'intervista sotto) - di farsi strumentalizzare da realtà - come il Brescia Social Forum - che senza l'Exa non avrebbero visibilità. «Non ci sentiamo affatto strumentalizzati - replica don Ruggero Zani, vicedirettore dell'Ufficio di pastorale sociale e presidente della Commissione diocesana "Giustizia e Pace" -. Quando abbiamo aderito, eravamo ben consapevoli di quali fossero gli altri "compagni di cammino". E lo siamo ancora. Ma resta il punto: le armi per la difesa personale e per l'ordine pubblico esposte all'Exa sono veramente "prodotti" come tutti gli altri? Nessuno contesta la "legalità" di Exa, ma la sua eticità: è una "vetrina" popolare aperta a tutti - accompagnati, ci vanno anche i bambini - e come tale ha una forte valenza culturale ed educativa. Siamo sicuri che possedere una pistola e un cellulare sia la stessa cosa? Alle comunità cristiane, alla vigilia di Exa 2002, rivolgemmo un appello "affinché non venga favorita una cultura che vede nell'armamento personale da difesa la soluzione ai problemi di criminalità che affliggono la nostra società". Lo rinnoviamo oggi. O si preferisce invece il modello di difesa fai-da-te, che sicuramente fa bene agli affari? La recente Nota dottrinale di Ratzinger sui cattolici e la politica mette la pace fra i valori non negoziabili. Solo parole al vento?».