Missionari incatenati per i sans-papiers Caserta, i due si sono messi in catene in pieno centro. Protestano contro l'arresto indiscriminato di immigrati, prelevati dalle proprie abitazioni e trascinati in questura. di Raffaele Sardo
CASERTA - Un tavolino improvvisato come altare, e un piccola folla di persone ad assistere alla messa di due sacerdoti incatenati davanti ad una finestra del palazzo di governo, in Piazza Vanvitelli, in pieno centro a Caserta, dove hanno sede sia la Prefettura che la Questura. Così stamani alle 7 e 30 due missionari comboniani, padre Giorgio Poletti, 62 anni (originario di Ferrara), già missionario in Mozambico e il suo confratello Francesco Nascimbene, 50 anni (originario di Varese) già missionario in Ecuador, hanno cominciato la loro seconda giornata di protesta contro l'operazione "Alto Impatto". Un'operazione di polizia indiscriminata contro gli immigrati del litorale Domiziano. L'azione di protesta dei due sacerdoti era cominciata nella mattinata di ieri. Con loro altri due missionari comboniani, padre Claudio Gasbarro e fratel Nicola Bortoli. Si erano presentati soli davanti alla Questura portando una grande catena e due lucchetti. In un baleno hanno fatto passare la catena tra le sbarre di una finestra, legandosela poi sul proprio corpo e chiudendola con i lucchetti. Poco dopo sono accorse le forze di polizia di guardia alla Questura, ma era troppo tardi. I due si sono presentati e hanno spiegato la loro azione di protesta. Tra i primi ad accorrere sul posto il vescovo di Caserta, monsignor Raffaele Nogaro, che ha subito detto: "L'azione dei due missionari a difesa della vita umana "ha qualcosa di evangelico". Ed ha aggiunto: "In questo momento vorrei mettermi al fianco del padre comboniano Giorgio Poletti e del suo confratello Francesco Nascimbene. I due religiosi mi avevavo informato della loro idea e avevano concordato con me quanto avrebbero fatto. Mi dicevano che non c'era altra soluzione per richiamare l'attenzione sulla situazione in cui versa questa gente, la più povera tra i poveri. Le forze dell'ordine - ha spiegato Nogaro - hanno fatto irruzione in alcuni palazzi ed hanno compiuto rastrellamenti indiscriminati". I due padri comboniani puntano il dito contro il sindaco di Castel Voturno, Antonio Scalzone, a capo di una giunta di centro destra, che sarebbe - a loro modo di vedere - colui che sta spingendo molto per l'attuazione di misure repressive nei confronti degli immigrati soprattutto di colore. Poco più di una settimana fa in Consiglio comunale un esponente di Alleanza nazionale dichiarò addirittura che i "gli immigrati vanno bruciati vivi". Questo è il clima che si respira a Castel Volturno. Un agglomerato indistinto di case senza né capo né coda, frutto della speculazione edilizia degli anni '60 e '70. "Sì, perché - spiega polemicamente padre Giorgio - nei confronti degli Ucraini e dei polacchi non c'è lo stesso accanimento che si riscontra nei confronti degli immigrati africani. Forse perché le ucraine piacciono molto agli italiani e le polacche vengono accettate soprattutto come badanti". I due religiosi precisano di essersi mossi per tempo e di essere riusciti a far liberare alcuni degli innocenti fermati, tra i quali vi sarebbero immigrati regolari in Italia in attesa dello status di rifugiati politici. "Noi non vogliamo fare la rivoluzione - afferma ancora padre Giorgio che anche il padre superiore della piccola comunità di comboniani di Castelvolturno - Ho già vissuto queste esperienze. Ho conosciuto dittature e rivoluzioni, in Spagna, in Portogallo, in Mozambico. Noi vogliamo solo denunciare una situazione insostenibile, vogliamo che la gente, i casertani, soprattutto le autorità, prendano coscienza del problema e cambino atteggiamento. Noi chiediamo la fine della repressione verso gli immigrati nel territorio di Castelvolturno, lungo il litorale Domitio. Chiediamo che finiscano immediatamente i rastrellamenti degli immigrati, giustificati dalla lotta alla droga e alla prostituzione. Questi metodi polizieschi finiscono per colpire solo i più deboli, le persone innocenti''. "Quel che sta accadendo qui è davvero terribile - dice padre Nascimbene - Non possiamo più tacere. Si è scatenata una vera e propria caccia agli immigrati, specie verso gli africani, i più riconoscibili ed anche i più esposti. Questa è gente che vuole solo rifarsi una vita, che cerca un lavoro onesto. E' gente che viene sistematicamente sfruttata e malpagata. In sette anni ho visto cose davvero indicibili''. ''I problemi ci sono - continua padre Giorgio - . Ma a nostro giudizio vanno affrontati diversamente, non certo con la forza. Le autorità parlano di bonifica del territorio. Per noi, invece, si tratta di vera e propria repressione. A patirne sono anche molti rifugiati, che vengono trascinati in Questura senza alcun motivo''. Per tutta la giornata di ieri i due missionari hanno ricevuto grosse testimonianze di solidarietà da parte della gente, soprattutto da esponenti del mondo delle associazioni, molti dei quali, insieme ad alcuni parroci casertani e alle suore orsoline, hanno trascorso la notte con loro. Nella nottata è giunto anche il Questore di Caserta (era circa l'una di notte), ed è rimasto a parlare con le persone presenti fin verso le tre del mattino cercando di far desistere i comboniani dalla loro protesta, ma non c'è stato nulla da fare. Per i due sacerdoti la richiesta è una sola: "Far cessare l'operazione "Alto impatto" perché è inutile". Nei giorni scorsi anche il presidente del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Carlo Alemi, aveva avuto parole dure contro l'operazione "Alto impatto". "E' solo un'operazione di facciata che non risolve i problemi veri di questa provincia".
(5 MAGGIO 2003, ORE 13:05) [www.il nuovo.it]