Per un'Europa sociale, per estendere i diritti a tutti e tutte. Per uno sciopero europeo generalizzato Rilanciamo una nuova fase, costruiamo il movimento.
Abbiamo partecipato un anno fa a uno dei momenti più intensi e importanti della nostra storia recente. A Genova, tra il buio della repressione e la lucentezza di un nuovo protagonismo politico dal basso abbiamo manifestato ed espresso il desiderio e le potenzialità di un altro mondo possibile. Ad animarci è stata la consapevolezza che il neoliberismo non offre alcuna prospettiva al nostro futuro, che questo sistema sociale produce morte e distruzione in ogni angolo del pianeta e che le sue promesse di benessere costituiscono una menzogna ormai non più occultabile. E ci ha motivato anche la presa d'atto che le sinistre moderate, quelle che della terza via più o meno militante, si sono rivelate incapaci a delineare un'alternativa in grado di contrastare la riduzione di ogni bene a merce, l'intensificazione dello sfruttamento del lavoro, l'introduzione di nuove schiavitù, la precarizzazione dei rapporti sociali, la sostituzione della politica con la guerra permanente, la mercificazione delle stesse vite umane. Ma ci ha motivato, più di tutto, il desiderio di prendere il futuro nelle nostre mani, costruendo una nuova politica fondata sul protagonismo, la partecipazione, la costruzione di alternative radicali al capitalismo, fondate su una nuova concezione del bene pubblico, su una democrazia più avanzata e sostanziale, sull'autoemancipazione dei soggetti sociali. Per questo siamo stati a Genova e abbiamo continuato, dopo le tragiche e meravigliose giornate di luglio, a costruire e svilupparne lo spirito. Abbiamo costruito, nelle nostre città, quelli che ci sembravano i luoghi per coltivare la ricchezza che a Genova si era manifestata, i social forum come luogo pubblico di partecipazione, di sperimentazione di democrazia diretta e di costruzione del conflitto sociale. E' stato grazie a questa esperienza, in effetti, che il movimento ha evitato di disperdersi, di frantumarsi o di dividersi. Sono stati i forum sociali a permettere l'indizione, l'organizzazione e poi la piena riuscita di uno dei momenti fondativi del nostro movimento, quel 10 novembre a Roma in cui alla piazza della guerra capitanata da Silvio Berlusconi, si è contrapposto un popolo della pace schierato contro la guerra "senza se e senza ma". E' grazie anche ai social forum che i migranti e le migranti hanno potuto trovare uno strumento, magari sconnesso e claudicante, ma efficace per dare voce ai senza voce e permettere, dopo tanto tempo e, forse, per la prima volta, l'autorganizzazione diretta del "nuovo proletariato" riversatasi poi a Roma il 19 gennaio nella più grande manifestazione migrante mai vista in Italia. Sono stati ancora i Social Forum a garantire la partecipazione, il 23 marzo,a una imponente manifestazione di lavoratori e lavoratrici in cui il movimento ha portato la propria, giovane ma significativa storia, le proprie parole d'ordine centrate sulla critica alla concertazione, sulla necessità della conquista di nuovi diritti, uguali per tutti e tutte, sull'estensione di quelli esistenti e non soltanto sulla loro difesa.
Nel breve percorso di pochi mesi il movimento è cresciuto, ha condizionato la società e la cultura, il senso comune; si è radicato, ha coltivato nuovi saperi; ha saputo realizzare una autonoma produzione culturale riscontrabile in libri, video, film, autoracconto e autoformazione. Ha costruito un altro punto di vista, facendo opinione e influenzando altri movimenti, più radicati e tradizionali, come quello degli studenti, facendo sentire le proprie evocazioni e i propri obiettivi anche nelle manifestazioni contro la "morattizzazione" della scuola pubblica. Un movimento profondo, capillare e radicato, capace di sfuggire alla doppia morsa prodotta da guerra e repressione, disponibile ad accollarsi il vuoto di idee e di proposta politica dell'opposizione istituzionale, infine capace di dispiegarsi in una dimensione internazionale, come la dinamica della globalizzazione capitalistica impone.
Eppure, oggi, questo nostro movimento appare stanco, induce molti a parlare di una sua crisi, addirittura di una sua sparizione. Senza voler negare le difficoltà dei social forum va però evitata una lettura frettolosa, a volte strumentale, che non permette di cogliere la ricchezza molteplice e la stessa dinamica del movimento. Che comunque mostra di aver chiuso una sua prima fase in cui ha espresso i tratti distintivi della propria identità. Il "movimento dei movimenti", così in tanti lo abbiamo chiamato, è stato senza dubbio un grande sommovimento ideale, sociale e politico capace di evocare una prospettiva nuova e diversa per il pianeta. Questa sua caratteristica si è potuta nutrire del vuoto politico lasciato dalle macerie del novecento e dalla crisi delle sinistre politiche e sociali tradizionali, schiacciate tra la gestione dell'esistente e il tentativo, difficile e problematico, di rifondare un'alternativa di società. Questa attitudine evocativa, questo slancio etico-ideale si è espresso nelle forme che conosciamo, anche attraverso la creazione dei social forum, luoghi di politica nuova, spesso orientati in tutte le direzioni e su tutti gli argomenti. Ma l'irruzione di altri movimenti e di altre soggettività critiche ha messo alla prova questa attitudine politico-ideale, chiedendole un di più in termini di progettualità politica e di risposte immediate. Grazie al movimento contro la globalizzazione neoliberista, grazie all'apertura di un nuovo spazio politico che esso rappresenta, dalla primavera in poi altri movimenti si sono espressi. E il "movimento" è stato in grado di cogliere la novità aderendo senza esitazioni, ad esempio, allo sciopero del sindacalismo di base del 15 febbraio, all'imponente manifestazione sindacale del 23 marzo in difesa dell'articolo 18, e poi allo sciopero generale del 16 aprile, arricchito dalla proposta della generalizzazione dello sciopero. Quel passaggio ha mostrato con chiarezza due cose. La prima è che la globalizzazione capitalistica mostra il suo volto in forme diverse a seconda dei paesi in cui si sviluppa: nel nostro paese il volto è stato quello dell'articolo 18 e del "libro bianco", dell'offensiva padronale del governo Berlusconi; in Argentina quello della crisi finanziaria; in Venezuela quello del colpo di Stato. E ogni realtà impone di trovare una strategia di lotta, obiettivi adeguati, forme appropriate. Questa realtà viene spesso misconosciuta o non immediatamente individuata, specialmente quando invece di cogliere le contraddizioni reali si preferisce ipotizzare una lettura astratta della realtà, dove ad esempio all'azione concreta dei governi si preferisce un incondizionato impero. La seconda conseguenza è che il movimento operaio dispone ancora di strutture, di sedi e di motivazioni forti e che queste passano per organizzazioni tradizionali affatto delegittimate dalle disastrose politiche concertative e solo appena scalfite, per lo meno sul piano dell'iniziativa politica, dai processi di frantumazione sociale indotti dal liberismo.
Con la mobilitazione contro la modifica dell'articolo 18, la Cgil ha non solo dimostrato la propria vitalità politica e la propria funzionalità a un progetto di recupero delle socialdemocrazie verso le istanze di movimento, ma si è anche proposta come strumento di traduzione immediata di quello stesso slancio politico-ideale manifestatosi a Genova. Il 23 marzo il popolo di Genova si è di nuovo ritrovato in piazza, ma non "accanto" a quello mobilitato dalla Cgil, bensì "mescolato" a quello. Le giornate di luglio non hanno alluso a un mondo separato - quindi da organizzare in forme proprie, con tempi e ritmi specifici, in un circuito distinto dal resto dei soggetti sociali concreti - ma solo una sorta di "primo tempo" di una partita più ampia. Il fatto che dalla primavera in poi sia scesa in campo anche la sinistra riformista, e la sua gente, e che questa sia la situazione concreta in cui ci troviamo oggi, non vuole dire nè che il movimento deve delegare a quella la rappresentanza delle proprie ragioni, nè che per ribadire queste ultime, debba accentuare la propria separatezza. In realtà quella che si è evidenziata è una forte dinamica di conflittualità sociale in cui giocano un ruolo cruciale soggetti sociali veri - i lavoratori stabili e precari, gli studenti, i migranti - e in cui si tratterà di far valere idee, ipotesi, progetti. Il movimento deve saper far vivere il suo notevole patrimonio ideale in questo nuovo contesto, sapendo costruire sedi unitarie di lotta, anche oltre i social forum o comunque valorizzandoli in questa direzione e costruendo una battaglia di "egemonia sociale", affermando sul campo le proprie idee. La traduzione politica di cui abbiamo bisogno, quindi, è un nuovo slancio di costruzione del movimento, non la sua traduzione in ipotesi - dal partito alla lista elettorale - illusorie quanto dannose. È ancora tempo di semina, non di raccolta. Tempo di costruzione, non di chiusure organizzative.
La nuova questione sociale - in cui oltre all'articolo 18 assume particolare rilevanza anche la barbara legge Bossi-Fini - richiede non solo una grande idealità politica e una forte aspirazione al futuro, ma anche una gamma di obiettivi praticabili, un percorso per la loro affermazione. La mobilitazione per l'estensione dell'art.18 a tutti e tutte, con la lotta e con il referendum, ne è un esempio. Di fronte ad un assalto generale ai diritti esistenti, che annuncia la precarietà del lavoro, del reddito e della vita come condizione sociale tipica di questa modernità capitalistica, non basta difendere l'esistente, che già esclude i nuovi settori sociali. Va costruito un ponte con il futuro, un terreno di ricomposizione che individui nell'obiettivo dei diritti uguali per tutti e tutte il suo centro. Le prime iniziative realizzate in questo senso, da Roma a Milano a Napoli, ci confermano le potenzialità e la necessità di intensificare gli sforzi. Il movimento per continuare a vivere e a crescere, ha bisogno di vittorie. Anche minime, parziali, episodiche, simboliche. Ma ha bisogno di dimostrare, anche a se stesso, che la "lotta paga", che un altro mondo è in costruzione per davvero. E' un bisogno inaggirabile se non si vuole cedere alla spirale repressiva imposta dal liberismo d'assalto o alla prospettiva deludente e mortificante del liberismo temperato. Il movimento ha bisogno di vittorie, di praticare unità d'azione, di non smarrire in nessun modo il proprio progetto di alternativa. E' questa la nuova fase che dobbiamo saper costruire tutti e tutte insieme e alla quale i firmatari di questo documento si sentono impegnati e impegnate.
L'occasione di Genova, ma ancora più quella del Forum sociale europeo ci sembra debba essere colta in tutta la sua potenzialità. Il terreno dell'Europa ci sembra infatti quello più favorevole per tradurre efficacemente la prospettiva generale cui il movimento ha alluso e allude in una ipotesi più abbordabile. Il progetto di unificazione europea, la Convenzione, il terreno della Carta dei diritti, la possibile convergenza delle lotte sociali su un piano sovranazionale, difficile ma realizzabile, consentono di sperimentare ipotesi di alternative allo stesso tempo utopiche e credibili. E' su questo terreno che si fa concretamente strada la costruzione di uno sciopero europeo e la sua generalizzazione, con varie forme ed iniziative specifiche, a livello sociale e territoriale. E' con questo approccio che il movimento dovrebbe avvicinarsi alla scadenza di novembre a Firenze. Costruire un evento che non tuteli solo l'elemento simbolico, ma che invece sia capace di connettere idee, soggetti sociali, percorsi di lotta cioè di avviare un processo. I presupposti ci sono tutti. Dalla prima mobilitazione europea di Amsterdam del 1997, passando per Colonia, Nizza, Praga, Bruxelles/Laeken, fino a Barcellona e Siviglia, abbiamo assistito ad una crescita dei movimenti per un'altra Europa possibile. Obiettivo, il rilancio di un ciclo di mobilitazioni su scala europea attorno a obiettivi definiti e condivisi. Per conto nostro ne indichiamo tre. Il primo è l'opposizione netta allo smantellamento della "eccezione europea", costituita da quelle garanzie e pratiche sociali frutto di oltre un secolo di lotte dei lavoratori e delle lavoratrici. E' un progetto che qualifica il ciclo politico delle destre europee - e della loro tendenziale convergenza con l'estrema destra - e che vede la sinistra tradizionale osservare muta, se non complice, un processo a cui non sa fornire risposte adeguate. Contro le vecchie e le nuove privatizzazioni, occorre una vera e propria campagna europea di difesa e rilancio del sistema pubblico che valorizzi il concetto di "pubblico partecipato", dove cioè alla difesa dei servizi sociali e dei beni pubblici si associ un nuovo discorso democratico centrato sulla partecipazione diretta. E' la strada indicata da Porto Alegre, uno dei simboli del movimento, e che non può essere banalizzata nel meccanismo delle "consultazioni popolari" ma che deve innervare nuove forme di lotta e, quando se ne danno le occasioni istituzionali, sperimentare ipotesi radicalmente alternative al modello della democrazia rappresentativa. Il secondo obiettivo punta alla realizzazione di una campagna preventiva contro la guerra globale permanente. C'è la necessità di combinare la contestazione e la lotta contro l'ormai unico gendarme del mondo - il governo degli Stati Uniti - le sue strategie di guerra "etica ed infinita", e le iniziative per la drastica riduzione del commercio delle armi, la riconversione dell'industria bellica ed il controllo democratico su questi temi. La crisi della prima ondata delle politiche economiche neoliberiste, e il progressivo restringimento del consenso sociale, sta generando un pericoloso fenomeno caratterizzato allo stesso tempo dall'introduzione di misure che limitano il conflitto sociale, dall'attacco e dalla mortificazione delle lotte di liberazione, e dalla concentrazione del potere politico, economico, militare in ristretti centri decisionali a livello mondiale. Infine, il movimento può rappresentare il soggetto motore per la conquista, l'estensione e la diffusione di diritti vecchi e nuovi. L'Unione europea è talmente poco democratica che una nazione con le sue caratteristiche non vi sarebbe ammessa. Allo stesso tempo la scrittura della Carta dei diritti - la Carta di Nizza - rappresenta un sostanziale arretramento rispetto a diritti essenziali come quello al lavoro. E' giunto quindi il momento di fondare, dal basso e con un processo partecipato, una vera e propria carta della "cittadinanza universale" che comprenda diritti sociali globali per tutti e tutte: lavoratori stabili e precari, uomini e donne, giovani e anziani, migranti e nativi. L'estensione completa dei diritti ai migranti e alle migranti e il riconoscimento del diritto all'emigrazione rappresentano un passaggio inaggirabile per realizzare una gamma di diritti esigibili. E in questo contesto il diritto all'esistenza, il diritto al reddito sociale, rappresenta una ricucitura sociale evidente. In questa prospettiva, dentro la costruzione di un movimento plurale e dalle forme molteplici, pensiamo che la realizzazione di una Rete contro la precarietà globale, sul piano europeo, rappresenti un passaggio politico utile a costruire il movimento, a valorizzarne la rappresentatività di soggetti sociali veri, a costruire i ponti e le cerniere sociali necessarie a ricomporre un fronte di lotta più ampio. Un punto d'incontro dove sia possibile la convergenza delle migliori esperienze che hanno caratterizzato le iniziative del "vecchio" movimento operaio e sociale e le nuove esigenze, propensioni, speranze che attraversano quella pluralità di soggetti che si oppongono alle politiche neoliberiste.
Tempi, luoghi e istanze per una combinazione originale delle appartenenze molteplici. Siamo tutti e tutte invitati/e a frequentare questo "paesaggio di contraddizioni" con la consapevolezza che nuovi mondi siano realmente possibili.
Luglio 2002
Prime adesioni:
Alessio Aringoli Coord. Collettivi Universitari di Roma Marco Bersani Attac Italia Donatella Biancardi Un Ponte per Aldo Binosi Comitato Cittadino Salute e Ambiente - Mola di Bari Antonella Bonzio Brescia Social Forum Salvatore Cannavò vice direttore Liberazione Luca Cattolico Arci Roma-Lazio Fausto Concer Comitato Cittadino Contro la Guerra - Bologna Danilo Corradi Coord. Naz. Giovani Comunisti Christian Dal Grande Csoa Zona Bandita Venezia Nadia De Mond Marcia Mondiale delle Donne Robert De Graaf Circolo Macadam - Perugia Renato Di Nicola Abruzzo Social Forum Alfonso Di Stefano Sin. Cobas Catania Paola Doricchi Social Forum Roma 3 Gianni Fabbris Altragricoltura Tommaso Fattori Firenze Social Forum Barbara Ferusso Torino Social Forum Melo Franchina Arte in Movimento - Roma Social Forum Stefano Gallieni Migrants Social Forum Roma Nella Ginatempo Social Forum -GdL Bastaguerra Sara Giorlando Attac Catania Doriana Goracci Social forum Roma nord Claudio Graziani Social Forum Roma Nord Paolo Iafrate Comitato di Lotta LSU Frosinone Claudio Jampaglia Attac Simone Leoncini Coord.Lavoratori Coop.Sociali Genova Severo Lutrario Attac Piero Maestri Guerre & Pace Gigi Malabarba Partito della Rifondazione Comunista Paola Manduca, Social forum di Genova- Altragricoltura Silvia Marastoni Milano Social Forum Manlio Massi Progetto Gaia Eva Milan Zabrinsky Point Felice Mometti Brescia Social Forum Luciano Muhlbauer Sin.Cobas Loredana Nasca Csioa Villaggio Globale Luigia Pasi Sin.Cobas Patrizia Pellini Laboratorio di Quartiere - Primavalle Michela Puritani Collettivo Femminista La mela di Eva Roma Fabio Raimondi Tavolo Migranti - Vicenza Social Forum Roberto Rosso Social Forum - GdL Comunicazione Sergio Ruggeri Punto Rosso - Jesi Franco Russo Forum Ambientalista Paolo Sabatini Sin.Cobas Nando Simeone Roma Social Forum Vincenzo Siniscalchi S.u.l.t.a. Aurelio Speranza C.N.L. Andrea Spotti Groane Social Forum Cristhian Spotti Coord. Giovani Comunisti Milano Luca Tornatore Attac italia Cristina Tuteri Social Forum Roma 3 Vergante Social Forum Emiliano Viti Genzano Social Forum
Per info e adesioni : felmarg@tin.it