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From: <pilo3(a)libero.it>
Sent: Thursday, February 19, 2004 7:13 PM
Subject: Appello 20 marzo
20 MARZO IN PIAZZA
PER LA PACE IN IRAQ E NEL MONDO
IL PROSSIMO 20 MARZO, ad un anno dall'inizio della guerra in Iraq,
risponderemo all'appello del movimento per la pace degli Stati Uniti,
rilanciato dal Forum Sociale Europeo di Parigi e dal Forum Sociale Mondiale
di Mumbai, che chiedono di tornare a riempire le strade di tutto il mondo
per fermare la guerra e l'occupazione. Torneremo in piazza, a Roma, dopo
aver attraversato l'Italia, con Carovane di pace dal sud e dal nord mentre
altre carovane si recheranno in Medio Oriente chiedendo pace e giustizia.
UN ANNO FA una coalizione di Stati guidata dagli Usa decise di utilizzare
tutta la sua potenza per muovere guerra all'Iraq. Lo ha fatto contro il
Consiglio di Sicurezza dell'Onu, sfidando il diritto internazionale e contro
la volontà della grande maggioranza dei popoli del pianeta.
Lo ha fatto, sapendo di mentire, dichiarando che l'Iraq possedeva armi
terribili e che era pronta ad usarle dichiarando legami tra l'Iraq e il
terribile attentato alle Torri gemelle. Lo ha fatto dichiarando che
avrebbe portato pace e democrazia per il popolo iracheno e in tutto il Medio
Oriente. Lo ha fatto teorizzando, con la "guerra preventiva", il diritto di
imporre la propria volontà a difesa dei propri interessi, in qualunque luogo
della terra.
Questa guerra è già costata decine di migliaia di vittime civili e militari
irachene, più di 500 vittime - tra cui 19 soldati italiani caduti a
Nassiriya - tra le truppe di occupazione, ha comportato distruzioni immani e
devastazioni ambientali, ha bruciato miliardi di dollari. Le armi non si
sono trovate. Gli attentati contro civili inermi si sono susseguiti in molte
parti del mondo. Pace e democrazia non sono arrivate né in Iraq né in Medio
Oriente.
AD UN ANNO DI DISTANZA in Iraq la guerra continua a mietere vittime. La
situazione umanitaria in Iraq continua ad essere terribile mentre crescono
pericoli di scontro interno e minacce di balcanizzazione. Alla dittatura di
Saddam Hussein si è sostituita una occupazione militare che trova crescenti
resistenze, in diverse forme, da parte della popolazione. Invece di
organizzare libere elezioni si nominano governi dall'alto, si privatizzano
le ricchezze irachene e si abolisce il codice di famiglia facendo arretrare
lo status delle donne. La ricostruzione non è nemmeno iniziata e già è una
torta da spartire con i paesi "amici".
A un anno di distanza in Medio Oriente la pace è più lontana che mai. In
Palestina l'occupazione prosegue brutalmente, mietendo migliaia di vittime e
rischia di diventare irreversibile con la costruzione del Muro. In Israele
si susseguono attentati contro civili inermi, cresce l'insicurezza e la
crisi economica. Il governo Sharon applica la dottrina della guerra
permanente, negando qualsiasi prospettiva negoziale e imponendo il terreno
dello scontro militare.
Il Muro è una vergogna che calpesta il diritto internazionale, segrega un
popolo intero, espropria altra terra, nega la possibilità di convivenza
pacifica fondata sul principio di "due popoli due stati" e sulle Risoluzioni
dell'Onu che sono alla base di diverse iniziative di pace delle società
civili palestinese e israeliana.
Ad un anno di distanza il mondo è un luogo meno sicuro e più ingiusto. La
dottrina della guerra "preventiva" ci minaccia tutti. Minaccia di guerra
altri paesi e legittima le guerre e le occupazioni militari, dall'Iraq alla
Palestina, all'Afganistan e alla Cecenia. Spinge al riarmo e alla
militarizzazione e minaccia la democrazia in tutto il pianeta, dai paesi
ricchi a quelli poveri. Rafforza, nel nord e nel sud del mondo, le culture
che predicano lo "scontro di civiltà", le guerre di religione, i tanti
integralismi impegnati a distruggere i valori e le pratiche di convivenza.
Rafforza il razzismo, la discriminazione contro i migranti e tutte le
diversità e spinge verso l'omologazione sociale e culturale.
Intanto, numerose "guerre dimenticate" continuano a provocare vittime,
sofferenze e miseria in Africa, in Asia e in Sudamerica senza che nessuno
intervenga per mettervi fine. La povertà e le ingiustizie aumentano nel nord
come nel sud del mondo (come dicono anche i rapporti dell'Organizzazione
Internazionale del Lavoro e di altre agenzie delle Nazioni Unite che
dimostrano l'aumento della disoccupazione e la diminuzione dei redditi da
lavoro in tutto il mondo ed anche in Italia), figlie di un sistema
neoliberista, che la guerra preventiva perpetua, che affama i più per
arricchire i pochi - affratellando nella miseria e nello sfruttamento la
maggioranza degli essere umani del pianeta.
ANCHE IL GOVERNO ITALIANO è corresponsabile di tanto disastro. Un Governo
che, al di fuori del dettato costituzionale, nonostante la grande
contrarietà della popolazione italiana, ha deciso di appoggiare la guerra in
Iraq e ha inviato truppe sotto il comando britannico nei luoghi in cui
giacciono i campi petroliferi destinati all'Eni, assumendosi la
responsabilità di esporle a rischi altissimi. Un Governo che, perpetuando lo
strappo all'art. 11 della Costituzione ha deciso di partecipare
all'"Autorità Provvisoria" delle forze di occupazione condividendo così la
responsabilità delle sue scelte politiche. Un Governo che ha esautorato il
Parlamento dei suoi poteri a cominciare dalla concessione dell'uso dello
spazio aereo, delle basi e delle infrastrutture per la guerra. Un Governo
che ha lavorato per impedire una possibile unità europea che frenasse
l'unilateralismo degli Stati Uniti e fermasse la guerra. Un Governo che ci
ha ingannato: ha detto che i soldati servivano a proteggere gli aiuti
umanitari, ma gli aiuti non si sono visti mentre il Pentagono si appresta ad
assegnare a ditte italiane importanti contratti per la ricostruzione.
ABBIAMO FATTO IL POSSIBILE per evitare tutto questo. Dicemmo allora, in
milioni in tutto il mondo, che quella potenza e quella ricchezza poteva e
doveva essere utilizzata per combattere la fame e la sete che uccide
milioni di essere umani, per alleviare i popoli di un debito che non possono
pagare, per sostenere lo sviluppo dei paesi del sud del mondo. Dicemmo
allora che si doveva porre fine alle tante guerre dimenticate, invece che
cominciarne un'altra. Dicemmo che la produzione di armi doveva essere
riconvertita in produzioni di pace invece che essere rilanciata, che sono le
spese militari a dover essere tagliate piuttosto che le spese sociali.
Dicemmo allora e ribadiamo oggi che queste sono azioni necessarie, perché il
peso dell'ingiustizia è intollerabile. Sono azioni non rinviabili, per non
scivolare in un abisso di barbarie, di disperazione, di conflitti, di
insicurezza generalizzata. Noi ripudiamo tutte le forme di terrorismo sia da
parte degli Stati che di organizzazioni e individui, così come ci opponiamo
all'uso della "lotta al terrorismo" per giustificare le guerre,
criminalizzare i movimenti popolari e restringere le libertà civili. Non
abbiamo cambiato parere e con noi non ha cambiato parere la maggioranza del
popolo italiano, nonostante un sistema dell'informazione sempre più succube
dei rulli di tamburo.
NOI SOSTENIAMO il diritto dei nostri fratelli e sorelle irachene a resistere
alla occupazione reclamando il diritto alla pace, ai diritti sociali, alla
democrazia, a governarsi da soli per decidere del proprio futuro,
controllare le proprie risorse, ad ottenere risarcimento per quello che
hanno patito sotto l'embargo e la guerra, a vedere la propria terra libera
da eserciti stranieri. L'Iraq deve tornare agli iracheni, la legalità
internazionale deve essere ripristinata e perché questo avvenga è necessario
innanzitutto che cessi l'occupazione militare. Tutte le truppe occupanti
devono essere ritirate. Chiediamo quindi che l'Italia rinunci a partecipare
all'occupazione militare dell'Iraq e ritiri le proprie truppe. E' un atto
necessario per ricucire lo strappo costituzionale operato un anno fa e per
aprire la strada a una nuova strategia. Chiediamo che gli ingenti fondi così
risparmiati vengano destinati per
veri aiuti umanitari immediati e che il Governo italiano promuova una
iniziativa politica internazionale per la restituzione della sovranità agli
iracheni e la ricostruzione del paese guidata da un governo legittimo.
Chiediamo che l'Unione Europea svolta un analogo ruolo di pace e includa il
ripudio della guerra nel proprio trattato costituzionale. Chiediamo che le
Nazioni Unite, rispondendo finalmente alla loro carta costitutiva,
promuovano il ritorno alla legalità in Iraq e l'affermazione del diritto
all'autogoverno del popolo iracheno garantendo il rispetto dei diritti umani
di tutti e di tutte. Un intervento di garanzia dell'Onu deve in ogni caso
essere concordato con le forze politiche irachene, e non vedere la
partecipazione delle forze occupanti. Con la stessa urgenza chiediamo che
una decisa iniziativa internazionale crei le condizioni per una pace giusta
in Medio Oriente, imponendo la rimozione del muro, la protezione dei civili
e un negoziato fondato sulle Risoluzioni dell'Onu per la fine
dell'occupazione e la convivenza pacifica, ascoltando anche la voce
coraggiosa dei giovani israeliani che rifiutano, pagando di persona, di
partecipare alla guerra e all'occupazione. In questo lungo anno di guerra,
abbiamo continuato a sostenere con mezzi pacifici le ragioni della pace -
progetto alternativo di civiltà - nelle scuole, nelle città, nei luoghi di
lavoro, davanti alle basi militari, dai nostri balconi con le bandiere della
pace, nella solidarietà internazionale, nella lotta per il disarmo, nel
dibattito sul trattato costituzionale europeo, nella solidarietà con le
popolazioni migranti, con la disobbedienza civile, nell'impegno quotidiano
per i diritti umani, sociali e di cittadinanza.
FACCIAMO APPELLO perché le energie di milioni di cittadini e cittadine
contribuiscano alla realizzazione il 20 marzo prossimo della giornata
internazionale di lotta per la fine dell'occupazione dell'Iraq e per la pace
in Medio Oriente e allo sviluppo di un impegno costante per la costruzione
della pace. L'impegno dei pacifisti statunitensi per riportare le truppe a
casa, che reclamano "giustizia e non vendetta", che denunciano la
restrizione dei diritti civili nella loro patria, che si battono per
un'altra America è anche il nostro.
FUORI LE TRUPPE DI OCCUPAZIONE DALL'IRAQ
L'IRAQ AGLI IRACHENI
PACE IN MEDIO ORIENTE
BASTA ARMI - BASTA GUERRE
Prime adesioni pervenute:
Altragricoltura; Arci; Ass. Aprile; Ass. Obiettori Nonviolenti; Attac -
Italia; Beati i costruttori di pace; Campagna Sdebitarsi; Carta; Comitato
Salaam ragazzi dell'olivo-MI; Confederazione Cobas; CUB; Federazione dei
Verdi; Fiom; Firenze Social Forum; Forum Ambientalista; Forum Contro la
Guerra; Fondazione Culturale Responsabilità Etica; Fondazione Cinema nel
Presente; Forum Mondiale Alternative; Giovani Comunisti; Gruppo Abele; ICS;
Legambiente; Liberazione; Libera; Manitese; Marcia Mondiale delle Donne;
Movimento delle e dei Disobbedienti; Movimento Palestinese per la Cultura e
la Democrazia; Partito della Rifondazione Comunista; Punto Rosso; Rete
Lilliput; Rete Ebrei contro l'Occupazione; Rivista Alternative; Rivista
Erre; Rivista Guerra&Pace; Sin Cobas; Sinistra Ds per il Socialismo;
Sinistra giovanile nazionale; Tavolo Bastaguerra; Tavolo Cultura Sociale ed
Arte; Terre des Hommes; Trasform! Italia; Unione degli Studenti; Unione
degli Universitari; Un ponte per
Per adesioni: adesioni(a)fermiamolaguerra.it