Ecco gli articoli del manifesto di oggi sulle fiaccolate
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Milano
Fiaccole in piazza per dire no all'Italia in guerra
Milano, corteo sottozero In 25mila per Strada
LUCA FAZIO
MILANO
Dove si va? E' doveroso puntare verso piazza Fontana a poche ore dal 12
dicembre, però la piazza è piccola per accogliere questa fiaccolata di
pace. Ci si aspetta un robusto presidio in piazza San Babila e invece
parte subito un corteo diverso dai soliti che raccoglie 25 mila persone.
A riscaldarle - ieri sera a Milano faceva meno 1 - ci ha pensato Gino
Strada, il medico di Emergency che ha saldato un Patto per la Pace che
non poteva esordire in modo migliore. «Grazie di essere qui così in
tanti e di avere sfidato il freddo e un'informazione che dire che fa
censura è dire poco. In questa città c'è un quotidiano che non esita a
sbattere in prima pagina le parole di qualche isterica e poi ignora la
dichiarazione dei diritti dell'uomo». E il corteo silenzioso si scatena.
«A 54 anni da quella dichiarazione - prosegue - abbiamo ancora uomini
che nel paese dei super miliardari non hanno più il lavoro». Il chirurgo
deve essere davvero stufo di sentire dire a destra e a sinistra
"pacifismo alla Gino Strada". E allora, «ogni volta che si parla di pace
si viene insultati...è fondamentale che l'Italia non entri in guerra e
che sia capace di smarcarsi da quella politica criminale». Quanti agli
americani e all'antiamericanismo, «essere contro la politica degli Usa è
un dovere morale e politico di tutti gli esseri umani: in Iraq con
l'embargo hanno già fatto 1 milione e 600 mila morti, quanti morti
vogliono ancora questi criminali?». Strada nella pace ci crede ancora:
«In un paese dove veniamo consultati sulla caccia, vogliamo essere
consultati anche sulla caccia all'uomo, in Italia c'è il movimento per
la pace più forte del mondo, la pace è una cosa troppo seria per
lasciarla in mano ai nostri governanti». Ovazione.
Cosa è la guerra lo si capisce bene osservando la bella mappa luminosa
del mondo che sfila con il Baggio Social Forum (periferia milanese):
ogni lampadina è un conflitto in corso, migliaia di morti e miliardi di
dollari di fatturato per l'industria degli armamenti. Siccome ci sono le
fiaccole, e i cattolici sono numerosi, potrebbe sembrare il solito
corteo travestito da processione, e invece per una volta non ci si
riconosce nelle stesse facce note di quelli che non si perdono una
manifestazione. Perché tra i boyscout con le gambe surgelate e i curdi
che scandiscono "libertà per Ocalan", marciano tantissime donne senza
alcuna sigla di riferimento, famiglie intere, molti ragazzini, in gruppo
o con mamma e papà, signore di una certà età, singoli che portano a
passeggio il cane, o cartelli autoprodotti: «Il contrario di militare è
civile, il contrario di civile è incivile». E se può aiutare qualcuno a
capire che cosa è - potrebbe essere - oggi la sinistra unita almeno
sulla pace, ecco anche l'elenco di chi ieri sera ha portato a spasso la
sua bandiera. In testa Emergency, poi Le Girandole, Arci, Acli, Aprile
per la sinistra, "Con la Kabilia in lotta per la democrazia in Algeria",
Donne in nero, Attac, "La guerra chiama io mi avvalgo della facoltà di
non rispondere", Legambiente, Libera, Ciclobby, Lab (Libera associazione
di base), Jovanotti, Sinistra Giovanile, Social Forum alto pavese,
Università Bocconi, "Non in mio nome", Donne contro la guerra, Gino
Paoli, Progetto Gaia (animalisti), Ds, Prc, Pdci, Verdi, Umanisti, Cgil,
Cisl.
E oggi per Emergency incontro al vertice. "Ascolterò il papa - dice
Strada - ha sempre detto parole di pace".
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Roma
Fiaccole in piazza per dire no all'Italia in guerra
Roma, in più di cinquemila sotto il Colosseo illuminato
ANGELO MASTRANDREA
ROMA
Nel giorno del cinquantaquattresimo anniversario della Dichiarazione
universale dei diritti dell'uomo, Colosseo illuminato a festa come
quando in una qualsiasi parte del mondo viene sospesa un'esecuzione
capitale, e attorno migliaia di fiaccole per la pace. Senza bandiere di
partito e solo con qualche sparuta rivendicazione d'appartenenza, le
oltre cinquemila persone che hanno sfidato la pioggerellina
intermittente di una fredda sera romana hanno raccolto l'appello
lanciato da Emergency, Rete Lilliput, Tavola della pace e Libera a
scendere in piazza portando semplicemente una fiaccola (spesso avvolta
in ottima carta il manifesto) e uno «straccio di pace» bianco. Un
segnale minimo ed essenziale per dire con chiarezza, e senza troppi
artifici retorici, che se non è possibile fermare i venti di guerra che
spirano sempre più insistenti sull'Iraq, che almeno l'Italia se ne tiri
fuori. Chi ha voluto esagerare, come quelli di un ponte per Bagdad, ha
portato dei cartelli con dei volti di donne e bambini iracheni e la
scritta «non nel mio nome». D'altronde, chi più di loro, impegnati
attivamente e da anni in progetti di solidarietà in Iraq, può
permettersi di dare voce ai prossimi probabili destinatari di una guerra
che in pochi vogliono nelle società civili dell'occidente e che tuttavia
potrebbe esplodere da un momento all'altro? Progetti di solidarietà come
il dispensario Sindbad, che fornisce un servizio sanitario di base per
il trattamento delle malattie gastrointestinali infantili e che
dall'apertura, nel `96, ha permesso di curare 50 mila bambini e di
distribuire farmaci ad altrettanti pazienti negli ospedali; o come la
riabilitazione e l'allargamento di un Primary health center per
educazione ed assistenza sanitarie, in particolare materno-infantile, e
campagne di vaccinazione; o ancora l'invio di oltre 100 mila quaderni e
il rifacimento dei servizi igienici in 26 scuole. Terre des Hommes pone
invece l'accento su un'altra questione scottante: l'utilizzo dei
bambini-soldato nei conflitti. «La guerra rappresenta la massima forma
di violazione dei diritti umani. Nel sud del mondo, sempre di più, a
farne le spese sono i bambini, vittime innocenti o trasformati in
bambini-soldato cui è stato negato il diritto ad una infanzia normale»,
dice Raffaele Salinari. Mentre Tom Benetollo dell'Arci lega la giornata
di ieri allo sciopero generale europeo contro la guerra deciso al Forum
sociale europeo di Firenze e previsto per il prossimo 15 febbraio.
Tra la folla si aggirano gli strani intervistatori della no war
television, tv fatta in casa per mostrare ciò che le tv ufficiali Rai e
Mediaset di casa nostra oscurano. Da una parte, il kurdo Alil
improvvisato intervistatore che pone domande del tipo «non è meglio lo
sport della guerra?», dall'altra un Babbo Natale che punta in faccia
agli intervistati un fucile dal quale spunta un microfono avvolto in uno
straccio bianco. E ancora immigrati, attivisti di Greenpeace e Donne in
nero, una bandiera palestinese il Social forum del IX municipio, il
diessino Cesare Salvi e Michele Santoro, il comunista italiano Marco
Rizzo e il verde Paolo Cento, studenti e meno giovani, attivisti e gente
poco adusa alla piazza, laici e cattolici confusi senza etichettature. E
oggi Gino Strada, fondatore di Emergency e chirurgo di guerra, sarà
ricevuto dal papa, al termine dell'udienza di piazza san Pietro.
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Napoli
«Don Vitaliano, sul palco»
Napoli, Bassolino dà la parola al prete no global «senza lavoro»
FRANCESCA PILLA
NAPOLI
Una cascata di luci ha acceso Napoli. Sono le centinaia di fiaccole di
Emergency, della rete Lilliput, di Libera, della Tavola della pace, che
invitano l'Italia a uscire dalla guerra. E' il movimento pacifista che
si è ritrovato - come in altre 260 città italiane - insieme, vicino,
puntuale all'appuntamento in piazza Dante. Sono i tanti, tantissimi
volti infreddoliti che si sono incontrati rompendo, in una sera di
dicembre, lo schema della "guerra inesorabile". Sono quelli che con i
loro nastri e palloncini bianchi hanno detto "no" all'attacco all'Iraq.
Una scommessa vinta perché come ha ricordato Giuseppe Oliviero di
Emergency salutando la manifestazione: «Anche se dalla maggior parte dei
giornali e delle televisioni non è stata spesa una parola per questo
incontro, noi ci siamo lo stesso». E, infatti, forti solo del
passaparola tra amici, di volantinaggi improvvisati, della tenacia dei
volontari, ieri i pacifisti hanno fatto sentire la loro presenza. Le
scuole napoletane: la Manzoni, il Genovesi, la Vittorio Emanuele con
Alessio, Simona, Cristina che mentre scherzano con la cera puntualizzano
che di ragazzi uccisi dalle bombe non ne vogliono più vedere. Le decine
di associazioni, le donne in nero, i girotondi per la democrazia, i boy
scout, la rete del commercio equo e solidale. Ci sono le tante comunità
parrocchiali campane insieme, fianco a fianco, con quelli dell'Unione
atei agnostici razionalisti. Ma ci sono soprattutto e numerosi i
cittadini comuni - come Debora, un insegnate d'inglese o Roberto un
impiegato - in piazza per affermare che questa guerra per il petrolio
non la vogliono. Tutti in strada per urlare che la «pace è un sogno, e
noi vogliamo iniziare a sognare», proprio come hanno scritto sui loro
cartelli i bambini di una scuola elementare di Portici. A salutarli dal
palco il sindaco Rosa Russo Iervolino che ha chiesto di alzare le
fiaccole «perché Napoli, una città in passato troppo martoriata dalle
guerre, non vuole che altre popolazioni soffrano gli stessi dolori». A
sostenerli Antonio Bassolino che ha fatto gli onori di casa ricordando
come la guerra preventiva rischi di portare a uno scontro tra civiltà e
a una guerra infinita. «C'è bisogno, invece - ha affermato il presidente
della regione Campania - di dialogo e di pace e c'è bisogno che sia
l'Onu ad avviare un negoziato per il disarmo, sia in Iraq sia in tutto
il Medio Oriente, anche alla luce del conflitto tra israeliani e
palestinesi». E se la pace e il dialogo sono l'unica strada bisogna
iniziare da casa nostra. Bassolino, infatti, ha salutato Francesco
Caruso, il portavoce dei no global campani scarcerato da una settimana,
con un "Ben tornato tra noi". Quindi si è rivolto a don Vitaliano della
Sala, esprimendo piena solidarietà al parroco appena rimosso dal suo
incarico dalla curia, e l'ha invitato a salire sul palco insieme a padre
Alex Zanotelli. «Noi siamo contro la guerra punto e basta - ha detto Don
Vitaliano - Non esistono guerre umanitarie, preventive o giuste. Siamo
qui per riuscire a trasformare gli strumenti di morte in strumenti di
vita». E padre Zanotelli ha rincarato la dose chiedendo alla gente di
dare un segno del proprio dissenso contro un sistema che non permette
all'80% della popolazione mondiale di vivere dignitosamente, mentre
lascia che il restante 20% consumi l'83% delle risorse globali.
Zanotelli ha sentito il bisogno di ricordare con un minuto di silenzio,
Antonino Caponnetto «un uomo che tanto si è speso per la giustizia
sociale». Insomma una manifestazione importante, una conferma che
obbliga politici, intellettuali, guerrafondai di casa nostra a fare i
conti con l'opposizione a un conflitto voluto solo dagli Usa, che mentre
esamina le carte preparate dagli ispettori Onu già si prepara a colpire
l'Iraq.
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Bologna
La pace sfila sotto i portici
Grande fiaccolata a Bologna, migliaia di voci contro la guerra
SARA MENAFRA
BOLOGNA
«Cos'è che volete? Questo pacco di pasta? E invece non ve lo diamo
dateci voi il petrolio». Sono bastate poche parole e tanti cartelloni ai
ragazzi del tavolo della pace che ieri hanno anticipato la fiaccolata in
piazza Maggiore con una serie di spettacoli di teatro di strada
itineranti: sporte di iuta ben riempite per rappresentare la spesa
militare annuale italiana (25 miliardi di dollari), scatoloni del
supermercato e taniche da benzina per mettere in piazza gli inganni del
programma «Oil for food» e volantini con l'articolo 11 della
costituzione italiana da distribuire accartocciati perché di quel testo
che stabilisce che «l'Italia ripudia la guerra non si ricorda più
nessuno». L'iniziativa era stata organizzata già un anno fa per parlare
di banche armate e protestare contro un'altra guerra. E dato che
quest'anno il nemico è cambiato ma la situazione sembra più o meno la
stessa, il tavolo della pace di Bologna ha pensato bene di dedicare il
pomeriggio della giornata contro la guerra di ieri a proporre alla città
nuovi sketch da inscenare nelle piazze del centro storico come alle
fermate dell'autobus o ai semafori. La città dei portici, dal canto suo,
ha colto il messaggio senza farsi troppo pregare e ieri sera si è
riversata nella sua piazza principale affrontando allegramente la morsa
del freddo che la tiene stretta da qualche giorno. «Le migliaia di
persone che sono venute alla fiaccolata di questa sera sono la
dimostrazione più evidente che questa città come tutto il resto d'
Italia è contrario alla guerra senza se e senza ma», commenta Valerio
Monteventi, portavoce del Bologna social forum, e pensando alla
rivendicazione arrivata ieri alla questura di Genova aggiunge: «Trovo
squallido che qualcuno abbia pensato di firmare quella rivendicazione
con la data della morte di Carlo Giuliani. Le persone che sono in piazza
questa sera e che erano a Firenze e a Genova sono contro tutte le bombe
sia quelle intelligenti degli americani che quelle di chi crede che
questi attacchi al movimento servano a farci tacere».
Difficile fra una fiaccola e l'altra distinguere le appartenenze dei
partecipanti alla manifestazione. La lunga lista di associazioni,
sindacati, collettivi e organizzazioni che si erano dati appuntamento in
piazza ha scelto unanimemente di lasciare a casa tutte le bandiere,
fatta eccezione per quella della pace e per gli striscioni delle scuole
in mobilitazione. «Nella guerra contro questa realtà l'unica arma che ha
l'uomo è quella della pace», recitava lo striscione dell'Istituto
tecnico commerciale Salvemini di Casalecchio di reno che da lunedì
scorso è occupato, come lo sono altre tre scuole della città (almeno
cinque quelle autogestite). Questa volta, con la finanziaria di
Berlusconi di mezzo anche alcuni docenti universitari si sono fatti
coinvolgere nella mobilitazione, come è accaduto a Chimica industriale
dove il consiglio di facoltà riunito ieri ha approvato un documento
contro la guerra e ha stabilito che per tutta la giornata sulla
palazzina dell'università sventolasse la bandiera della pace. La fine
della manifestazione serale per una volta è arrivata prima del previsto.
Deadline rigida alle 19.30 con un minuto di silenzio e le fiaccole tutte
unite al centro della piazza in modo da permettere a ognuno di arrivare
in tempo all'happening serale presso il palazzetto dello sport di San
Lazzaro di Savena e ascoltare le due guest star d'eccezione: Stefano
Benni e Sergio Cofferati.